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venerdì 20 aprile 2018

Francesco Salvatore d'Asburgo-Lorena, genero di Sissi


Ricordiamo oggi la morte di Francesco Salvatore, marito della figlia di Sissi, morto a Vienna il 20 aprile del 1939.



Nato ad Altmünster il 21 agosto 1866, era il secondo figlio maschio dell'arciduca Carlo Salvatore d'Asburgo-Toscana, uno degli ultimi figli del granduca Leopoldo II, ultimo sovrano degli Asburgo-Lorena regnante nel Granducato di Toscana e spodestato dai moti del 1859. Sua madre era la principessa Maria Immacolata di Borbone-Due Sicilie, figlia di Ferdinando II delle Due Sicilie, della sua seconda moglie, Maria Teresa.
Francesco Salvatore ebbe un'educazione di tipo militare, studiando all'Accademia Militare di Wiener Neustadt e uscendone alfiere di un reggimento di ulani; promosso, a causa delle sue origini reali, tenente e poi capitano, ebbe notevoli incarichi d'amministrazione al Ministero della Guerra di Vienna, dedicandosi per molto tempo interamente alle pratiche militari.

Fu nel 1886 che, probabilmente in occasione di un ballo, Francesco Salvatore conobbe la diciottenne Maria Valeria, figlia minore dell’imperatore e dell’imperatrice d’Austria. Certo ella s’innamorò subitamente di quel giovane alto, magro, così affascinante con i baffetti a manubrio à la mode, nel quale riconosceva il carattere semplice e fedele al dovere simile a quello del buon padre.
Nell'estate di quell'anno, Sissi si prodigò per far incontrare più spesso i due giovani in modo da farli conoscere a fondo (Offensee  - dove la famiglia imperiale aveva un casino di caccia ancora oggi esistente; Traunkirchen e il suo romantico lago, Schafberg… fecero da sfondo a quell'idillio nascente), perché da buona madre temeva che il futuro marito della figlia s’innamorasse non della persona, ma della figlia dell’imperatore d’Austria. 

domenica 18 marzo 2018

Ricostruzione di un abito da ballo dell'imperatrice Sissi

Dalla pagina Facebook del castello di Gödöllő ci giunge questa bella foto della ricostruzione di un abito dell'Imperatrice Sissi, indossato da una donna che diversi anni fa fu scelta come sosia della sovrana ad un concorso di bellezza:


Ricostruzione dell'abito da ballo dell'imperatrice Elisabetta del 1878, raffigurato nel bel dipinto di Georg Raab dello stesso periodo e che immortala per sempre la mitica bellezza della sovrana, che indossa pure una parure di rubini rimaneggiati per lei nel 1854, provenienti dal lascito della regina Maria Antonietta di Francia e inserita fra i gioielli personali della casa imperiale.

Originariamente questi rubini erano un regalo di Maria Teresa d'Austria per le nozze della figlia Maria Antonietta, che sposò Luigi XVI di Francia nel 1770. Si racconta che la regina di Francia, prima della famosa "fuga di Varennes", avesse spedito alla sorella Cristina a Bruxelles una cassetta contenente diamanti e altri suoi gioielli, compresi i rubini di Sissi. Tra il 1787 ed il 1801 (le fonti variano con la data) i gioielli furono ricondotti in Austria e quando la figlia di Maria Antonietta -
Maria Teresa Carlotta di Borbone-Francia, detta "Madame Royale" - unica superstite della famiglia reale francese, ritornò in Austria riscattata dal cugino imperatore in cambio di alcuni prigionieri politici, questi le restituì la cassetta contenente alcuni gioielli compresa la parure di rubini e diamanti che "Madame Royale" cedette alla corte di Vienna in cambio di una pensione: questi entrarono a far parte della collezione di gioielli della Casa Imperiale e i rubini furono rimontati in occasione del matrimonio di Sissi e Franz nel 1854 nella versione del dipinto di Raab che potete vedere qui sopra. I gioielli non erano però personali della sovrana, ma erano "gioielli della corte", quindi indossati da tutte le imperatrici. 
Il 1 novembre 1918, l'ultimo imperatore d'Austria (Carlo I), con la caduta della monarchia portò con sé, nella sua residenza, questi rubini e altri gioielli della corona che furono affidati al confidente dell'imperatrice, Leopold Berchtold. Il 4 novembre tutto fu condotto in Svizzera e affidato al banchiere e gioielliere Alphonse de Sondheimer. Nelle sue memorie, dove pare ci siano descrizioni precise dei gioielli, scrisse d'aver ottenuto questi preziosi dalla Corte e che a nome della famiglia imperiale furono sciolti e le singole pietre smontate e rivendute per far fronte agli anni difficili dell'esilio. 
Ancora oggi gli Asburgo contestano fermamente questa tesi e raccontano che, durante il trasporto, i gioielli furono invece rubati dal confidente dell'imperatrice.


Un altro ritratto dell'imperatrice, dove si può vedere nuovamente la parure del dipinto di Raab:




Ricostruzione Swarovski della parure di Sissi, conservata al Sisi-Museum di Vienna






Qualche anno fa, montati su un bel busto dell'imperatrice:



martedì 2 maggio 2017

Profanata la tomba di Romy Schneider

E' di questi giorni la notizia della profanazione dell'attrice Romy Schneider, la Sissi più famosa fra la gente: "Hanno tentato di svegliare dal suo sonno la principessa Sissi" scrivono i giornali francesi.
La tomba, che si trova nel cimitero di Boissy-sans-Avoir, nel dipartimento delle Yvelines, nella regione parigina, è stata aperta, probabilmente nel week-end. La pietra tombale è stata rimossa ma non ci sarebbero segni di danneggiamenti, riportano fonti vicine all'inchiesta.


Romy Schneider, nata nel 1938 a Vienna, divenne celebre ancora adolescente quando nel 1955 interpretò "La principessa Sissi"; il successo fu tale che furono realizzati due sequel nel 1956 e 1958 con la conseguenza che il personaggio dell'imperatrice d'Austria è rimasto ancora oggi identificato con l'attrice, che per il resto della sua carriera dovette fare i conti con quel personaggio tanto "ingombrante" e fiabesco. Non è un caso se Romy vestirà di nuovo il medesimo personaggio nel 1972 nel "Ludwig" di Luchino Visconti, poiché il regista la immortalò nei panni di un'imperatrice più autentica. 


Ciò non bastò però a toglierle di dosso quel personaggio, considerando che ancora oggi tutti confondono Sissi con la donna dolce e romantica dei film degli anni '50 che passano continuamente alla tv. L'attrice tedesca, naturalizzata francese, morì a 43 anni nel maggio del 1982, 10 mesi dopo la morte del figlio David di 14 anni... Una tragedia che l'accomunava con la vera Elisabetta d'Austria.
Le cause del decesso dell'indimenticabile protagonista della principessa Sissi, se suicidio o overdose involontaria legata all'abuso di alcol e medicinali, non sono state mai chiarite, perché la Procura non effettuò l'autopsia.


martedì 14 ottobre 2014

Primi giorni alla corte imperiale

Riprendo con il raccontare le vicende di Elisabetta facendo riferimento ai primi mesi trascorsi alla corte di Vienna. Come tutti ben saprete non fu facile per Sissi inserirsi in una corte fatta da obblighi e doveri. L'imperatrice non poteva avere un momento solo per lei, per poter sfuggire agli occhi indiscreti della gente e della stessa corte composta da una gran quantità di personale. Immaginate ora una ragazza 'selvatica', abituata a fare tutto di testa propria senza render conto a nessuno, catapultata
in un emisfero non suo, dove tutto ciò che la circondava non le apparteneva affatto, privata della libertà e del proprio libero arbitrio. La corte era tutta una regola, con molte tradizioni da rispettare! Il giorno successivo al matrimonio, ad esempio, Elisabetta fu obbligata a scendere a colazione con la famiglia imperiale al gran completo... Una situazione del genere, dopo aver passato la prima notte di nozze insieme al marito, avrebbe imbarazzo chiunque, figurarsi la povera Elisabetta! Occhi curiosi, sguardi indagatori... tutti sulla nuova imperatrice! Dov'era quel romanticismo che Sissi tanto cercava in suo marito? Francesco Giuseppe, ahimè, era abituato a rispettare le regole della corte e probabilmente mancò di molta sensibilità e di tatto nei confronti della sposa, obbligandola effettivamente a scendere a tavola. Elisabetta confiderà in seguito alla sua dama di compagnia: "L'imperatore era talmente abituato ad obbedire alla madre, che cedette anche su questo punto. Per me invece è stata un'esperienza orribile. Per farlo contento sono andata anche io."
Guai a non rispettare le tradizioni alle quali suocera Sofia teneva moltissimo. Di fatto FG era succube della volontà della madre: lo era stato da bambino, da adolescente e da adulto non mancò mai di chiederle consiglio. Atteggiamento questo assai discutibile e non ci si stupisca dunque se Elisabetta perdette ben presto la pazienza! 
In questo la trilogia con Schneider non sbaglia, anche se il tutto viene certamente romanzato ed ovviamente esagerato. 
Ma analizziamo quale dettaglio interessante:



Prima notte di nozze


A corte nulla era segreto! A corte tutti sapevano tutto! Figuriamoci quindi quanto interesse possa aver destato il matrimonio dell'imperatore. La dinastia doveva proseguire ed una sposa bella e giovane come Elisabetta avrebbe certo portato lustro e splendore in una corte polverosa come quella degli Asburgo. La notte di nozze era il momento clou di un'unione e tutti fremevano nell'attesa che l'atto fosse compiuto. La madre dell'imperatore accompagnò il figlio nelle stanze della moglie, dove questa era stata a lungo a parlare con la madre dopo la toletta. 
In questo caso, oltre alle madri dei giovani erano presenti anche dame di corte e dignitari che, ovviamente, rimanevano fuori delle stanze private ma che però c'erano! Immaginatevi l'imbarazzo di una ragazzina sedicenne, inesperta e non preparata all'atto sessuale, il vedersi questa scena penosa dopo una lunga e faticosa giornata... Immaginatevi un imperatore focoso, già pratico della faccenda, istruito da contesse igieniche che avevano il compito di insegnare ad amare al giovane Franzl. Situazione non del tutto facile, certamente, tant'è che l'atto fu compiuto solo la terza notte di nozze. Tutti ne erano informati e in questo caso camerieri e valletti erano punti di riferimento sicuri e affidabili. Tutta la corte sapeva questa cosa! 
L'indomani ci fu la colazione sopraccennata. 

Il Morgengabe

Letteralmente "dono del mattino", era il regalo che il marito faceva alla propria moglie il giorno immediatamente dopo la prima notte di nozze. Tradizione proveniente dai longobardi, era in uso in molte corti europee. Anche nella corte di Vienna era in uso e Sissi lo ricevette tradizionalmente il giorno dopo del matrimonio ed era una sorta di dote che il marito costituiva a favore della moglie. Per l'entità dei beni che comprendeva, aveva la funzione di assicurare, non soltanto il mantenimento della moglie durante il periodo della - eventuale - vedovanza, ma anche lo stesso mantenimento dei figli.

Cerimonie, cerimonie e ancora cerimonie... 

Dopo il matrimonio ci furono moltissime altre cerimonie con un Gran Ballo di corte, una festa al Prater dove Sissi potè assistere divertita ad una esibizione del Circo Renz. La stessa arciduchessa Sofia, dopo quattro giorni di cerimonie, era molto esausta e anche Elisabetta non fu da meno. L'imperatore se ne accorse, sicchè per il quinto giorno cancellò tutti gli eventi in programma ed uscì in carrozza da solo con sua moglie. Mai un secondo però furono mai da soli e ciò ferì molto la giovane imperatrice. Unico conforto di quei giorni furono i fratelli che rimasero a Vienna ancora per qualche tempo. 

Luna di miele

Dopo un tot di festeggiamenti il cerimoniale "obbligava" la giovane coppia di sposi ad andare in luna di miele nella vicina proprietà di Laxenburg... Degna conclusione di tante fatiche! 
Da non confondere con l'adiacente parco con il laghetto e il castelletto medievale, la coppia imperiale soggiornò presso il castelletto barocco di Blauer Hof.


Qui Elisabetta visse dei giorni di pieno sconforto. Lasciata sola dai fratelli che erano ritornati in Baviera, l'imperatrice visse in questo castello quasi da sola. Il marito partiva prestissimo per tornare a Vienna a sbrigare i suoi doveri di sovrano, e la moglie rimaneva lì ad aspettarlo. Unica sua compagnia era l'arciduchessa Sofia che andava e veniva quotidianamente da Vienna a Laxenburg, e l'intero entourage composto da uomini e donne a lei sconosciuti. Che luna di miele romantica!!
Per non parlare della sua residenza che all'epoca era piena di spifferi, correnti d'aria gelida e male illuminata. Sissi odiò questa residenza e l'unico suo sfogo erano le lunghe cavalcate nel parco o le poesie scritte nel suo diario poetico. Un esempio è una poesia scritta in quei giorni che prende il nome di "Sehnsucht" cioè "nostalgia". In queste ricorre il tema della farfalla imprigionata, dell'uccellino in gabbia che corre verso nuove lande sconosciute dove trova solo l'infelicità e la privazione della libertà. Come darle torto? Per quanto fosse innamorata queste situazioni avrebbero logorato chiunque!


giovedì 24 aprile 2014

Il matrimonio di Sissi e Franz

24 aprile 1854 ... esattamente 160 anni fa... 

Vienna, mattina presto. Tutta la popolazione di Vienna era in gran fermento per il matrimonio dell'imperatore d'Austria. In tutte le chiese furono celebrate solenni funzioni e alla messa al duomo di Santo Stefano partecipò l'elite di tutti i ceti. Gente da ogni dove accorse in massa (si stima che nei giorni precedenti erano giunti a Vienna circa settantacinquemila stranieri) per vedere quella coppia di rara bellezza che riempiva i giornali e che venne presa come ispirazione per la composizione di numerosi opuscoli dal carattere poetico. 

Mentre la città era già nel caos più completo, alla Hofburg la famiglia imperiale si era riunita nella cappella di corte per partecipare alla funzione mattutina. Alle tre del pomeriggio la folla nelle vicinanze del palazzo imperiale e della Chiesa degli Agostiniani (Augustinerkirche), in cui fu effettuata la cerimonia, era così grande che dovettero essere erette delle barriere per mantenere libero il passaggio delle carrozze. La chiesa degli Agostiniani fondata nel 1327, era già stata la scena di molti matrimoni degli Asburgo, tra cui quello dell'arciduchessa (e futura imperatrice) Maria Teresa con il duca Francesco di Lorena nel 1736 e quello dell'arciduchessa Maria Luisa con l'imperatore Napoleone I di Francia nel 1810 


La famosa vecchia chiesa degli Agostiniani era stata splendidamente decorata per l'occasione: sopra l'altare maggiore era stato montato un baldacchino di velluto bianco ricamato in oro, in base al quale erano stati collocati due inginocchiatoi, anch'essi di velluto bianco. Alle pareti e alle colonne della chiesa invece erano stati appesi drappi in damasco rosso e costosi arazzi mentre il pavimento era stato ricoperto di tappeti. Un centinaio di candelabri sormontati da innumerevoli candele (circa 15.000) irradiavano una luce morbida ma brillante in tutta la chiesa. La galleria che conduceva dagli appartamenti interni della Hofburg alla chiesa, era stata analogamente decorata e illuminata.
Il matrimonio doveva aver luogo alle 19:00 di sera ma già dalle 18 ogni spazio disponibile in chiesa era piena di invitati: signore con abiti sfavillanti, le uniformi dei nobili polacchi ed ungheresi, i gioielli scintillanti delle dame e le incantevoli acconciature, formavano una scena di incredibile magnificenza!
Il principe arcivescovo Rauscher, l'ex tutore dell'imperatore, con più di settanta vescovi e arcivescovi nei loro paramenti ricamati in oro, erano assemblati in sacrestia. 
Il maestro di cerimonie informò Sua Maestà che tutto era pronto, e il corteo entrò nella galleria. Prima arrivarono i paggi, poi i consiglieri privati ​​e gli alti funzionari di corte; poi tutti gli arciduchi con i loro ciambellani e, ultimo fra tutti, lo stesso imperatore vestito con l'uniforme da maresciallo di campo con tutti gli ordini appesi agli abiti. Direttamente dietro lo sposo avanzava sua madre, l'arciduchessa Sofia, che conduceva la sposa all'altare alla sua sinistra. Alla destra di Elisabetta c'era sua madre, la duchessa Ludovica, e dopo di loro un folto seguito di dame di corte guidate dal Gran Ciambellano.


L'imperatore e la sua sposa furono raggiunti alla porta della chiesa dall'arcivescovo che li asperse con l'acqua santa, dopo di che si inginocchiarono sui loro inginocchiatoi, mentre gli altri membri delle due famiglie reali presero il loro posto. La cerimonia ebbe inizio e durò poco più di un'ora, durante la quale l'arcivescovo Rauscher fece dei lunghi discorsi, pieni di paragoni floreali, che gli valsero il nome di Plauscher (chiacchierone). Dopo una preghiera, Francesco Giuseppe ed Elisabetta avanzarono sull'altare maggiore, si scambiarono le promesse di matrimonio, si scambiarono gli anelli e giunsero le mani reclinando il capo in avanti in attesa della benedizione.



Al momento dello scambio degli anelli un battaglione di granatieri schierati sul bastione degli Agostiniani sparò la prima salva che risuonò per l'intera Josephsplatz, seguita dal tuono di numerosi cannoni che annunciavano che la principessa Elisabetta in Baviera era finalmente diventata imperatrice d'Austria! Elisabetta sussultò al suono di quei cannoni... Come diremmo noi oggi, era tirata come una corda di violino per quanto era in tensione! Quando si scambiarono le promesse di matrimonio la voce di Franz risuonò per tutta la chiesa, mentre la voce flebile di Sissi si percepì a malapena...


Alcune immagini del matrimonio:







mercoledì 1 gennaio 2014

Il Capodanno al tempo di Sissi



In Austria e Germania, il termine tedesco per indicare il Capodanno è “Neujahrstag”, ovvero il giorno del nuovo anno.
Genericamente noi italiani amiamo definire la sera della vigilia del primo dell’anno come “Capodanno” eppure, in Germania ed in Austria, dove spesso le cose si fanno più precisamente che da noi, la notte dell’ultimo dell’anno prende il nome di Notte di San Silvestro, meglio nota col semplice termine tedesco di “Silvester” o “Silvesternacht”.
Il termine “Silvestro” per l'ultimo giorno dell'anno risale al nome di papa Silvestro I, che morì a Roma il 31 dicembre 335. Più tardi, quando la Chiesa abbinò il nome di un santo a ogni giorno dell'anno, il 31 dicembre fu dedicato a questo papa. E così, in molti paesi europei l'ultimo giorno dell'anno divenne semplicemente il "Silvestro".

Intorno al 19° secolo si dava maggior importanza all’Epifania (nota col nome di Erscheinung des Herrn) che era considerata l’ “effettiva” fine dell’anno, poiché coincideva con la fine delle festività del Natale. Tra quest’ultimo e l’Epifania era viva la tradizione delle Rauhnächte (le notti del fumo), come già accennato in precedenza, durante le quali si pensava che gli esseri maligni girassero per i paesi irretendo le persone con la loro "wilde Jagd" (caccia selvaggia). Era quindi usanza, anche nella notte dell’ultimo dell’anno, riempire casa con del fumo d’incenso al fine di scacciare le presenze demoniache.


Johann Wilhelm Cordes (1824-1869): "Die Wilde Jagd"

Ritornando al Capodanno vero e proprio, all’epoca di Sissi erano molti riti di passaggio verso il nuovo anno e spesso si ritrovano ancora oggi sia in Austria che in Germani, nonché qui in Italia.
La tradizione più diffusa, legata alla cena dell’ultimo dell’anno, imponeva di lasciar pronta un po’ della cena preparata, e di consumarla nelle ore precedenti i festeggiamenti fin dopo la mezzanotte: questo era un omaggio al nuovo anno in modo che appena arrivato fosse iniziato nel segno dell’abbondanza.
Il piatto più tradizionale servito nel corso della cena era, come ben immaginabile, a base di pesce con contorno di verze, carote e patate. Spesso si mangiava del formaggio, prodotto direttamente dalle famiglie nel caso dei ceti più poveri, che era un bene primario e fonte di sostentamento per bambini ed anziani.
Dopo la cena, mentre si mangiavamo noci, nocciole e uvetta, che erano tutti simboli portafortuna, si beveva acqua o birra. Immancabile sulle tavole tedesche era, ed è ancora oggi, il dolce di mandorle che prende il nome di Neujahrsbrezel, le ciambelle di Capodanno.

Si festeggiava anche mangiando dei biscotti creati ad arte per l’occasione. Spesso erano per lo più dei biscotti semplici, lievitati, o biscotti speziati con il cumino, nonostante che in molti ricettari vittoriani si trovava la dicitura di “New Years Cake” quando di torta come la consideriamo noi oggi non c’era niente! Nel caso di torte effettive spesso vi si nascondevano dentro degli oggettini simbolici, che avrebbero predetto il futuro a chi li avrebbe trovati.


A cavallo della mezzanotte, nelle famiglie dei ceti più bassi, di solito si celebrava l’entrata del nuovo anno brindando con del buon vino caldo o con la famosa Feuerzangenbowle (traducibile letteralmente col nome di “punch con pinze infuocate"), una famosa bevanda alcolica del tutto simile al vin brulè, preparata con vino rosso speziato con cannella, chiodi di garofano e bucce d'arancia. 

I cittadini preparavano quindi tredici cornetti di zucchero pressato, che venivano appoggiati su una grata, o nel mezzo di due barrette di metallo, mantenute da una bacinella contenente vino caldo e speziato. A mezzanotte erano soliti bagnare i cornetti di zucchero con del rum o altri tipi di liquore i cornetti, per poi darli fuoco.

 Nel XIX secolo veniva chiamato anche Krambambuli, per il suo tipico colore rosso, dato dal liquore all'amarena proveniente da Danzica.
Questa particolare bevanda ebbe maggior successo quando nel 1944 uscì il romanzo "Die Feuerzangenbowle", scritto da Heinrich Spoerl al quale seguì il film con l'attore principale Heinz Rühmann.
Oggi in Germania non è Capodanno senza il Feuerzangenbowle!

I tedeschi usavano, allo scoccare della mezzanotte, arrotolare il vecchio calendario, legandolo con nove giri di filo rosso, per poi bruciarlo alla fiamma del caminetto, ripetendo “Brucia, brucia libero dai giorni passati, i dolori dell’anno vecchio non torneranno mai più”.
Si salutava il vecchio anno anche sparando con i propri fucili e con dei petardi, mentre le campane della chiesa suonavano a gran festa, con lo scopo di cacciare gli spiriti maligni.
Nelle famiglie più ricche, ovviamente, si festeggiava con champagne e sparando fuochi d'artificio.
Capitava che l’ultimo dell’anno fosse festeggiato addirittura in maschera!!

La differenza fra i ceti più bassi e quelli più ricchi, esisteva anche nell’usanza di scambiarsi i “Neujahrsgeschenke”, letteralmente “regali dell’anno nuovo”. Nel popolo, nelle campagne o sulle montagne di Baviera o Tirolo, spesso consistevano in doni più materiali che spirituali come: piante, animali e vari oggetti utili per la vita quotidiana di un contadino. Alla stessa maniera, ci si recava anche dai vicini per porger questi doni simbolici e per scambiarsi gli auguri. Non si mancava mai di portare in dono dei biscotti speziati (simili ai Gingerbread inglesi) che prendevano il nome di Lebkuchen. Era considerato di buon auspicio anche lo scambiarsi delle forme di formaggio, e così, come in molti altri Paesi Europei, mangiare insieme le lenticchie. Un modo di cementare la reciproca conoscenza e amicizia.
Fra i ceti più alti invece che regalare questi oggi si scambiavano doni più consistenti, o delle somme di denaro.

Era viva anche l’odierna tradizione del Bleigießen, un rudimentale gioco casalingo per predire il futuro. Questo consisteva, e consiste ancora oggi, nel far fondere un pochino di piombo in un cucchiaino, facendolo colare immediatamente all’interno di un contenitore con dell’acqua fredda.


Secondo la forma che avrebbe assunto il piombo, la persona o i suoi amici potevano predire come sarebbe stato l’anno nuovo: un cuore o un anello simboleggiavano un'unione futura, una nave prediceva un viaggio, mentre forme di animali significavano prosperità ed abbondanza per la famiglia. L’unica forma non auspicabile era una perfetta sfera, poiché significa che la fortuna sarebbe rotolata via con l’arrivo del nuovo anno.
Ancora oggi il Bleigießen è un gioco casalingo di gran moda in Germania, tant’è ce sono venduti dei kit appositi, con un libretto per l’interpretazione delle forme.



Era usanza anche quella di recarsi alla messa sia il giorno dell’ultimo dell’anno, che quello del primo, ringraziando la Madonna con il canto del Te Deum. Un tempo si era certamente molto più religiosi e credenti di oggi! Di pari passo ai Canti di Natale, videro la luce anche alcuni canti per il Capodanno che ancora oggi appartengono al repertorio delle canzoni di fine anno, come nel caso di: “Das Alte ist vergangen, das Neu’ hat angefangen”. Molti di questi furono creati apposta per l'Epifania, ma successivamente inglobati fra i canti di Natale.

Altrettanto popolare nel 19° secolo, come per il Natale, era l’usanza di scambiarsi dei bigliettini d’auguri per Capodanno. Nella prima metà dell’Ottocento erano spesso realizzati artigianalmente con decoupage e carte piegate mentre, dal 1872 circa, furono dati alle stampe i primi veri e propri biglietti di auguri di Capodanno. Come nelle “Victorian’s postcards”, le “Neujahrswünsche Postkarten” (biglietti d’auguri per il nuovo anno) mostravano diverse scene invernali, con bambini e animali, grandi orologi segnanti la mezzanotte, nonché la semplice scritta di buon augurio “Frohes Neues Jahr” o similari. Ogni figura ritratta aveva un proprio significato: un ferro di cavallo era segno di buon augurio poiché ci si lasciava la vecchia vita alle spalle, un trifoglio o quadrifoglio era sinonimo di fortuna, maiali (mio Dio, erano in ogni cartolina!) significavano abbondanza, 

Spesso mostravano invece un vecchietto canuto dalla lunga barba, sovrastato o scacciato da un bambino di pochi anni, mentre tutto intorno era un turbinio di colori e di fiori… Segno che un vecchio anno se ne stava andando, lasciando spazio ad un anno più giovane.
Altre cartoline invece mostravano le prime scene primaverili, con lo sciogliersi della neve, gli uccellini in cielo, conigli che anticipavano la venuta della Pasqua, funghetti e fiori di ogni sorta.











Superstizioni del Capodanno:

Al tempo di Sissi, nell’Ottocento, erano moltissime le superstizioni legate a questa ricorrenza. Già di per se Sissi era molto superstiziosa e metteva in atto moltissimi espedienti per portare la fortuna dalla propria parte. Ma di questo parlerò certamente più avanti!
Nel XIX secolo, nei paesi tedeschi, a Capodanno si diceva che se la prima persona che si incontrava dopo la mezzanotte era un prete o un medico, ma anche un portalettere o un campanaro, c’era da preoccuparsi perché non erano di certo di buon auspicio!

Stessa cosa diceva nel caso di una donna o anche di una vecchietta, specialmente se proprio la donna augurava un felice anno nuovo ad uomo: c’era da temere la sfortuna e probabilmente l’anno nuovo sarebbe stato un disastro!!

Baciarsi sotto un ramoscello di vischio la sera di Capodanno è ormai una tradizione consolidata ma lo era anche sul finire del XIX secolo e si riteneva che portasse fortuna, soprattutto appeso sulla porta di casa per allontanare gli spiriti maligni, e che proprio il vischio proteggesse l’amore e gli innamorati. Regalare del vischio invece era un gesto considerato portatore di serenità, salute e fortuna.




sabato 21 dicembre 2013

Cartoline di Natale: una tradizione ottocentesca!

La tradizione di spedire e donare cartoline di Natale si perde nei secoli, ma lo sviluppo e la diffusione di queste avvenne principalmente nel 19° secolo. E’ presumibile credere che, seppur non con gli stessi temi o con cartoline troppo spiritose e variopinte, anche Elisabetta abbia ricevuto dai parenti o dalle persone vicine dei bigliettini di auguri natalizi, magari sottoforma di lettere oppure di telegramma. E' comunque certo che in molte lettere dell'epoca, poichè il compleanno di Sissi cadeva il 24 dicembre, i parenti erano solite augurarle un lieto compleanno e di conseguenza un sereno Natale. 


Le cartoline di Natale di solito erano (parlo al passato giusto perché faccio riferimento all’Ottocento) scambiate nel corso delle settimane precedenti il giorno di Natale ed era parte integrante della celebrazione tradizionale del Natale, al fine di trasmettere tra le persone una gamma di sentimenti legati a questa festività. Il tradizionale augurio che vi era scritto di solito era simile a un "Felice Natale". Ci sono innumerevoli variazioni su quest’augurio: molti bigliettini esprimevano un sentimento più religioso, altri contenevano una poesia, altri una preghiera o un versetto biblico, altri invece si mantenevano lontani dalla religione riportando un più generico "Buone feste", mentre il mittente era solito scrivere altre parole da inviare al destinatario.
Come visto nei paragrafi precedenti, i primi bigliettini augurali potevano anche raffigurare San Nicola intento a porgere i doni di Natale.


Fin dal Medioevo però, non esistevano dei veri e propri bigliettini d’auguri natalizi. In Germania, così come in Austria, si era soliti inviare dei biglietti di buon augurio per l’annuo nuovo. Si hanno notizie di quest’usanza sin dai primi anni del XV secolo. In Germania comparvero le cosiddette Andachtsbilider (letteralmente: "figure votive"), una sorta di cartoline di auguri "votive", dov'era solitamente disegnato Gesù bambino con la croce e che recavano la scritta "Ein gut selig jar" (ovvero "Un anno buono e radioso").
Nei Paesi Bassi, erano invece diffusi tra il XV secolo e il XVI secolo, i cosiddetti Sanctjes (letteralmente: "santini"), una sorta di cartoline raffiguranti San Nicola.
Di cartoline d'auguri natalizie si può parlare però soltanto a partire dall'inizio del XVIII secolo, quando era diffusa l'usanza dei cosiddetti "pezzi natalizi", dei lunghi pezzi di carta dove gli studenti scrivevano messaggi d'auguri natalizi e di fine anno indirizzati ai propri genitori allo scopo di dimostrare loro i loro progressi nella calligrafia.
Erano per lo più bigliettini scritti a mano, senza troppi fronzoli o disegni di sorta.
Le prime cartoline di Natale “ufficiali” furono commissionate da Sir Henry Cole e illustrato da John Horsley Callcott a Londra il 1 maggio 1843. L'immagine centrale mostrava tre generazioni di una famiglia che sollevano un brindisi a base di punch al destinatario della carta: su entrambi lato vi erano delle scene di carità (tradizione tipica dei vittoriani, molto solerti in opere di carità durante il Natale), con cibo e vestiti che venivano donati ai poveri. 


Cartoline di Natale apparvero negli Stati Uniti d'America alla fine del 1840, ma erano molto costosi e la maggior parte delle persone non se li poteva permettere, preferendo altresì confezionarle manualmente in casa, realizzando dei modesti bigliettini con fiori essiccati, fiocchi e qualche immagine proveniente dai primi “scrapbook”.
A Natale 1873, la ditta litografia Prang & Mayer iniziò a creare biglietti di auguri per il mercato popolare in Inghilterra ed esportò molti dei propri prodotti in America nel 1874, diventando così la prima stampante ad offrire cartoline natalizie in America. Il suo proprietario, Louis Prang, era definito il "padre delle cartoline natalizie negli Stati Uniti".
L'ampia collezione “Laura Seddon Greeting Card Collection” della Metropolitan University di Manchester raccoglie 32.000 biglietti di auguri vittoriani ed edoardiani, stampati dai maggiori editori del tempo, e custodisce gelosamente il primo biglietto di Natale prodotto in Gran Bretagna.
Le prime carte inglesi raramente mostravano inverno o temi religiosi, preferendo invece fiori, fate e altri disegni fantasiosi che ricordavano il destinatario dell'avvicinarsi della primavera. Immagini umoristiche e sentimentali di bambini e animali erano popolari, così come lo erano forme sempre più elaborate, decorazioni e materiali. In Germania e in Austria erano molto in voga dei bigliettini augurali con cornici di carta madreperlata raffiguranti pizzi e merletti. Erano cartoline molto costose e di conseguenza il commercio di queste carte era riservato esclusivamente ad una clientela più facoltosa. 


Nella seconda metà del XIX secolo, con l'avvento dell'industrializzazione, si iniziò a produrre cartoline natalizie sempre più economiche, fatto che contribuì rapidamente alla diffusione dell'usanza. Pare, tra l'altro, che l'usanza di spedire cartoline d'auguri a Natale iniziò a diffondersi al punto tale che si registrarono persino delle lamentele riguardo alla consegna delle cartoline.
Da quel periodo, inoltre, le cartoline natalizie iniziarono ad essere illustrati con i temi più svariati legati alle Festività: tra i temi preferiti, nelle cartoline inglesi, figuravano il pettirosso e il Christmas pudding. Risalgono al quel periodo anche le prime cartoline d'auguri pieghevoli.



Tra la fine del XIX secolo e la fine della prima guerra mondiale, il Paese leader nella produzione di cartoline natalizie fu la Germania, che produceva articoli a prezzi vantaggiosi e li esportava in tutto il mondo civilizzato. Temi più religiosi lasciarono spazio a temi più idilliaci che si potevano riferire più direttamente a figure stagionali come ad esempio Babbo Natale, cervi, camosci o stambecchi delle montagne; oggetti associati al Natale come candele, agrifoglio, palline e alberi di Natale tagliati (o portati) dagli angeli o dal Christkind, o alle attività del Natale come lo shopping, il canto di Canti di Natale, paesaggi notturni sotto la neve, o altri aspetti della stagione come la fauna dell'inverno del nord.




 Cartoline augurali di questo genere, si inviavano anche per altre ricorrenze come il Capodanno e la Pasqua certamente con altri soggetti che andrò a spiegare più avanti, in un capitolo dedicato alle tradizioni del Nuovo Anno. Ma già alla fine della Prima Guerra Mondiale il biglietto raffinato e ricercato cadde in disuso; vi fu sempre un frenetico scambio, ma si era persa la qualità sia della carta che della decorazione, cadendo nella banalità.










Seppur non con gli stessi temi e con gli stessi materiali, le cartoline natalizie sono ancora parte integrante di questa festività e ancora oggi sono donate assieme ai regali.