domenica 14 giugno 2020

La fattoria dell'imperatrice Sissi a Schönbrunn

Non tutti sanno che Sissi aveva una propria fattoria nel parco del castello di Schönbrunn.


La sua origine ha radici molto più antiche di quel che si pensa poiché già tra il 1742 il 1755 l'imperatrice Maria Teresa acquisì varie proprietà a sud della Gloriette, verso Hetzendorf, con l'intento di ampliare il parco del castello e qui costruire parterre ed edifici vari secondo lo stile del tempo. Nella zona, un tempo Fasangartens (una fagianaia) dove si allevava selvaggina autoctona ma anche gallinacei esotici, fra cui pavoni e tacchini, vi era già un unico edifico che può essere descritto come una prima fase di costruzione per il successivo caseificio di Sua Maestà. 
I documenti di ricostruzione (progettati dal 1878) mostrano che questo edificio fu costruito come capanno da caccia, o Jägerhaus costruito in stile tirolese poiché inserito in quell'ala del giardino che all'inizio del XIX secolo era divenuta il Tirolergarten, il giardino tirolese. Come si può vedere dai documenti dello zoo di Schönbrunn (allora Menagerie), il locatario dell'edificio era un dipendente della Corte e si occupava anche delle voliere con uccelli rari nello zoo del castello.
La Jägerhaus era una destinazione assai popolare tra i viennesi fino al 1890 circa. Al locatario era anche permesso di gestire una taverna dove venivano offerti dei rinfreschi agli escursionisti. 
Nel 1895 l'architetto ungherese Viktor Edler von Weymann fu incaricato di progettare un'aggiunta alla Jägerhaus per costruire una stalla per le mucche dell'imperatrice Elisabetta.
Nel giro di un anno fu costruito un edificio ben progettato per 12 mucche e un toro divenendo a tutti gli effetti Kammermeierei, la fattoria privata di Sua Maestà.
La stalla non aveva seminterrato, consisteva in un piano terra in muratura ed un fienile a graticcio con tetto spiovente. C'erano i canali per far bere gli animali e la barra di alimentazione che veniva riempita tramite uno scivolo di scarico che scendeva dal fienile. Erano ovviamente presenti anche i canali di scolo per le deiezioni, un'area destinata a fossa per la raccolta del letame per ricavarne fertilizzante naturale.



Una fattoria moderna di tutto rispetto, le cui pareti erano addirittura piastrellate. Una parte era destinata ad appartamento per le guardie, nel giardino vi era un piccolo gazebo di legno con sedute e tavolo ad uso della sovrana, mentre la vicina Jägerhaus divenne soggiorno dell'imperatrice alla fattoria, una parte destinata alla lavorazione del latte. Qui aveva a disposizione un'anticamera, un bagno e una sala da pranzo, arredati con mobili di legno dipinti di rosso con motivi floreali nello stile di una casa colonica ungherese. Come degno abbinamento, Sissi fece anche realizzare un servizio di piatti e tazze con simili decorazioni floreali ungheresi.

Il salottino dell'imperatrice di fianco alla sala ungherese
Mobilio per il salotto ungherese di Sua Maestà nella fattoria. Museo del mobile di Vienna

Servizio da tè dell'imperatrice, destinato alla sua fattoria. Museo delle Argenterie dell'Hofburg di Vienna

Il mobilio è oggi conservato ed esposto all'Hofmobiliendepot di Vienna mentre le varie suppellettili sono esposte nella Silberkammer dell'Hofburg di Vienna. Furono utilizzate nel terzo episodio della trilogia con Romy Schneider e si possono vedere nella locanda ungherese dove si organizza una festa per il colonnello Böckl. Qui sotto il video al minuto corrispondente (0:47).



La gestione della Kammermeierei era affidata a Ida Ferenczy. Nel giugno 1896 ospitò ben 26 capi di bestiame, tra cui tre tori e numerosi polli. 
Dalla fattoria imperial-regia provenivano quotidianamente prodotti freschi come latte, burro, panna montata e uova. Naturalmente non riforniva solo gli appartamenti di Sissi ma anche quelli di Francesco Giuseppe e altri membri della famiglia imperiale. Pertanto, il caseificio funzionò ben oltre la morte dell'imperatrice nel 1898. Anche Katharina Schratt, l'amica dell'imperatore che viveva praticamente al di là della recinzione del castello, veniva rifornita di prodotti a base di latte fresco.
Pure le pasticcerie della Corte ricevevano prodotti freschi dalla fattoria di Sua Maestà tanto che, al fine di offrire una qualità particolarmente buona per i loro prodotti, il pasticcere poteva scegliere la mucca da cui voleva latte o panna.

Cameriera dell'imperatrice addetta ai prodotti lattiero-caseari
La grande preferenza di Sissi per tutti i prodotti lattiero-caseari e gli alimenti biologici era nota. Attribuiva grande importanza alla sua dieta, soprattutto per mantenere la sua figura snella nella vecchiaia. Con un'altezza di 172 cm - notevole per una donna dell'epoca - mantenne il suo peso anche dopo quattro gravidanze e raramente pesò più di 47-48 kg con girovita di massimo 55 cm. 
Il latte fresco e i prodotti lattiero-caseari costituivano una parte importante della sua dieta: per assicurarsi che il latte fresco le fosse disponibile ogni giorno, venivano allevate mucche speciali di razze diverse per le esigenze dell'imperatrice. Per assaggiare le mucche che davano il latte migliore, Elisabetta selezionò gli animali e li fece portare a Vienna: Inntaler, Pinzgauer, Montafon, francesi, ungheresi, addirittura da Merano e persino bestiame greco da Corfù. Durante la maggior parte dei suoi viaggi per mare e per terra, Elisabetta aveva soprattutto capre e pecore con sé. 
Dopo la morte di Sissi, l'attività proseguì sotto le direttive di Ida von Ferenczy fino al 1916. Dopo il 1916, la Kammermeierei fu rilevata fra i fondi privati degli Asburgo (nello specifico era fra i beni dell'Imperatrice Zita) e trasferita alla proprietà statale della repubblica alla fine della monarchia nel 1918.
Negli anni '50 l'industria lattiero-casearia s'interruppe per motivi economici. Vi si aprì una Scuola di orticoltura a partire dagli anni '50 ed in seguito vi trovarono posto l'Istituto federale di insegnamento e ricerca orticola e l'Istituto federale di ricerca forestale.
Negli anni 1970-1973 ebbe luogo il primo rinnovamento della Kammemeierei, specialmente nell'area dell'ex Jägerhaus e una conversione della stalla per la scuola di giardinaggio. Nel 2003 la direzione del castello di Schönbrunn commissionò allo studio di architettura Melicher un rinnovamento generale degli edifici. 


- fotografie antiche da un giornale ungherese del 1898


La misteriosa morte di Ludwig II di Baviera


L’arresto


Una commissione statale aveva deciso la deposizione del re di Baviera che, oltre ad aver sperperato i soldi delle casse del regno per la costruzione di castelli fantasiosi, si era totalmente disinteressato della politica ed aveva lasciato che il suo regno finisse alla deriva. Va da sé che in una situazione in cui già le monarchie assolute cominciavano a vacillare, la Prussia spingeva per allargare i propri domini, quello non era di certo il sovrano adatto a governare un regno che già dopo varie guerre versava in condizioni economiche effettivamente disagevoli. Considerando che il fratello del re, Otto, era già stato interdetto e chiuso in un castello in quanto affetto dalla schizofrenia più violenta, si pensò bene di far interdire anche il sovrano e mettere un reggente.
La sera tra il 9 e il 10 giugno 1886 la commissione statale arrivò al castello di Hohenschwangau, al di sotto di Neuschwanstein, ove il re, ignaro, si stava come sempre abbandonando ai suoi sogni. La commissione era composta dal ministro Crailsheim, i tutori Holnstein e Toerring-Jettenbach, il tenente colonnello von Washington, designato cavaliere di corte del re dopo il suo internamento, il consigliere di legazione Rumpler, il protocollista, gli psichiatri dottor Gudden e dottor Muller e quattro infermieri psichiatrici. Consumarono una cena al castello. Intorno all’una di notte, dopo un’abbondante cena durante la quale essi bevvero 40 boccali di birra e 10 bottiglie di champagne. Il piano prevedeva che i funzionari entrassero nella sala dove si trovava il re, leggessero il certificato di deposizione e l’insediamento della reggenza, dopodiché gli psichiatri lo avrebbero condotto in una carrozza con tanti complimenti fino a Linderhof, inizialmente previsto come luogo di internamento. Holnstein ordinò al cocchiere Osterholzer di staccare i cavalli dalla carrozza che era stata preparata come da tradizione per l’uscita serale del re. Questi protestò dicendo che era un ordine supremo del re, ma Holnstein riferì che Ludwig non aveva più niente da ordinare, ora solo il reggente Luitpoldo poteva impartire ordini. Il cocchiere corse allora dal re per dare l’allarme e si offrì di aiutarlo a fuggire. Il re fece chiudere le porte del castello ordinando di non lasciar entrare nessuno, poi fece chiamare i gendarmi da Fussen e i pompieri dai villaggi vicini. La notizia del colpo di Stato si era già sparsa nei paesi intorno e i contadini, fedelissimi al sovrano, si prepararono immediatamente per schierarsi attorno al re. Alle 4 del mattino la commissione statale giunse a Neuschwanstein, ma la baronessa Spera von Truchsess (una vecchia paziente del dottor Gudden) si piazzò davanti al portone principale, armata di un ombrello, con l’intenzione di non lasciarli passare. Batterono dunque in ritirata e rientrarono a Hohenschwangau dove dopo poco giunsero un maresciallo di gendarmeria con 8 uomini con un mandato d’arresto firmato da Ludwig: il ministro Crailsheim, i tutori Holnstein e Toerring furono rinchiusi a Neuschwanstein, nelle stanze della servitù, dove giunsero in loro compagnia anche altri commissari. Passando davanti alla locanda di Fussen, i contadini li guardarono con aria molto sospetta, intenzionati certamente a “farli a pezzi”, radunatisi anche nel cortile del castello de re. A mezzogiorno del 10 giugno furono rilasciati ad insaputa del re, liberati dal capo-distretto locale informato della reggenza che era stata resa pubblica quella mattina, e rientrarono a Monaco. A Neuschwanstein, frattanto era arrivato l’aiutante di campo del re, il conte Duerckheim che gli suggerì di riparare a Monaco e di farsi vedere dal suo popolo. Ma certamente non c’era niente da fare… Il re oltretutto, stanco e nervoso, rifiutò la proposta di fuggire dall’altra parte delle montagne, in Tirolo. Telegrafò invece a Bismarck, che comunque gli diede lo stesso consiglio di Duerckheim. Il re gli chiese di procurargli del veleno perché non poteva più vivere, mentre pian piano i fedeli gendarmi furono sostituti con altri. Si dice che Ludwig abbia chiesto anche al suo parrucchiere, Hoppe, di fargli avere del cianuro e quando questi negò prontamente il re gli disse che l’indomani avrebbe dovuto dunque cercare la sua testa da pettinare nella gola delle montagne lì vicino. Quella stessa notte, l’uomo ricevette l’ordine di rientrare a Monaco; chiese consiglio al suo amato re, che gli disse di accettare… Sembrava aver compreso che la reggenza fosse irrimediabile. Arrivato alla stazione di Monaco, fu prontamente arrestato – venne liberato, nonostante la condanna per alto tradimento, 4 settimane dopo. Si racconta che nel frattempo Ludwig si affacciasse al balcone del suo castello e guardasse l’abisso, immobile, con la testa fra le mani, dicendo che un salto da lì avrebbe risolto tutto, ma il corpo si sarebbe spappolato: meglio la morte per annegamento che non avrebbe deturpato il corpo. Sopraggiunse la notte e il re, agitato, bevve una bottiglia di rum con chiodi di garofano e una bottiglia di champagne. A Monaco intanto si era deciso il destino del re: non sarebbe stato lasciato a Neuschwanstein, così vicino ai suoi fedeli sudditi, e nemmeno a Linderhof… Piuttosto era meglio portarlo nel riparato castello di Berg, sul lago di Starnberg, dove sarebbe stato sorvegliato in maniera più attenta, lontano dai montanari ostili. La vicinanza con la capitale avrebbe favorito i controlli da parte di Gudden senza che egli trascurasse i suoi impegni a Monaco. Fin da principio Gudden si era opposto a che il re fosse trattato come un sovrano che secondo la costituzione era una figura “sacra e inviolabile”, tanto che si era opposto alla prima commissione, preferendone una di soli medici psichiatri che avrebbe avvalorato così la tanto supposta follia del sovrano.
Così, questa commissione, la sera dell’11 giugno, intorno a mezzanotte, sopraggiunse a Neuschwanstein. Frattanto il re, avvertito dell’arrivo della commissione, si fece dare la chiave della torre del castello dalla quale avrebbe voluto suicidarsi. Il dottor Gudden, fiancheggiato da custodi e gendarmi che gli tagliarono la strada, si fece avanti e riferì al sovrano che quattro psichiatri lo avevano dichiarato pazzo e pertanto doveva essere messo in custodia a Berg. Il re non disse quasi niente, solo un “Ahimè!” e continuò a ripetere “Che volete da me insomma? Che significa?”

Condotto nella sua stanza, chiede a Gudden come potessero dichiararlo pazzo se non lo avevano mai neppure visto e visitato, al che egli rispose che la documentazione contro di lui basta e avanzava. Ludwig dunque, venendo a conoscenza della reggenza di Luitpoldo disse: “Ebbene, ci è riuscito! Non gli sarebbe occorso un tal spreco di furbizia, bastava che dicesse una parola e io avrei rinunciato al governo e sarei andato all'estero…”. Sappiamo tutti che ciò non avrebbe potuto realizzrsi proprio perché per Ludwig la sua persona era “sacra e inviolabile”.
Non lo lasciarono più solo, lui che voleva sempre star da solo. Verso e 4 del mattino del 12 giugno, giunse la carrozza che lo avrebbe condotto a Berg. Poteva essere aperta solo dall’esterno. Il sovrano, dunque, col suo pastrano e il cappello nero con spilla di diamanti, salì e iniziò il viaggio verso la sua ultima residenza.
Durante il tragitto, si dovettero cambiare tre volte i cavalli. Presso una stazione di posta sul lago di Starnberg, il sovrano chiese un bicchiere d’acqua e ringraziando l’ostessa esclamò: “Non sopravvivrò a quest’onta!”
Arrivò dunque a Berg il 12 giugno alle ore 12:12.

Gli ultimi giorni del re

Il castello di Berg era stato ora trasformato in una specie di manicomio esclusivo per il re deposto.
Il maniero si trova ieri come oggi sulle rive del lago di Starnberg: sulla riva opposta, vis-à-vis col castello, si trova la residenza di Possenhofen, casa paterna e dimora prediletta di Sissi – come tutti sapete. Tenete a mente questa cosa perché diventerà importante più avanti.
Il castello era stato acquistato dal padre di Ludwig, Massimiliano, che lo aveva fatto ampliare ed aveva fatto aggiungere quattro torri laterali e merlature al mastio centrale, secondo lo stile neogotico di moda al tempo. 


Successivamente Ludwig vi aggiunse la quinta torre nord, che chiamò "Isotta", mentre nel 1853, Massimiliano vi fece costruire un piccolo porticciolo privato dal quale Ludwig partiva per giri sul lago, anche di notte, o per raggiungere la dirimpettaia “Isola delle rose” sulla quale si incontrava con Sissi lasciandosi vicendevolmente delle poesie in un mobiletto della casina ivi presente.


Ludwig lo utilizzò come residenza estiva. Ogni anno, l'11 maggio, trasferiva il suo quartier generale a Berg e da lì conduceva i suoi affari governativi. A tal fine, fu addirittura istituita una linea telegrafica tra Berg e Monaco di Baviera. Il re trascorse gran parte della sua vita in questo castello e qui modellò i suoi progetti, ricevette ospiti come il compositore Richard Wagner o nel 1868 la zarina Maria Alexandrovna, per la quale provava una profonda venerazione, da lui espressamente invitata. In quest’occasione Ludwig lasciò il castello alla sua ospite per tutto il tempo della visita e lo fece arredare splendidamente per l'occasione.
Per il resto il castello era piuttosto semplice, per gli standard di Ludwig.
Nel parco, progettato dai predecessori secondo le rispettive mode, dal giardino francese a quello inglese, Ludwig fece installare un pittoresco chiosco moresco, che Franz von Seitz aveva effettivamente costruito per il giardino d'inverno sul tetto del palazzo reale di Monaco (la Residenz) . Nel 1876 vi fece costruire una piccola cappella.
Dopo la morte del re, il castello fu dichiarato museo, e nel 1939 fu dichiarato memoriale perché non era stato modificato dalla sua morte; gli venne in seguito riconosciuta importanza culturale e storica. Dal 1923 appartiene al Wittelsbacher Ausgleichsfonds, fondo di compensazione dei Wittelsbach – fondazione di diritto pubblico i cui proventi vanno ai discendenti della famiglia
Il castello fu utilizzato dai militari americani subito dopo la Seconda guerra mondiale; gravemente danneggiato se ne minacciò addirittura la demolizione. Tuttavia fu completamente restaurato e rinnovato ma le torri angolari, i merli e gli stucchi neogotici furono demoliti; furono recuperate cornici e finestre dipinte in stile barocco precedentemente coperte. Nulla è rimasto degli interni del tempo di Ludwig.
Per questa ragione, quando Visconti volle girare il suo film sulla vita del re, dato che non gli venne concesso di utilizzare il castello e dato che non aveva più l’aspetto originario, ripiegò sul castello di Possenhofen che invece manteneva lo stile architettonico similare: dunque quella che vede nel film è in realtà l’originaria abitazione di Sissi, prima che fosse trasformata in condominio!
Il castello di Berg fu abitato dal duca Albrecht di Baviera, figlio della figlia del fratello di Sissi, Carlo Teodoro; dopo la sua morte passò al figlio Franz di Baviera che lo abita tutt’ora. Non può esser visitato.



Ritorniamo a Ludwig...
Il castello reale aveva le porte delle stanze del sovrano provviste di spioncini. Maniglie svitate. Finestre che si potevano sbarrare e per le quali erano state ordinate delle inferriate. Ciò che più infastidiva il sovrano era il fatto di esser spiato ogni istante, lui che aveva sempre voluto viver per sé, lontano dalla grossolana vita reale...
Per pranzo si ritrovò a tavola non un coltello normale a seghetto, ma uno dorato per la frutta. Nel pomeriggio riposò dalle 15 e chiese d’esser svegliato dopo le 21, ma Gudden glielo proibì in quanto non doveva dormire di giorno, come era abituato a fare, ma di notte, per un proprio equilibri psichico. Quando però Ludwig volle alzarsi dopo la mezzanotte, non gli furono dati gli abiti e dovette rimanere nel castello.
La mattina successiva, domenica di Pentecoste, 13 giugno 1886, una giornata particolarmente piovosa, Ludwig volle vedere i propri dottori. A Gudden riferì che per lui era pesante il non poter più star da solo ed esser sempre controllato dalle porte. Al dottor Grashey chiese quanto doveva durate il trattamento, ma ricevette risposte evasive, di certo non si poteva stabilire una durata specifica, certamente più di un anno. Ma Louis rispose che non era malato, che aveva solamente abusato di sonniferi per contrastare l’insonnia. Quando Grashey uscì dalla stanza del re, disse a Gudden di non averlo trovato in uno stato irreparabile, al che Gudden ne rimase irritato dicendo “Ne parleremo un’altra volta!”.


Prima di pranzo, per un’ora, Ludwig fece una passeggiata con Gudden nel parco, seguiti da un medico che stava ad un centinaio di passi ma che poi venne allontanato ulteriormente, certamente per espresso volere del re.
Al ritorno, il dottore disse che di averlo trovato assai bene, facendo presente che sicuramente si era adattato alla situazione molto meglio di quanto credesse. La sera sarebbero usciti nuovamente a passeggio, questa volta da soli. Louis però, furbo, aveva voluto far finta che fosse tutto a posto, cercando di ingannare il dottore, tanto che nel pomeriggio, all'incontro del re con l’ispettore dello stato maggiore Friedrich Zanders, riferì che di non esser contento del trattamento di quei giorni, mostrando spioncini e chiavistelli, facendo intuire la sua paura d’un internamento più lungo. Addirittura per sempre. Temeva d’essere ucciso perché lì temevano la sua vendetta. In tutto questo, Gudden sembrò non essersi accorto di niente tanto che telegrafò a Monaco dicendo che a Berg andava “tutto magnificamente”.
Alle 16:30 il re si mise a tavola e mangiò moltissimo. Bevve un boccale di birra, due bicchieri di vino bianco da tavola, tre di vino del Reno, due bottigliette di arrak e poi si mise a camminare nella stanza mentre attendeva che si riordinasse la tavola. Fece poi chiamare Gudden per fare una passeggiata: uscirono assieme alle 18:45, coperti con cappello, soprabito e ombrello. Nessuno doveva accompagnarli, disse Gudden agli infermieri. Il gendarme al cancello del castello li vide allontanarsi per il parco e scendere lungo il sentiero che costeggiava il lago.




Alle 20 pioveva a dirotto. I due non erano ancora rientrati. Tutti si allarmarono. Si organizzò una battuta nel parco alla quale dalle 20:30 parteciparono tutti quelli presenti al castello. Lungo la sponda del lago si ritrovarono la giacca e il soprabito del re, più avanti il cappello e l’ombrello. Poi, nelle vicinanze, solamente il cappello di Gudden.
Intorno alle 23 il dottor Muller con l’amministratore del castello Huber, decise di prendere una barca di pescatori e scandagliare le rive del lago. Non trascorse molto tempo che Huber gettò un grido: a pelo d’acqua galleggiava un corpo e più avanti un altro. Si trasse in barca il primo cadavere che era quello del re in maniche di camicia; l’altro era quello di Gudden, completamente vestito. L’orologio del re, che pendeva dal suo panciotto, si era fermato alle 18:54, dieci minuti dopo la loro uscita.







Intorno alle 2 giunse una commissione giudiziaria che constatò la morte del re. Secondo il referto, mentre il re non mostrava alcuna ferita sul corpo, Gudden aveva viso, fronte e naso pieni di graffi obliqui, mentre sull’occhio destro c’era una macchia bluastra causata senz’altro da un pugno, inoltre la parte superiore dell’unghia del dito medio destro del dottore era per metà staccata.
Su questa base il dramma venne così ufficialmente ricostruito: il re era voluto uscire per cercare la morte nel lago. Gudden aveva provato a fermarlo, seguendolo in acqua, ma vennero alle mani e Ludwig, così robusto e alto, annegò il dottore più vecchio e gracile di lui. Poi anche Louis morì, ma non per annegamento, bensì per un infarto o certamente un’indigestione visto ciò che aveva mangiato per cena, considerando il riscaldamento corporeo seguito alla lotta e l’acqua del lago fredda 12°.
La causa è tutt'ora ignota. Si disse addirittura che fosse stato ucciso, poiché qualcuno pare fosse in possesso del cappotto del re sul quale v’era traccia di proiettili.
Ma a chi poteva nuocere questo strambo sovrano? Del resto i prussiani non avevano motivi per ucciderlo (la madre di Ludwig, oltretutto era proprio prussiana!), Bismarck vedeva in lui un alleato, Guglielmo I avrebbe voluto aiutarlo con i problemi finanziari che aveva, neppure il principe ereditario Federico Guglielmo ne avrebbe avuto motivi. Luitpoldo, già reggente del fratello Otto, governava già più rispetto a Ludwig, Gudden neppure aveva motivo di ucciderlo. O forse sì?
Chissà come andò?
Certamente rimane sempre il mistero, poiché lo stesso Ludwig amava dire: “Resterò sempre un eterno enigma per me e per gli altri.


Il salvataggio del re per volere di Sissi?

Elisabetta si trovava in quei giorni sul lago di Starnberg, precisamente presso l’Hotel Strauch di Feldafing (oggi Golfhotel Kaiserin Elisabeth am Starnberger See). 
Vi era giunta, come di consueto, in primavera. Arrivò il 1° giugno insieme alla figlia Valeria e proprio perché da imperatrice non poteva alloggiare in casa dei suoi genitori, di solito le veniva affittato il Castello di Garatshausen del fratello Luigi, altrimenti dimorava presso l’albergo di cui sopra. Va ricordato, oltretutto, che in seguito ad una discussione avvenuta col padre Massimiliano in occasione del viaggio di Sissi, Maria Sofia e Matilde a Possenhofen, causata dal fatto che le tre sorelle confabulavano sempre sotto voce, organizzando il parto segreto di Maria Sofia, a Elisabetta infastidiva dover alloggiare sotto lo stesso tetto della famiglia. 
Cinque giorni dopo il suo arrivo a Feldafing arrivò anche la sorella Elena che prese alloggio al pianterreno di una dependance dell’albergo, fermandosi tutto il tempo che Elisabetta rimase sul lago, raggiunte pure dal fratello Carlo Teodoro con la famiglia che alloggiava nel castello di Tegernsee.
L’8 giugno furono raggiunte dalla notizia della tragica scomparsa del cognato Luigi, marito della sorella Matilde, mentre il 10 giugno, con grande apprensione, si venne a sapere della destituzione di Ludwig “la qual cosa induce [la duchessa Ludovica] a raccontare in modo molto interessante dei vecchi tempi e del saggio governo di suo padre, che lei sembra aver molto amato e rispettato. Un particolare affetto la nonna lo sente per la povera regina [Maria di Baviera, madre di Ludwig] il cui secondo figlio è ora stato dichiarato pazzo, eppure, dice, bisogna augurarsi con tutto il cuore che non lo sia veramente, per non dovergli muovere l’orribile e triste accusa di mancanza di responsabilità di aver rovinato a tal punto il suo fiorente Paese e il suo popolo, quasi incredibile nella sua fedeltà!” scrisse Maria Valeria nel suo diario. 
La mattina del 14 giugno, mentre Elisabetta e Valeria stavano andando nella sala da pranzo, ricevettero la visita della sorella Gisella, che viveva a Monaco di Baviera col marito Leopoldo. Prese un attimo in disparte la madre, con faccia stravolta, e le riferì della tragica scomparsa. Dirà ancora Valeria: “[…] pare abbia attirato Gudden alla riva e… si sia gettato nel lago ripetendo un tentativo di suicidio già compiuto a Hohenschwangau.
Elisabetta ne fu profondamente addolorata perché oltre ad aver perso un re “geniale”, aveva perduto un amico di gioventù. Era stravolta dal dolore, la qual cosa faceva irritare la madre Ludovica che in parte era ancora amareggiata da quella volta in cui il re aveva sciolto il fidanzamento con la figlia Sofia Carlotta. 
Sempre da Valeria si apprende che Elisabetta era convinta del fatto che suo cugino non fosse realmente pazzo, ma dichiararlo sano di mente avrebbe comportato la grave accusa di essersi completamente disinteressato del suo Regno. Quindi, forse era giusto dichiararlo infermo. Sicuramente era giusto trattarlo “con maggiore riguardo e così forse sventare una fine tanto orribile.”
Quella stessa sera Valeria raggiunse la madre per le preghiere. Elisabetta si gettò a terra, tutta lunga, distesa. La figlia credette che ella avesse visto qualcosa e le si avvinghiò gridando fortissimo con gran paura… scoppiando poi tutte insieme in una fragorosa risata. In realtà Sissi aveva voluto chiedere perdono a Dio con umiltà, trasporto e profondo pentimento per i suoi pensieri ribelli, dicendo “Geova sei grande! Sei il Dio della vendetta, della misericordia, della saggezza!
La mattina del 15 giugno, il fratello di Ludwig, Otto, venne dichiarato re di Baviera. La giornata aveva un aspetto particolarmente lugubre, piovoso e nebbioso che sembrava novembre. Fra la nebbia, in lontananza fra gli abeti, si scorgeva indistintamente il castello di Berg. In quella giornata tanto particolare, la figlia di Sissi si ricorderà che “su di noi grava un’antichissima profezia di un monaco, secondo cui l’anno 1886 sarà abnorme in ogni suo aspetto e siccome Pasqua è stata così alta, porterà sfortuna!”😳 (non ricordavo questa cosa)
La presenza di Sissi a Feldafing, ha dato vita all’ipotesi d’un suo progetto per farlo scappare da Berg. Si dice che egli, abile nuotatore e incurante del freddo delle acque, avesse voluto raggiungere la cugina dall'altra parte del lago e da lì fuggire altrove, magari proprio a Monaco, ma non aveva fatto i conti con l'abbuffata di qualche ora prima che sicuramente gli causò una congestione e dunque il piano sfumò direttamente con la sua morte non programmata. Anche la madre, la regina Maria, credeva che il figlio volesse fuggire ma che fosse annegato nell'atto di salvarsi la vita.
Questa ipotesi è del tutto insostenibile: Ludwig aveva rifiutato già di fuggire in Tirolo e si era consegnato quasi spontaneamente e senza troppe lotte ai suoi carcerieri. Oltre questo, Elisabetta non aveva l’energia che sarebbe stata necessaria per un rapimento così spettacolare e in circostanze così complicate, mettendo anche a repentaglio i suoi rapporti con la Baviera, ma soprattutto i rapporti della sua patria natia con quella d’adozione. In una sua poesia, ella accusò poi il reggente e il governo di avere sulla coscienza Ludwig:

“Mandarono medici e sgherri,
a catturare il “demente”,
come il bracconiere, a tradimento,
tende i suoi lacci al cervo.
La libertà mi vogliono rubare
La libertà ho trovato nelle onde;
meglio morire qui, colpito al cuore,
che dissanguato dentro una prigione!”


Elisabetta mai dubitò che il cugino avesse voluto cercar la morte volontariamente, giacché l’idea del suicidio non gli era mai stata del tutto estranea. Lei, così simile a quel cugino eccentrico e ribelle, lo comprendeva nei modi, nelle idee, nei sentimenti del tutto simili ai suoi; diverse volte ebbe però a scontarsi con lui poiché un re non poteva comportarsi come faceva lui. Il bue che dice cornuto all'asino?😂
Il 19 giugno si ebbe il funerale di Ludwig. Vi partecipò anche l’arciduca Rodolfo giunto espressamente da Vienna. Vi andò anche Valeria con lo zio Gackel e la sua famiglia. Elisabetta, angosciata e spaventosamente agitata, rimase invece a Feldafing. Rodolfo condivideva le idee della madre e della sorella e raccontò che a Vienna si diceva che il Gudden avesse voluto uccidere il re su istigazione di Luitpoldo. “Si può dire certo a ragione che il re sia stato ucciso ma sicuramente non in modo intenzionale, bensì indirettamente, per un’incredibile stupidità…” dirà Maria Valeria che proseguirà “[…] quando eravamo soli Rodolfo mi ha detto che al di là delle sue aspettative ha trovato la mamma ancora molto agitata e mi ha fatto molte domande. […] a Possenhofen siamo andati subito dalla nonna e mi sono stupita di come era cerimoniosa con imperial nipote, tutta diversa che con noi, cosicché il povero Rodolfo mi ha fatto proprio pena su quel piedistallo da inavvicinabile Altezza, dove però non giungono né il calore umano né la verità e dal quale lui per via della sua educazione non sa protendersi verso il basso, come invece sa fare nostro padre, che è sempre prima uomo e poi, per dovere, imperatore!
Il 21 giugno Elisabetta fece dire una messa solenne per il re nella chiesa di Feldafing. Sopra l’altare drappeggiato di nero c’era lo stemma dei Wittelsbach con la scritta Luigi II, re di Baviera, conte palatino del Reno, duca di Baviera, Franconia e Svevia, nato il 25.8.1845, morto il 13.61886. Davanti all'altare stava invece un grande catafalco ricoperto di foglie di quercia e corone di gelsomino e rose, e sopra di esso lo stemma era inghirlandato con rododendri alpini. 
Elisabetta andò alla chiesa di San Michele, dove venne seppellito Ludwig, per deporre una corona sulla sua bara nella cripta dei Wittelsbach. Si dice che ella avesse portato al defunto, ancora esposto (ma ovviamente il diario di Valeria lo smentisce), un mazzo di ciclamini, o una rosa rossa come romanticamente si vede in un film degli anni ’50 su Ludwig. 


Nella biografia di Herre si riporta invece che Elisabetta aveva fatto recapitare al defunto re, come estremo saluto, proprio un mazzo di gelsomini che l'imperatrice aveva colto a Feldafing. Gli furono messi nella mano destra come si vede nella sua ultima foto qui in basso a sinistra e in un disegno che vedete in basso a destra.


Cosa accadde dopo la sua morte?

A parte il fatto che Luitpoldo divenne reggente poiché il fratello di Ludwig, Otto, era schizofrenico; la popolarità del re divenne sempre più grande e quando la notizia della sua morte raggiunse Monaco di Baviera la gente si riversò addirittura in strada.
La madre di Ludwig in quei giorni si trovava come da tradizione in vacanza ad Elbigenalp, dove cercava di curare la sua salute malmessa. La principessa Teresa, sua nipote, la persona della quale ella si fidava di più al di là del suo confessore, ebbe il difficile compito di portarle la tragica notizia. Il prete lesse un particolare passaggio dalla Bibbia, ripetendolo tre volte. Quand’ebbe finito, la regina madre chiese alla sua dama di compagnia se fosse successo qualcosa al figlio; la donna non rispose. Allora la regina si rivolse alla principessa Teresa chiedendole se suo figlio fosse morto; la donna annuì silenziosamente. La regina allora pianse amaramente e svenne. Il giorno dopo i giornali bavaresi riportarono la notizia che la regina fosse morta improvvisamente, ma venne smentita l’indomani. Tuttavia, la disgrazia toccò profondamente la regina che rimase confinata nel suo letto per oltre 4 settimane e non vide mai il corpo del figlio.
Frattanto, il corpo del re venne ricondotto al castello e se in vita era gonfio e sformato, nella morte il volto tirato aveva riacquistato i bei lineamenti di un tempo. La salma venne ricomposta su di un semplice letto, coperta da un lenzuolo azzurro tirato sino al collo. Gli venne fatta la maschera mortuaria, come da tradizione, e un calco della mano in suo ricordo.



Così prese la via per Monaco di Baviera dove giunse nella notte tra il 14 e il 15 giugno. Lo condussero alla Residenz e qui Louis venne preparato adeguatamente, rivestito di un’uniforme nera di gran maestro dell’Ordine di Sant’Uberto, posto su di un letto da parata nella cappella del palazzo, sotto un crocifisso d’oro ed una palma, circondato dalla luce di mille candele. Fra le mani teneva una spada nella sinistra e il mazzo di gelsomini nella destra che gli aveva fatto arrivare l’imperatrice da Feldafing. La testa poggiava su di un cuscino di pelle d’ermellino
La popolazione fu ammessa a vedere il corpo di Sua Maestà e per tre giorni migliaia di persone si recarono nella cappella per porgergli l’estremo saluto.
Il 19 giugno 1886 si ebbe il corteo funebre che avrebbe condotto il re nella sua ultima e definitiva residenza: la chiesa di San Michele. Le strade erano invase da una moltitudine di fedeli sudditi vestiti a lutto, ogni angolo della città era imbandierato con i colori del regno, bianco e blu, sormontati da bandiere nere. Le campane di tutte le chiese di Monaco suonarono a distesa per un’ora intera.
Il feretro venne innalzato su di un pittoresco carro funebre che percorse le strade dalla Residenz alla chiesa: dietro di lui un lungo corteo di autorità civili, militari ed ecclesiastiche, fra i quali il principe ereditario Rodolfo d’Asburgo e i cugini Wittelsbach. Sissi non vi partecipò.


Quando il feretro fu portato nella cripta reale, sulla città si scatenò una tempesta e un fulmine si abbatté sulla chiesa, senza provocare danni. Qualcuno vi ebbe a vedere un infausto presagio: ciò che sarebbe seguito alla morte del re, non avrebbe portato a nulla di buono. 


Tuttavia la reggenza di Luitpoldo andò avanti senza troppi attriti, anche perché egli lasciava far tutto a ministri e burocrati; in ogni caso rimase segnato fino alla fine dei suoi giorni col marchio di Caino l’usurpatore.
Quando morì Luitpoldo nel 1912 salì al trono il figlio Luigi III che di fatto usurpò il trono al povero Otto ancora vivo e infermo di mente – morirà nel 1916. Luigi III invece regnerà per soli 5 anni di cui 4 in guerra. Nel 1918 cadde la monarchia dei Wittelsbach, che già era caduta in discredito sia per il comportamento di Ludwig, sia per le circostanze della sua interdizione e le congetture sulla sua morte. Lo stato bavarese sopravvisse alla monarchia bavarese, all’impero degli Hohenzollern e al Reich di Hitler. Sopravvisse alla Grande guerra, alla Seconda guerra mondiale dopo la quale il Palatinato renano, paese d’origine dei re Wittelsbach andò perduto.

La cappella votiva in ricordo di Ludwig sul lago di Starnberg

Poco distante il luogo di ritrovamento dei corpi del re e del dottor Gudden, il principe reggente Luitpoldo fece erigere una cappella commemorativa. Un modo per ripulirsi la coscienza? Forse. 
Sopra un dosso collinoso del lago era stata eretta temp’addietro una torre dedicata a Bismarck, il fondatore del Reich. Luitpoldo pose la prima pietra per la costruzione della cappella votiva nel decimo anniversario della morte del re nel giugno 1896. Quattro anni dopo fu inaugurata la chiesa, costruita in stile neoromanico. Sotto la cappella votiva, una semplice croce di legno sulla riva poco profonda del lago di Starnberg segna il punto in cui il re Ludovico II fu trovato senza vita il 13 giugno 1886 dopo una passeggiata col dottor Gudden. 

Ogni anno intorno all'anniversario della morte del re, una solenne celebrazione commemorativa si tiene nella cappella votiva. Numerosi  fedeli al re, vestiti con gli abiti belli della festa, con splendide bandiere, vi giungono e indugiano in silenziosa preghiera in ricordo di Sua Maestà.




Subito dopo la morte di Ludwig, per rifar cassa, il regno decise di aprire i castelli e renderli fruibili al pubblico. Da allora solo l'attrazione principale della Germania, fra le mete più visitate del mondo che, in un certo qual modo, hanno rimpinguato le reali casse del sovrano...