mercoledì 26 dicembre 2018

Un canto di Natale e una storia ottocentesca


La versione originale del famosissimo canto natalizio "O Holy Night " (in francese Minuit, chretiens) noto anche come "Cantique de Noël", ha una storia tutta ottocentesca. 

A Roquemaure, in Francia, alla fine del 1843 l'organo della chiesa era stato recentemente rinnovato. Per celebrare l'evento, il parroco chiese al mercante e poeta Placide Cappeau, nativo della città, di scrivere un poema natalizio, anche se quest'ultimo non aveva mai mostrato alcun interesse per la religione. Cappeau accettò e scrisse il testo d'una poesia intitolata "Minuit, chrétiens" (Mezzanotte, cristiani). 


Poco dopo, nello stesso anno, Adolphe Adam - prolifico compositore d'opere e balletti fra i quali "Giselle" del 1844 e "Le Corsaire" del 1856 - ne scrisse la musica. Il canto venne eseguito per la prima volta a Roquemaure nel 1847 dalla cantante lirica Emily Laurey. Il sacerdote John Sullivan Dwight, direttore del "Dwight's Journal of Music", tradusse la canzone in testo inglese nel 1855 di quello che ancora oggi è considerato il canto di Natale più noto, eseguito ogni anno da un'infinità di cantanti pop di tutto il mondo. Sia nell'originale francese che nella versione inglese del canto, così come in molte altre lingue, il testo riflette sulla nascita di Gesù e sulla redenzione dell'umanità. 

Qui il tenore Roberto Alagna lo esegue nel 1997


"L'Idillio di Tribschen" - Un regalo natalizio di Wagner alla moglie Cosima


Era la mattina del 25 dicembre 1870. Cosima von Bülow, figlia di Franz Liszt che fu insegnante di musica di Sisi, festeggiava il suo trentatreesimo compleanno.
Nella villa del marito Richard Wagner (sposato nell'estate di quell'anno, dopo anni di scandalosa convivenza) a Tribschen, nei pressi di Lucerna, ai piedi della scala principale, era stato allestito un gigantesco albero di Natale "alla tedesca" decorato con gli orpelli e i decori più ricchi e più belli del tempo. Ai piedi stavano numerosi regali per tutti i componenti della famiglia, sistemati alla meglio sia sotto le fronde dell'abete che su tavoli stracolmi di pacchi e doni preziosi.
Ma il regalo più bello fu quello che il compositore fece alla moglie, nata come Sissi la notte della vigilia di Natale del 1837, omaggiata con la prima esecuzione di una composizione per orchestra da camera intitolata "L'idillio di Sigfrido". Quindici elementi - quattro violini, due viole, violoncello, contrabbasso, flauto, oboe, fagotto, due clarinetti e due corni - trovarono posto sulle scale principali della casa. Cosima fu svegliata dalle delicate melodie dell'overture della composizione e tutta emozionata raggiunse il parapetto della scalinata abbigliata con una vestaglia da camera di color ceruleo, commossa, assistendo con gioia all'esecuzione dei musicisti che si voltarono verso di lei quand'ella comparve. Tra essi vi era il famoso direttore d'orchestra Hans Richter, che suonava la viola ed eseguì anche la breve parte della tromba, imparando a suonare lo strumento appositamente per l'occasione. 

Una cartolina Liebig di fine Ottocento.

Wagner aveva consegnato la partitura a Richter a inizio dicembre, e questi a Zurigo aveva copiato le parti e preparato l'orchestra. Il brano era stato provato l'11 e il 21 dicembre a Zurigo in presenza di Wagner, e l'orchestra raggiunse Lucerna solo nella vigilia di Natale, tenendo una prova generale presso l'Hôtel du Lac. Nel mattino di Natale gli orchestrali, dopo aver accordato gli strumenti nella cucina di casa Wagner, si sistemarono nella scala e, alle sette e mezza del mattino, cominciarono l'esecuzione diretti dal compositore stesso in vestaglia da camera.
Cosima scriverà nel suo diario:

«Non posso raccontarvi niente di questa giornata, bambini miei, niente riguardo ai miei sentimenti, niente riguardo al mio stato d'animo, niente, niente. Posso solo informarvi, chiaramente e semplicemente, di cosa è successo. Quando mi sono svegliata ho sentito un suono che cresceva d'intensità, e non mi sembrava più di sognare, la musica mi avvolgeva, e che musica! Al termine, Richard mi raggiunse insieme ai nostri cinque figli e mise fra le mie mani la partitura del suo "regalo sinfonico di compleanno". Ero in lacrime, ma lo era anche il capofamiglia: Richard aveva disposto l'orchestra nelle scale e così aveva consacrato la nostra Tribschen per sempre!  - così era intitolata la composizione [...]»


Qui sotto, "L'idillio di Sigfrido" diretta da Herbert von Karajan 
 


Dopo il risveglio e la colazione, l'orchestra eseguì nuovamente l'Idillio, seguito dalla marcia nuziale del Lohengrin e dal settimino di Beethoven, concludendo con una terza esecuzione dell'Idillio.
Un episodio tanto emozionante per la donna che finalmente poteva vivere pienamente e alla luce del sole la relazione col compositore, circondata dall'affetto dei figli e del marito; una scena immortalata anche dal regista Luchino Visconti nel suo capolavoro "Ludwig" (qui sotto in foto)


Cosima e Richard in una fotografia del 1872 ca.

giovedì 15 novembre 2018

Rituale delle "tre bussate" nei funerali degli Asburgo


Scena del funerale di Rodolfo d'Asburgo dal fiction "Il destino di un principe" diretto da Robert Dornhelm nel 2006. 
Qui si mostra la "cerimonia delle tre bussate" che si crede tradizionale dei funerali della famiglia imperiale d'Austria. 



In realtà, secondo quanto riportato dalla direzione della Cripta dei Cappuccini di Vienna, tale riturale è quello che potremmo definire un "falso storico": nella cronaca dell'epoca, come avrete potuto notare, non v'è traccia di questa usanza e, per quanto il Corti lo riporti nella sua biografia su Sissi, nei giornali del tempo non si fa menzione del rituale neppure al funerale di Rodolfo o a quello di Francesco Giuseppe. Anche dalla Cripta dei Cappuccini, così come scritto in diversi articoli austriaci, ci viene detto che il rituale venne creato ex-novo per il funerale dell'ultima imperatrice d'Austria, Zita di Borbone-Parma, che venne tumulata nella tomba della famiglia nel 1989. Qui il rituale: La stessa cerimonia venne fatta per Otto d'Asburgo, figlio di Zita, arciduca ereditario d'Austria-Ungheria, morto nel 2011: 



Ciononostante, l' Illustrierte Kronen Zeitung del 1° dicembre 1916, in occasione del funerale di Francesco Giuseppe ci dice che: 
"L'imperatrice Anna fondò il monastero e la cripta nel 1617, ma la maggior parte delle usanze furono introdotte per la prima volta dall'imperatrice Eleonora Magdalena Teresa, moglie di Leopoldo I, che morì nel 1720. Quando il corteo funebre con la bara si avvicinò al cancello di ferro che chiudeva le tombe in fondo alle scale, il Gran Maestro della Corte dovette bussare alla porta della cripta e chiederne l'ammissione. Senza aprire, dall'interno della cripta, il Padre Guardiano chiese: "Chi c'è?" "Sua Maestà, l'imperatore più imperiale... " rispose l'Obersthofmeister da fuori. "Ignosco, non lo conosco!" rispose il Guardiano. Di nuovo, il Gran Maestro della Corte bussò e alla rinnovata domanda su chi fosse, egli invocò i titoli e le onorificenze del principe che veniva portato nella tomba. "Ignosco, non lo conosco!" fu la fredda e secca risposta. Per la terza volta l'Obersthofmeister bussò e per la terza volta dalla cripta chiusa giunse nuovamente la domanda. "Un peccatore... " risponde il Gran Maestro della Corte, "... nostro fratello..." Solo allora il cancello si aprì. Nella cripta, la bara fu riaperta e il Gran Maestro della Corte mostrò il cadaveri ai monaci dell'ordine presenti. Il Padre Guardiano lesse il titolo e il nome del defunto da una pergamena già pronta, e quindi pose il rotolo nella bara ai piedi del cadavere. Consegnò una copia del rotolo al maggiordomo, un'altra fu tenuta a Corte e una terza venne consegnata ai monaci di Sant'Agostino. Poi la bara fu chiusa, le due serrature della bara chiuse a chiave e una delle due chiavi venne consegnata al Padre Guardiano dal Gran Maestro della Corte Queste cerimonie medievali, come ci hanno detto gli iniziati, sono state richiamate nel corso del tempo e non furono più osservate dai funerali dell'imperatore Giuseppe II, sebbene i singoli trattati di quel tempo ne parlino ancora. Per inciso, l'origine di queste usanze può essere trovata in Spagna, e l'imperatrice Eleonora [di Gonzaga, sovrana del Sacro Romano Impero, arciduchessa d'Austria, regina d'Ungheria e Boemia, come moglie di Ferdinando II], in particolare, sembra avesse adottato tal modesto modo d'entrare nella tomba con disposizioni simili del tempo di Carlo V." 

Comunque mi pare sia una cerimonia molto toccante, evocativa e solenne. Prima di entrare in chiesa, il maestro del cerimoniale che precede la bara, bussa per tre volte alla porta chiusa della casa del Signore. Dentro, il Padre Guardiano chiede chi sia e dal di fuori si elencano tutti (ma proprio tutti!) i titoli nobiliari del defunto ai quali il prete risponde di non conoscere nessuno in quel modo; allora il maestro del cerimoniale bussa di nuovo e il sacerdote ridomanda chi sia, al che dall'esterno rispondono con il titolo nobiliare principale del defunto, cui il Padre Guardiano risponde di non conoscere la persona che vuole entrare. In ultimo tempo, il maestro del cerimoniale bussa per una terza volta e alla domanda "Chi vuole entrare?" si risponde "Sono ..., un umile povero peccatore" al che le porte del Chiesa dei Cappuccini vengono aperte e il feretro può finalmente entrare. Nella morte noi umani siamo tutti uguali; con e senza titoli. Lo sfondo di questa cerimonia è la convinzione cristiana che l'uomo non può andare davanti a Dio con titoli e onorificenze ereditati, nemmeno con alte cariche nobiliari e le decorazioni: solo la fede e le buone opere di fede che un uomo ha compiuto nella sua vita, contano davanti a Dio.


giovedì 1 novembre 2018

Otto d'Asburgo-Lorena: un altro Asburgo scandaloso


Ricordiamo oggi l’anniversario della morte di quel perdigiorno dell’arciduca Ottone d’Asburgo-Lorena, figlio di Carlo Ludovico (fratello dell’imperatore Francesco Giuseppe), nonché fratello dell’erede al trono Francesco Ferdinando e padre dell'imperatore Carlo I, avvenuta a Vienna il 1° novembre 1906. 

L'arciduca Otto, detto "Bolla", è considerato uno degli Asburgo più scandalosi. 
La sua vita è iniziata come una classica biografia asburgica: venne al mondo il 21 aprile 1865 a Graz, da una famiglia rigidamente cattolica, quale secondo figlio di Carlo Ludovico e della sua seconda moglie Maria Annunziata di Borbone. Il principe è descritto come amichevole e cordiale, in contrasto con suo fratello maggiore Francesco Ferdinando d'indole riservata e seria, per quanto assai geloso del fratello minore. 
Otto, come previsto per i figli della dinastia, fu ben presto avviato alla tipica carriera da ufficiale per quanto fin da bambino dichiarò tranquillamente di non essere affatto interessato alla carriera militare - piuttosto giocava spesso cattivi scherzi ai suoi insegnanti. Tuttavia, fu sempre molto benvisto dalla famiglia, ed era pure molto più popolare di suo fratello, perché aveva una natura allegra, amabile e socievole. 
Crescendo divenne un uomo molto bello che gli valse l’appellativo di schöne Erzherzog, il bell’arciduca.


Nel 1886, su pressione della famiglia, sposò Maria Josefa (1867-1944), figlia del re sassone Giorgio e dell'Infanta Maria Anna del Portogallo. La sposa era estremamente religiosa e quindi considerata adattata alle convenzioni della Corte. Dal matrimonio nacquero due figli: il futuro imperatore Carlo (1887-1922) e un altro figlio Massimiliano Eugenio (1895-1952). 

Tuttavia, l'arciduca era un bon vivant e amava le allegre e scanzonate compagnie. Fu protagonista di numerosi scandali per via del suo stile di vita dissoluto che provocò grande indignazione nel pubblico, ma anche nella famiglia imperiale. Fra questi si ricordano due episodi che fecero storcere il naso a tutta la Corte – ivi compresa la bigottissima figlia di Sissi, Maria Valeria, che ne parlerà anche nel suo diario: una volta, all’Hotel Sacher, durante un’orgia, il bell’arciduca, completamente ubriaco andò in giro in costume adamitico per i corridoi dell’albergo con solo i guanti bianchi, la spada e l'Ordine del Toson d'Oro a coprire le sue nudità. Tra le sue braccia, si dice, la moglie dell'ambasciatore britannico… Immaginate!! Francesco Giuseppe, furioso, lo confinò per tre mesi in un monastero.
Un altro scandalo, che condusse pure ad un’inchiesta del Consiglio imperiale, fu quando in occasione di un funerale il bell’arciduca saltò col suo cavallo sopra alla bara del defunto, causando il diniego degli astanti!
Otto aveva fatto parlare di sé anche quando durante un banchetto nella sua guarnigione di Klagenfurt aveva gettato fuori dalla finestra i ritratti della coppia imperiale dopo averli usati per alcuni scherzi di pessimo gusto. L'imperatrice Elisabetta nel suo diario poetico scrisse proprio una poesia intitolata "Una storia vera" dedicata a questo episodio.
Una sera, invece, completamente ubriaco, insieme ad alcuni amici salì fino alla camera da letto della moglie per mostrar loro “una suora”, o "una santa"... Dipende dal libro che si legge! Fortunatamente un aiutante di campo, il conte Durkheim, evitò che l’uomo entrasse nella stanza insieme alla sua combriccola.


Come s’intuisce, il matrimonio dell’arciduca non doveva funzionare troppo bene, soprattutto per la disuguaglianza caratteriale dei due coniugi, e stava in piedi solo per proforma, dal momento che il divorzio non era possibile. Sicchè la coppia ebbe pochissimi contatti. Ciononostante, Otto rese la vita di sua moglie veramente un inferno. Ella trovò sostegno nella sua profonda religiosità, con la quale tentava di superare l’umiliazione derivata dagli scandali del marito. 
Otto ebbe anche innumerevoli relazioni extraconiugali dalle quali egli ebbe pure alcuni figli illegittimi, alcuni dei quali furono addirittura riconosciuti ufficialmente: un figlio (Alfred Joseph von Hortenau, 1892–1957) nacque dalla relazione con la ballerina Marie Schleinzer e una figlia (Hildegard von Hortenau) probabilmente dal legame di lunga data con la cantante d’operetta Louise Robinson.
La ballerina fu esiliata da Vienna per intervento di Francesco Giuseppe e fu fatta sposare a un suo vecchio spasimante, il medico ebreo Julius Cohn. Costui sì convertì al cattolicesimo e riconobbe come suoi i due bambini. In cambio ricevette il titolo di barone Von Hortenau, una rendita finanziaria e una villa.
Qui sotto una foto della ballerina e dei suoi due figli avuti con l'arciduca Otto:

 

Nelle sue innumerevoli avventure sessuali contrasse la sifilide... poteva esser diversamente? Forse Maria Josefa pregava proprio affinché quello scapestrato del marito avesse la giusta punizione divina. In assenza di cure mediche efficaci, in effetti questa malattia era una vera e propria condanna a morte, una malattia lunga e terribilmente invalidante. Le conseguenze dell'infezione furono così massicce che Otto che scomparve dal pubblico: il suo naso si deformò e doveva essere spesso sostituito con una protesi di gomma. La laringe si decompose e per questo motivo era pure difficile stargli vicino a causa dell'odore del tessuto in decomposizione. 
Otto trascorse dunque i suoi ultimi anni in isolamento forzato presso Villa Döblinger, assistito da "sorella Marta" dietro la quale si celava la sua ultima amante, Louise Robinson. 
Qui pare che l’uomo si sia ricongiunto a Dio. Oltre alle rare visite della moglie, l’arciduca veniva visitato regolarmente della matrigna, l’arciduchessa Maria Teresa, terza e ultima moglie del padre Carlo Ludovico. 
Il 41enne Otto fu liberato dalla sua sofferenza il 1° novembre 1906. Nonostante tutto, il suo corpo è sepolto nella cripta dei cappuccini di Vienna.

La vedova Maria Josefa uscì dall’ombra solo dopo la morte del coniuge e sopravvisse a lui per diversi anni. Dopo l’incoronazione di suo figlio Carlo, ella assunse il ruolo di orgogliosa madre imperiale, impegnata in ruoli di rappresentanza e in seguito nella cura dei feriti durante la prima guerra mondiale.
Dal momento che l'imperatore Francesco Giuseppe perse suo figlio Rodolfo nel 1889 e non ebbe altri figli maschi, il fratello Carlo Ludovico sarebbe divenuto sovrano d’Austria e Ungheria. Purtroppo però egli morì nel 1896 dopo un viaggio in Terra Santa: era talmente tanto pio e devoto che pare abbia bevuto l’acqua infetta del Giordano dalla quale contrasse la febbre tifoidea. 
Quando si paventò l’imminente morte dell’arciduca suo padre, Francesco Ferdinando divenne erede al trono ufficiale ma in quel frangente, gravemente affetto da una malattia polmonare tubercolare che lo obbligò ad un lungo soggiorno al Grand Hotel Mendelhof (oggi abbandonato) al Passo della Mendola (BZ), s’ipotizzò un’ipotetica successi di Otto al trono… cosa che per fortuna fu scongiurata da un buon recupero dell’effettivo pretendente.



giovedì 18 ottobre 2018

Sissi era anoressica? NO


Da diversi anni va avanti la teoria secondo la quale l’imperatrice Elisabetta sia stata anoressica. Tralasciando ciò che ciascuno di noi possa pensare soggettivamente, certo condizionati dalla teoria che (solamente) Brigitte Hamann mosse negli anni 70-80 con la sua ben nota biografia dedicata all’imperatrice, alla luce delle ricerche Storiche e delle attuali conoscenze, nonché dei documenti che sono giunti fino ai nostri giorni, possiamo ben smetterla di dire che Sisi sia stata anoressica. Certo, il mito dell’imperatrice anoressica fa sempre figo ed accentua l’aura mistica di quella sovrana anticonformista e moderna per il tempo, piena di contraddizioni, che viene messa a confronto col nostro secolo in cui l’anoressia e i disturbi dell’alimentazione sono quasi diventati una consuetudine.



Iniziamo innanzitutto col dire che la magrezza di Sisi era genetica
Basti guardare i ritratti fotografici del padre, dei fratelli e delle sorelle: fasci di nervi che ripercuotevano di certo la loro azione anche sul corpo, rendendoli TUTTI incredibilmente magri. Si notino nello specifico le fotografie del fratello Luigi o del fratello Carlo Teodoro, così come pure quelli di TUTTE le sorelle. Il fatto che Sisi fosse riuscita a raggiungere un vitino da vespa di 48-50 cm, dipendeva soprattutto da questo fatto. Se si osservano le fotografie delle sorelle di Sisi, in particolare Nenè e Mathilde, si può osservare un incredibile vitino da vespa che non era dunque prerogativa esclusiva della futura imperatrice d’Austria.

Ludovico Guglielmo (1831 – 1920)

Elena, detta Néné (1834-1890)
Carlo Teodoro, Gackel (1839-1909)
Maria Sofia (1841-1925)
Mathilde, detta Spatz (1843-1925)
Sofia Carlotta (1847-1897)

Sappiamo che Elisabetta si sviluppò molto lentamente e fin da bambina era piuttosto grossolana, con un faccino tondo da contadinella. La bellezza di casa era considerata Elena, pertanto la madre Ludovica ebbe a lamentarsi con le sorelle per il poco fascino che aveva la figlia Sisi - che fin dalla prima adolescenza si dedicava anima e corpo nell'attività fisica, cavalcando e facendo lunghe passeggiate in montagna. Prima che diventasse imperatrice, non risultano eccentricità in fatto di alimentazione. Sappiamo però che, con lo sviluppo, Sisi iniziò a manifestare tratti più femminili, quindi a sviluppare le naturali rotondità (ricordiamoci che Sisi portava quasi la 5a di seno!!). In questo frangente sicuramente l’imperatrice cominciò ad esser più attenta a ciò che mangiava, come tutte le ragazze, ma non si fa menzione di digiuni veri e propri. 
In questo periodo Sisi iniziò a manifestare i sintomi dell’anemia, riconducibili senza dubbio a sbalzi ormonali, come pure a problemi digestivi che la condizionarono fin dall'infanzia. Questi disturbi, così come la sua naturale predisposizione alla stipsi (probabilmente causata dall'impiego del corsetto troppo stretto), ne causarono probabilmente l’idropisia e il gonfiore cui l’imperatrice cercò di far fronte per tutta la vita con lo sport e con un’alimentazione che fosse sana. Probabilmente i reumi e l'idropisia erano dipesi da un'alimentazione che preferiva la carne ad altri alimenti più salutari. 

È certo ben documentabile che, quando diventò sovrana d’Austria, durante i pranzi di gala e i ricevimenti della famiglia imperiale, ella si nutrisse appena. In un certo qual modo, analizzando oggettivamente il carattere di Elisabetta, si può propendere nell'affermare che questo suo nutrirsi appena fosse in gran parte dipeso dalla sensazione di disagio che ella provava quando si trovava di fronte a gente totalmente sconosciuta. Questo perché, quando ella era invece in compagnia delle sue dame o della sua famiglia, mangiava anche con grande appetito. Ovviamente attribuiva grande importanza al suo vitino da vespa, che riusciva comunque a mantenere tale sia per una questione genetica, sia con la forsennata attività fisica cui si sottoponeva tutti i giorni (cavalcate, passeggiate, esercizi alle sbarre) con la quale tentava di placare i turbamenti interiori derivati dall’eredità dei Wittelsbach – attività fisica così totalizzante, che di certo si può considerare una sorta di nevrosi.


Sappiamo con assoluta certezza Storica, che Sua Maestà iniziava la giornata alle intorno alle 6 del mattino e che (nel privato!) faceva una RICCA colazione all'inglese intorno alle 8 bevendo tè, mangiando panini, frutta, carne di manzo, arrosto e vino rosso. Non di certo la colazione di una anoressica. Katrin Unterreiner, ex curatrice del Sisi-Museum, ha affrontato l'argomento in più occasioni fornendo anche le copie dei menu privati redatti dalla stessa imperatrice per le sue colazioni private: tutto lasciano intuire meno che fosse inappetente.

Elisabetta e Francesco Giuseppe insieme a colazione
nell'appartamento privato di Sissi, qui sotto


Il pasto principale della giornata aveva luogo alle ore 17 e in questo frangente l’imperatrice mangiava con piacere carne ipocalorica di selvaggina e pollame, inoltre erano di solito previste due minestre, verdura e frutta, mentre per finire c’era sempre un sorbetto o un gelato. Sappiamo pure che Elisabetta amava mangiare le ostriche e bere talvolta Asti spumante. Apprezzava molto un tipo di consommé ultracalorico che di solito si faceva servire prima di un’intensa attività fisica, preparato con vari tipi di carne fra cui manzo, pollo, capriolo e pernice. Esiste ancora oggi la leggenda metropolitana che racconta di un’Elisabetta che era solita bere succo di carne cruda che non corrisponde al vero! Questa diceria nacque da un’annotazione riportata sui registri secondo cui “ogni giorno viene consegnato negli appartamenti di Sua Maestà un cosciotto d’agnello crudo.” Il che vuol dire che la carne veniva portava direttamente nella cucina dell’imperatrice e lì preparata. Non vi è alcuna prova che dimostri che Sisi consumasse carne cruda. Questa leggenda viene smentita dal ricettario di Corte che sotto la voce “Succo di carne” riporta: “Si taglino a tocchetti due o tre libbre delle migliori carni, si frollino poi in una pressa argentata, si condiscano e si cuociano quindi come estratto”. Insomma, una sorta di sanguinaccio all'austriaca molto di moda al tempo, che in molte zone rurali d’Italia era ed è un piatto cucinato regolarmente (avete presente il sanguinaccio?). Anche in Polonia esiste un tipo di zuppa di sangue d’anatra (la cosiddetta Czernina).

Servizio da tavola dell'Hofburg

Era una donna che, stando alle testimonianze, aveva molto appetito e mangiava normalmente. Il fatto che a volte mangiasse esclusivamente del latte e poco altro, deriva dal fatto che la cena era sempre verso la “tarda sera” (alle 20 stavano già tutti a letto!) e, poiché non voleva abbuffarsi troppo onde evitare cattiva digestione (sovente causata anche dai bustini troppo stretti per i quali si ha necessità di mangiar poco ma più spesso), allora preferiva mangiar meno. Nondimeno, per i grandi pasti di famiglia o nei ricevimenti, erano previste pietanze ricche di grassi e di calorie, ai quali Elisabetta partecipava di rado e (ovviamente) controvoglia. Noi non faremmo altrettanto, pur non essendo anoressici? La tradizione alla Corte di Vienna, poi, era quella di ben 5 pasti al giorno, un fatto che era contrario ai principi di nutrizione di Elisabetta che si rifiutava di assumere una tale quantità di alimenti e preferiva mangiare solamente tre volte al giorno. Ciò diede vita al mito dell’imperatrice anoressica e che si nutriva poco esclusivamente per conservarsi il vitino da vespa!
Ma niente che possa confermare che Sisi fosse anoressica. A questo si aggiunga la resistenza di Elisabetta nello sport e la sua bellissima e folte chioma, lunga fino a terra, che basterebbero a smentire senza sé e senza ma tali supposizioni. Anche le sue poche fotografie, tralasciando il vitino da vespa, mostrano una donna in salute che non aveva alcun segno che potesse essere riconducibile ad un'anoressia invalidante.
Sappiamo però, così come racconta la sua ultima dama di compagnia, “quando ne aveva voglia era in grado di mangiare con grande appetito tutte le portate di una cena di gala” e che fosse pure particolarmente golosa di dolci così come invece confermerebbero le ricevute dei fornitori di Corte come le pasticcerie Demel o Gerstner.
Certo è, com’è noto, che soprattutto quando fu avanti con gli anni, in preda a stati depressivi particolarmente invalidanti, Elisabetta si nutrisse molto poco, ma in questo senso la cattiva alimentazione dipendeva più dal suo stato psicologico.

Rispetto a biografie di 35 (Hamann, che oggi é giudicata poco scientifica) o 25 anni fa (Avril), studi recenti e acquisizioni da parte del Sisi-Museum di Vienna, hanno portato alla conclusione che Elisabetta non soffrisse di anoressia, bensì di ortoressia, come scritto nell'ultimo libricino dedicato a Sisi ed edito dal Sisi-Museum, scritto dalla curatrice Olivia Lichtscheidl. L’ortoressia ben si sposerebbe con le abitudini alimentari dell’imperatrice Elisabetta, un disturbo alimentare per il quale chi ne soffre ha una vera e propria ossessione per il mangiar sano, per uno stile di vita salutare con il controllo quasi maniacale sul cibo e sugli orari, che spesso può ripercuotersi anche in maniera negativa sul soggetto. Nelle lettere di Francesco Giuseppe alla moglie, la informava sempre sull'orario in cui aveva mangiato, cosa a cui Sisi dava molta importanza e le diceva spesso "ho mangiato bene"; una cosa che ci fa supporre che anche l’imperatore avesse iniziato a soffrire di questa patologia. Elisabetta stessa, quand’era soddisfatta di un pasto, aveva l’abitudine di inviare il menù al marito e alla figlia Valeria, soprattutto quando c’era un piatto che poteva loro piacere. Quanto ai tanto decantati “edemi da fame” che si dice tanto afflissero l’imperatrice per via della sua anoressia, Olivia Lichtscheidl ci dice che probabilmente erano dei reumi.

Menu per un pranzo dell'Imperatrice
al Golf Hotel Kaiserin Elisabeth al lago di Starnberg

La sua ultima dama di compagnia, Irma Sztaray, nel suo memoriale ci dice che mangiasse parecchio ma al contempo di dice che Sua Maestà aveva l'abitudine di pesarsi tutti i giorni, più volte al giorno, annotando il suo peso su un libro apposito. A Vienna si sono conservate le numerose bilance di proprietà dell'imperatrice. Poiché fin dall'infanzia soffrì di gonfiori alle arti, certamente dipesi dall'eccessivo consumo di carne come pure dall'impiego del corsetto allacciato in maniera particolarmente stretta (che ne causava anche la stipsi), Elisabetta aveva maturato una sorta di "complesso" per il quale ella necessitava di prender nota di ogni variazione del suo peso e del suo girovita. 




lunedì 27 agosto 2018

Sulle tracce di Sissi a Linz

Durante il suo viaggio verso Vienna, in occasione del suo matrimonio, la principessa Elisabetta in Baviera toccò Passau e raggiunse la città di Linz.



La futura imperatrice d'Austria scese dal piroscafo "Austria" al molo che dal 1900 al 1921 portava il nome di "Elisabeth-Kai".




L'imperatore Francesco Giuseppe aveva viaggiato fin qui per incontrare la sua sposa - cosa che andava contro l'etichetta - e fu grande la sorpresa per la città di Linz che non s'aspettava l'arrivo di Sua Maestà. Una grande folla attendeva la futura imperatrice che proprio al molo, ov'era stato eretto un sontuoso catafalco riccamente addobbato, ricevette la sua corona da sposa e attese al discorso del sindaco Josef Dierzer, cavaliere della Valle del Traun. Da qui una trionfale processione condusse la futura sposa alla Landhaus di Linz, dove aristocrazia, funzionari, clero e una guardia d'onore aspettavano la sposa dell'imperatore. Lì la principessa Sissi firmò il suo primo documento in Austria rilevando il protettorato dell'Elisabeth-Kinderhospitals di Hall. 
In serata ebbe luogo la rappresentazione del "Die Rosen der Elisabeth" nel teatro di Linz mentre l'intera città era completamente illuminata da candele e torce, così come le montagne sulle quali erano stati accesi numerosi falò. Una lunga fiaccolata si portò fin davanti alla Landhaus ove la folla accorse festosa a salutare la futura imperatrice che era già esausta dai lunghi festeggiamenti. 
Sissi lasciò Linz l'indomani per raggiungere finalmente Vienna sempre via Danubio.



Ma cosa rimane di Sissi a Linz che vi soggiornò solo per una notte? 
Ebbene, sono assai poche le tracce dell'imperatrice nella città. Sappiamo comunque che la camera da letto di Elisabetta nella Landhaus, un tempo decorata con drappi blu e un tappeto con motivi di rose in onore della "Rosa della Baviera", esiste ancora ed è stata trasformata in una piccola sala riunioni che porta il nome di Elisabethzimmer. Al suo interno è appeso un ritratto dell'imperatrice.
L'edificio, però, non è accessibile al pubblico.




Rimane il busto che le venne tributato all'inizio del Novecento.
Il 21 aprile 1903, 49 anni dopo la prima visita nella città di Linz, venne inaugurato un monumento ad Elisabetta realizzato da Hans Rathausky e montato alla destra del portone sud della Landhaus.
Qui due fotografie dell'epoca.
La lastra di pietra di arenaria era di 4,5 x 2,5 metri, il busto realizzato dallo scultore col marmo proveniente dalle cave di Lasa in Trentino Alto Adige.

 

Il "Linzer Tagespost " scriverà nel giorno dell'inaugurazione: 
"Il monumento di Rathauskys ad Elisabetta è un'opera d'arte dal fascino intimo.
È pensato come una sorta di epigrafe, secondo il gusto del Rinascimento che ce ne ha lasciato un gran numero in modo esemplare.
Da un medaglione mezzo sporgente, si mostra il busto a grandezza naturale dell'Imperatrice come una sposa che s'irradia nella bellezza giovanile, un sorriso aggraziato s'apre intorno alla sua bocca, in ricche onde i bei capelli ricadono sulle spalle, ov'è inserita una rosa in fiore.
Il medaglione è circondato da una corona di rose.
A sinistra e a destra del piedistallo del busto si trovano due putti molto belli.
Quello di sinistra accanto allo stemma dell'Alta Austria reca con sé le ghirlande di rose per la decorazione del busto, la figura dell'angelo di destra è invece seduta. Una sfavillante fiamma sacrificale arde dietro di lei.
Un medaglione ovale sotto il gruppo è decorato con lo stemma della casa d'Austria e di Baviera.
Sotto sta l'iscrizione in lettere d'oro, che recita:

"In ricordo dell'indimenticabile
Imperatrice Elisabetta
Imp. Principessa in Baviera
la quale nel viaggio nuziale sul suolo d'Austria
entrò per la prima volta a Linz e il 21 aprile 1854
e dimorò in questa casa
In fedele omaggio
il consiglio regionale nell'arciducato d'Austria sull'Enns
1903"

Presenti all'inaugurazione vi erano i rappresentanti della famiglia imperiale, le arciduchesse Maria Valeria e Maria Cristina con i loro coniugi gli arciduchi Francesco Salvatore e Peter Ferdinand.
Nel 1938 l'epitema venne sfortunatamente distrutto, ma il busto dell'imperatrice di marmo bianco è stato conservato grazie all'iniziativa privata.
Si trova oggi nel vestibolo della "Steinernen Saal" nella Landhaus.



Quando l'imperatore tornò a Linz e esaminò il monumento, disse di aver detto allo spazio vuoto a sinistra dell'ingresso della casa di campagna: "Suppongo che una volta avrò il mio posto qui."



Francesco Giuseppe a Linz. Si noti il busto di Elisabetta a destra della porta: 









Dovette avere ragione - nonostante ci vollero alcuni anni per creare la controparte. Il 30 maggio 1937, l'arciduca Eugenio, fratello dell'imperatore Carlo I, svelò il monumento all'imperatore:


Il progetto del monumento era del professor Eduard Lorenz. La corona d'alloro e la doppia aquila in pietra arenaria sono state progettate dallo scultore Mayr. Il busto imperiale in marmo di Carrara è stato creato dallo scultore di Linz, Karl Podolak.
All'inaugurazione parteciparono anche alcuni membri dalla casa imperiale ancora presenti, nonostante la caduta della monarchia: l'arciduchessa Adelheid, figlia dell'imperatore Carlo I e dell'imperatrice Zita, l'arciduca Theodor Salvator, nipote di Sissi e Franz in quanto figlio dell'arciduca Francesco Salvatore e dell'arciduchessa Maria Valeria; Arciduchessa Maria Teresa, moglie dell'arciduca Teodoro Salvatore, nata Waldburg-Zeil-Trauchburg.
L'arciduca Eugenio posò sotto i due monumenti le corone dell'imperatrice Zita e dell'arciduca Ottone.  
Il monumento non dovette però durare a lungo: come quello dell'imperatrice Elisabetta, non si adattava all'epoca nazista e venne distrutto nel 1938. Il busto di Francesco Giuseppe, comunque, è stato conservato e recentemente riscoperto nell'archivio del museo.



Le finestre imperiali del Duomo di Linz





Al duomo di Linz esiste una vetrata poco nota realizzata in onore della famiglia imperiale d'Austria.
Il bozzetto per la finestra imperiale venne redatto prima dell'assassinio dell'erede al trono Francesco Ferdinando nel 1914, per volere dell'allora vescovo Hittmair, cui seguì la realizzazione vera e propria.



Nella parte superiore della finestra è visibile l'imperatore in preghiera Francesco Giuseppe.
Sulla sinistra c'è l'erede arciduca Franz Ferdinand che fu assassinato a Sarajevo.
Sulla destra c'è l'arciduca Carlo, che in seguito divenne l'ultimo imperatore austriaco.


Sotto a questa raffigurazione si possono vedere il ritratto dell'Imperatrice Elisabetta e altri membri della famiglia imperiale fra i quali si riconosce la seconda figlia di Sissi, Gisella.






Nella parte sottostante si vede invece il piroscafo col quale Sissi raggiunse Vienna:



venerdì 24 agosto 2018

Chiarimenti sul ritratto della piccola Sissi

Già dopo la morte dell'imperatrice Elisabetta, questo ritratto sottostante è sempre stato fatto passare per una raffigurazione della piccola principessa bavarese...


... che ha la sua variante in questo:



Fortunatamente, nel nostro secolo, internet ci viene incontro sempre - ovviamente se usato con oculatezza, attenzione e intelligenza - e grazie ad esso ho scoperto in realtà che questa raffigurazione canonica fa riferimento non alla birbante Sissi bambina, bensì ad un'immagine fantasiosa del pittore inglese Arthur John Elsley (1860 – 1952)


Chissà come mai, proprio quest'immagine fu scelta come ritratto ufficiale dell'imperatrice Sissi nelle cartoline commemorative prodotte dopo la sua morte.

Il primo ritratto ufficiale di Sissi è quello che la mostra appena nata, in una culla, circondata dalla madre Ludovica e dai fratelli Ludovico ed Elena. 



Cui segue una miniatura ufficiale di Sissi infante col fratello prediletto, Carlo Ludovico