lunedì 18 febbraio 2019

L'attentato all'Imperatore Francesco Giuseppe e la Votivkirche


Si ricorda oggi l'attentato subito da Francesco Giuseppe da parte di un indipendentista ungherese il 18 febbraio 1853.

All'ora di pranzo il giovane imperatore Francesco Giuseppe andava a fare una passeggiata sui bastioni di Vienna (abbattuti per costruire la Ringstrasse). Questa abitudine del monarca era già stata sorvegliata da tempo da János Libényi, un sarto di Csákvar vicino a Stuhlweissenburg in Ungheria. Il 18 febbraio 1853, ebbe l'opportunità di attaccare l'Asburgo in prossimità dei bastioni della Kärntnertor.


Quando l'Imperatore si sporse oltre il muro del bastione per guardare giù nel fossato, l'uomo trasse un coltello da cucina da sotto i vestiti, che egli aveva limato sui due lati per farne una sorta di pugnale; dunque con un balzo saltò verso Francesco Giuseppe. Fu fortunato poiché la lama scivolò sul robusto colletto della sua uniforme, lasciandolo con una piccola sanguinante sulla nuca. 


La lama conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna

Fu grazie al rapido intervento dell'aiutante di campo dell'imperatore, Maximilian O'Donnell, e la tempestiva azione del vicino macellaio viennese, Joseph Christian Ettenreich, che il malvivente venne rapidamente arrestato e il monarca poté essere salvato dal peggio. 
Già alle 16, solo poche ore dopo l'assalto al sovrano, venne pubblicata un'edizione supplementare della "Wiener Zeitung", in cui era descritta l'intera vicenda nonché l'annuncio che per "per la felice salvezza di Sua Maestà" alle 18 del pomeriggio era previsto un Te Deum nella cattedrale di Santo Stefano. Non c'è bisogno di scriverlo, ma è ovvio che la chiesa fosse gremitissima e già prima dell'inizio della funzione religiosa la gente si era assiepata in ogni dove. 
Lungo le strade tra l'Hofburg e la cattedrale, la guardia d'onore degli Asburgo aveva lasciato libero il passaggio per la famiglia imperiale che, applaudita dai viennesi con forti urla di "Vivat!", raggiunse il Te Deum.
Ci furono anche molti applausi al ritorno della famiglia imperiale, e dalle finestre, nelle quali erano stati posti busti o ritratti di Francesco Giuseppe, brillavano le luci più gioiose. Fino a tarda notte la gente continuò a festeggiare nelle strade di tutta Vienna e anche nel resto dell'Impero.
L'assassino venne giustiziato 8 giorni dopo l'episodio.

I due coraggiosi uomini che protessero l'imperatore, il conte O'Donnell e Josef Ettenreich, furono immortalati al memoriale di Heldenberg, in Bassa Austria, nel cui parco sono ospitati statue e busti di governanti austriaci, membri dell'esercito e personalità che ebbero un ruolo importante per l'Impero.



Il fratello dell'imperatore, l'arciduca Ferdinando Massimiliano, in seguito imperatore del Messico, iniziò una raccolta di fondi per costruire una chiesa commemorativa vicino al sito del tentato omicidio per ringraziare Dio per la sopravvivenza di Francesco Giuseppe. La chiesa doveva essere eretta come dono votivo (dono di ringraziamento) dai popoli della monarchia per la salvezza del monarca: 300.000 cittadini risposero alla richiesta di donazioni. 
Nel 1856, l'architetto Heinrich von Ferstel iniziò la costruzione della chiesa in stile neogotico utilizzando l'arenaria bianca, simile alla Cattedrale di Santo Stefano (Stephansdom).



La cosiddetta Votivkirche fu completata ventisei anni dopo e la consacrazione della chiesa avvenne il 24 aprile 1879 in occasione del giubileo d'argento delle nozze dell'imperatore Francesco Giuseppe e di sua moglie, l'imperatrice Elisabetta. Massimiliano non riuscì a vederla completata poiché sarà giustiziato dai rivoltosi messicani nel 1867.






La chiesa fu gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale e da allora è stata teatro di costanti lavori di restauro. L'arenaria bianca deve essere costantemente rinnovata e protetta da possibili ulteriori danni ambientali.




sabato 16 febbraio 2019

La leggenda che Sissi vestì sempre e solo di nero


Ma davvero l'imperatrice Elisabetta vestì sempre di nero dopo la morte del figlio Rodolfo? 
Non del tutto...

La storia della sovrana vestita esclusivamente a lutto non è propriamente corretta. Ormai da anni, se non da un secolo, si racconta di questa imperatrice totalmente infelice che, affranta dalla morte del figlio Rodolfo, così simile a lei nel carattere, continuò a vestire in gramaglie fino alla fine dei suoi giorni. Ma combacia davvero con la realtà? In parte sì, nel senso che bisogna contestualizzare il lutto della sovrana. 
Nel XIX secolo, infatti, le usanze per un lutto erano assai differenti rispetto a quelle di oggi, addirittura già diverse rispetto a quelle di inizio Novecento. 
Tralasciando i vari rituali - come ad esempio l'esposizione della salma per più giorni, addirittura le fotografie post-mortem tipiche della tradizione vittoriana, ma anche solamente le "finestrelle" aperte sul coperchio della bara per far vedere il volto del caro estinto...  che già basterebbero per far drizzare i capelli in testa - sappiamo che il vestire in gramaglie fosse un’usanza assai comune e il lutto era considerato "parte della vita". 
Esattamente come per altri aspetti della vita, anche il lutto era disciplinato da regole ben precise: la sua durata dipendeva dalla relazione con il defunto, tant’è che le vedove vestivano di nero completo per due anni, mentre gli altri componenti della famiglia portavano il nero rispettivamente i genitori per un anno, nonni e fratelli sei mesi, per zie e zii due mesi e così via… 
In questo periodo non vi doveva essere alcun sgarro alla regola e tutti dovevano vestire di nero continuativamente; in questo senso, nessuno poteva più partecipare ad eventi sociali per tutto quell'arco di tempo, o per periodi più brevi di 6-12 mesi. Va anche considerato l’alto rispetto e l’alta educazione del tempo: una donna in gramaglie non sarebbe mai stata importunata da chicchessia.
Anche numerose riviste di moda dell'epoca, ulteriormente, riportavano articoli sull'importanza del rispetto delle regole per le gramaglie. Nella rivista „Der Bazar" del 10 agosto 1891, ad esempio, si ritrova scritto che il lutto "[...] protegge la vittima dal contatto spericolato con il mondo esterno, di erigere una barriera tra loro e gli astanti [...]"

Anche alla rigida Corte di Vienna esisteva un cerimoniale che regolamentava i rituali da eseguire in caso di lutto. Tale periodo era diviso in tre fasi: il lutto profondo, il semplice lutto e il cosiddetto Austrauern – la terza fase che conduceva alla fine del periodo. 
In linea generale, in caso di morte di un sovrano, anche la popolazione dell’Impero era obbligata a tenere il lutto mediante fasce o abiti scuri per una durata di circa 3-6 mesi. 
In seno alla famiglia imperiale, invece, le regole erano quelli di cui sopra. In generale, la servitù indossava fasce o polsini neri così come per i corpi militari.
La morte di un parente era mostrata esternamente per mezzo dell'abbigliamento e nell'aspetto: la semplicità, il rigore e il totale abbandono dei colori erano un regola comune anche a Vienna.

Due ritratti di Elisabetta vestita di nero:





Il tema della morte e del dolore copre un'area importante nella vita dell'imperatrice. Un'area che ha contribuito in modo significativo alla formazione del mito. 
Ella aveva dovuto fare i conti con la morte fin dalla sua adolescenza e condusse alla tomba molti suoi parenti, alcuni dei quali, compreso anche il suo poeta preferito Heinrich Heine, cercò di invocare mediante spiritismo secondo la moda del tempo… dunque non era strana solo lei.
Accompagnò alla tomba anche due figli; nel caso specifico la figlia primogenita Sofia morì all'età di due anni a causa della dissenteria, proprio tra le braccia di sua madre: in risposta a questo dramma mortale, l’imperatrice aveva preso le distanze dagli altri due figli, Gisella e Rodolfo. La reazione dell'imperatrice a questo primo colpo fatale è dunque, almeno secondo il mio punto di vista, assai comprensibile.  Una specie di auto protezione. La distanza dalla propria prole vivente è dunque, in quest'ottica, giustificabile.
Affidò dunque i bambini alle cure di sua zia e suocera, l'arciduchessa Sofia che sapeva essere una nonna amorevole e che voleva sempre prendersi cura dei propri nipoti. 

Ritratto della primogenita dell'Imperatrice sul letto di morte.
Acquerello su carta, Barabäs Miklos, 1857

Quindici mesi dopo la morte della figlia, Elisabetta diede alla luce il tanto atteso principe ereditario Rodolfo. Egli aveva cercato invano l'amore della madre, così distante, preda di angosce ed inquietudini che cercava di fronteggiare con la fuga e con i lunghi viaggi per l'Europa. 
Solo una volta l'imperatrice intervenne con veemenza e con grandi conseguenze nella sua vita: quando era tormentato da un educatore assolutamente inadatto e sadico. A quel tempo Elisabetta aveva inviato un ultimatum al marito con il quale ella sanciva, da quel momento in poi, la sua totale  libertà su ogni fronte, ma si assumeva anche la responsabilità della selezione degli insegnanti e dei tutori di suo figlio. Grazie a questa educazione impartitagli dalla madre, il principe ereditario crebbe con spirito liberale, cosmopolita e dunque... particolarmente  impopolare a Corte.
All'età di trent'anni, Rodolfo visse una profonda crisi personale. Aveva una grave depressione ed era in cattive condizioni di salute a causa della sua tossicodipendenza e della gonorrea. Nell'autunno del 1888, quando incontrò per la prima volta la sedicenne Maria Vetsera, il principe ereditario aveva trovato un'amante che era pronta a morire con lui. E così si arrivò alla tragedia di Mayerling.
Fu dopo il suicidio di Rodolfo, il principe ereditario, che Sissi cadde in una profonda depressione che la condusse ad errare in giro per l’Europa, Mater dolorosa questo il suo appellativo, fino a quando la sua vita tormentata non ebbe fine col suo assassini a Ginevra. 
In questo lungo periodo di 10 anni, si dice che vestisse solo di nero e si racconta che donò tutti i suoi abiti colorati e i gioielli alla famiglia. I gioielli furono sostituiti da quelli “da lutto”, secondo convenzione, tutti realizzati con pietre di colore scuro (come l’onice), evitando così l’oro e le pietre preziose. 


La curatrice del Sisi-Museum, Olivia Lichscheidl, con un collier d'onice dell'Imperatrice



Al Sisi-Museum di Vienna e a Schonbrunn, sono esposti molti bellissimi abiti neri dell’imperatrice, provenienti da lasciti dei discendenti della famiglia imperiale: la cosiddetta "roba nera" dell'imperatrice Elisabetta si compone di indumenti e accessori come ventagli, ombrelli, gioielli e fazzoletti che ci mostrano l'approccio personale di Sissi al dolore e alla perdita.


La cintura in moiree di seta nera realizzata a Parigi mostra il girovita incredibilmente sottile dell'Imperatrice di soli 51 cm. 
Elisabetta sottolineò per tutta la sua esistenza il suo fine  girovita attraverso l'utilizzo di alte cinture. 

Sempre la curatrice del Sisi-Museum con un ventaglio nero della sovrana

Abiti neri dell'Imperatrice Elisabetta. Il primo, di gala con lungo strascico in seta marezzata, è conservato al Museo delle Carrozze del Palazzo di Schonbrunn




Come la maggior parte dei vestiti dell'Imperatrice, anche questa qui sopra era composta da diverse parti: una gonna fatta di volant e spacchi con bordi in merletto a fuselli di colore nero, il top a collo alto con altri volant di pizzo e maniche a sbuffo. Ne faceva parte anche un mantello di velluto con rifiniture di perline e seta. Circa 1890.
Del completo nero da passeggio facevano parte anche dei mocassini marroni in pelle, con lacci e fibbie dorate, che non mostrano alcuna distinzione tra la scarpa sinistra e quella destra 
Questo abito proviene dal patrimonio personale della figlia più giovane dell'imperatrice, l'arciduchessa Maria Valeria.


Riproduzione d'un abito nero di Elisabetta al Sisi-Museum

Però… Però… Però… recenti acquisti da parte del Sisi-Museum rivelano che l’imperatrice non indossò esclusivamente il nero fino alla fine dei suoi giorni. In mezzo a tanti abiti e tanti oggetti di colore nero, se ne ritrovano molti del periodo 1889-1898 che sono completamente colorati, vestiti bianchi o di colori pastello, nonché azzurri o lilla provenienti dal lascito dell’imperatrice (di proprietà del genero, l’arciduca Francesco Salvatore) acquistato nel 2012 presso la casa d’aste Hermann Historica di Monaco di Baviera. 
Fra questi spiccano due abiti privati colorati, posteriori alla morte di Rodolfo, uno sui toni dell’azzurro e un altro sui toni del rosa, molto eleganti e alla moda, con maniche a sbuffo e inserti in merletto che ci suggeriscono di pensare che Elisabetta scegliesse di indossare il nero principalmente per le occasioni ufficiali, per una sorta di regola, ma non per eventi più intimi e famigliari. Si ricorda in questo senso il primo Natale dopo la morte del principe ereditario quando si presentò alla figlia e al genero in un abito color crema.







Viaggiando da sola e indossando un abito nero, la gente capiva immediatamente che quella donna solitaria fosse in lutto: così facendo si evitava inopportuni avvicinamenti - soprattutto da parte di uomini. Così poteva evitarsi anche qualsiasi visita d'obbligo o qualsiasi ricevimento da parte di nobili parenti o regnanti. Dunque un escamotage, o anche più semplicemente una predilezione il nero che la slanciava e le donava una grazia ed un'eleganza quasi eterea. 
Ciononostante, sappiamo da sporadiche cronache del tempo, che Sissi, anche dopo la morte del figlio, durante le sue vacanze per mari e monti, indossò anche in pubblico degli abiti colorati. Come ad esempio durante un viaggio ad Alicante in occasione del quale indossò un abito giallo!
Le foto che esistono di lei dopo il 1872, quando smise di farsi fotografare, ce la mostrano sempre come una silhouette nera, in lontananza, sempre paparazzata da lontano in compagnia del suo lettore di greco o delle sue dame di compagnia. Ma chi ce lo dice che l'abito fosse davvero nero? E se fosse stato blu? O violetto? O marrone? Verde scuro? Non lo sapremo mai...  
La leggenda che l'Imperatrice portò le gramaglie fino alla fine dei suoi giorni, è nata dunque per via degli articoli riferiti ad eventi ufficiali e che non facevano altro che narrare della sovrana vestita di nero; aneddoto in seguito ripreso dalle prime biografie agiografiche di inizio Novecento che volevano quasi santificarla - madre santa e tragica che rimase in lutto fino alla fine dei sui giorni. Dall'altro, le biografie che invece volevano solo criticarla facendola passare per pazza... stessa cosa che accadde con la regina Vittoria del Regno Unito che rimase in lutto per lunghissimi anni.

Oltretutto sappiamo che Monika Levay, moglie del compositore del famosissimo musical di successo sulla vita di Elisabetta d'Asutria, Sylvester Levay, nella sua ricchissima collezione di oggetti riguardanti la sovrana ha anche due suoi abiti colorati dell'ultimo decennio del XIX secolo esposti nel 2008 in una mostra tenutasi a Monaco di Baviera.





Altri abiti colorati dell'imperatrice, sempre degli anni '90 dell'Ottocento, sono stati battuti all'asta nel novembre 2019 dalla casa d'aste Hermann Historica di Monaco di Baviera. Il primo, per oltre 28.000€ , un bellissimo abito rosa estivo indossato dall'imperatrice per il suo Achilleion a Corfù come dimostra l'etichetta interna col monogramma coi delfini.





Il secondo, un corpetto del 1895 battuto all'asta per oltre 5000€, in seta color crema e gonfie maniche "a prosciutto". 
Un'etichetta in seta con il monogramma coronato "E" in ricamo azzurro, è cucito sul collo e testimonia l'appartenenza all'imperatrice d'Austria che sicuramente sceglieva colori tenuti e pastello per occasioni più intime e famigliari.




Un altro corpetto sempre da Hermann Historica, battuto all'asta per oltre 4000 €, appartenuto all'imperatrice, nuovamente in seta color crema. Dobbiamo dunque pensare che l'imperatrice amasse più rosa che il nero? Chissà...



E ancora, un altro corpetto dell'imperatrice da Hermann Historica. Qui oltre al nero, possiamo ammirare un bel contrasto di colori del panna della fodera e del colore azzurro degli inserti in seta.



Fra gli altri oggetti battuti all'asta se ne ritrovano anche numerosi altri legati all'imperatrice. Circa 19 lotti in totale che nell'insieme hanno raggiunto l'impressionante somma di oltre 315.000 euro, più di dodici volte i prezzi di catalogo di 25.000 euro.
I manufatti provenivano da fonti documentate e vennero scelti vari abiti dal suo elegante guardaroba, come un abito da cerimonia ottomano della seconda metà del XIX secolo, un ricordo del suo viaggio nel Vicino Oriente. Fra questi anche altre vestaglie estive da casa, colorate.



L'abito ottomano per donna della seconda metà del XIX secolo, souvenir dei suoi viaggi in Oriente, prezzo di partenza 1000 €, venduto per 42.000 €


Un altro abito ottomano per donna della seconda metà del XIX secolo, souvenir dei suoi viaggi in Oriente, prezzo di partenza 1200 €, venduto per 30.000 €



Un'altra vestaglia dell'imperatrice acquistata durante i suoi viaggi in Oriente, base d'asta 2000€, venduta per 3000€.


Dunque no, Sissi non vestì solo di nero dopo la morte del figlio. 



Qui sotto una bellissima fotografia di Romy Schneider nuovamente nei panni dell'Imperatrice Elisabetta, ovviamente vestita di nero, nel film "Ludwig" di Luchino Visconti.