domenica 21 aprile 2019

Le feste pasquali nella famiglia imperiale



Poche sono le informazioni in merito alle tradizioni in seno alla famiglia imperiale durante le feste di Pasqua. Ovviamente gli Asburgo erano rigidamente cattolici, pertanto le feste pasquali seguivano regole e consuetudini prescritte della religione; Francesco Giuseppe era stato cresciuto dalla madre Sofia con profonda reverenza verso il Signore e i Misteri del Cristianesimo. L'imperatrice Sisi, dal canto suo, aveva ricevuto un'educazione religiosa che si potrebbe definire meno "bigotta", pertanto la sua fede era sicuramente più vera e autentica per quanto, divenuta imperatrice, anch'essa dovette sottostare a regole e doveri che le spettavano di rango.

La Pasqua iniziava il mercoledì delle ceneri con la Quaresima, durante la quale erano prescritti - esattamente come nel caso dell'Avvento - pasti leggeri, dai quali era quasi totalmente bandita la carne.
In questa giornata, la famiglia imperiale partecipava alla Messa delle ceneri durante la quale il sacerdote spargeva un pizzico di cenere benedetta, ricavata secondo la consuetudine bruciando i rami d'ulivo benedetti nella Domenica delle palme dell'anno precedente, sul capo o sulla fronte sia della coppia imperiale che di tutti gli astanti, alfine di ricordare loro la caducità della vita terrena e per spronarli all'impegno penitenziale della Quaresima. 
Oltre alle altre numerose funzioni religiose, sappiamo con assoluta certezza che il Giovedì Santo (chiamato Gründonnerstag) l'Imperatore e l'Imperatrice d'Austria mettevano in atto la tradizionale lavanda dei piedi che aveva luogo all'interno della grande Sala delle Cerimonie dell'Hofburg di Vienna. Un gesto compiuto in segno di umiltà poiché la coppia imperiale s'inginocchiava tradizionalmente davanti a dei poveri anziani; Francesco Giuseppe lavava i piedi agli uomini mentre Sisi alle donne, come ben si vede nella prima immagine. Dodici poveri (come i dodici apostoli) venivano selezionati, sottoposti ad una visita medica e infine lavati a fondo e vestiti a nuovo con abiti di colore nero. Alla fine dell'evento, ognuno dei poveri ammessi alla Corte riceveva una borsa di pelle bianca contenente 30 monete d'argento oltre a brocche di vino e tazze di terracotta verde.



Tradizionalmente la famiglia imperiale partecipava poi a tutte le varie funzioni religiose che si tenevano dal Giovedì Santo alla domenica di Pasqua. Molte di queste funzioni avevano carattere strettamente privato ed avevano luogo nella Hofburgkapelle. Una più grande Messa veniva invece celebrata nel Duomo di Santo Stefano, alla quale la famiglia imperiale partecipava recandovisi a piedi dall'Hofburg mediante una lunga e sontuosa processione, ovviamente per la gioia del pubblico presente che aveva così modo d'ammirare la bella imperatrice. Qui sotto una xilografia del 1880 che raffigura il corteo in Franzensplatz.


E' lecito credere che la famiglia imperiale rispettasse tutti i giorni di magro, i giorni di digiuno previsti della Cristianesimo. Il Venerdì Santo era tradizionalmente il giorno di digiuno e Sissi e Franz rispettavano rigorosamente questa tradizione. Venivano dunque serviti piatti a base di pesce, nonché altri cibi tradizionali del periodo e della zona come zuppe o Buchteln o il pane chiamato Osterpinze (o Görzer Pinze). 
Il Sabato Santo la Chiesa attende la risurrezione di Cristo con preghiera e digiuno, pertanto anche in questo caso la tradizione prevedeva una giornata di magro e varie funzioni religiose che di solito avevano luogo la mattina presto, all'ora di pranzo e in seguito per il vespro.

La domenica di Pasqua, dopo la tradizionale Messa, aveva luogo una ricca colazione, seguita nuovamente da una funzione religiosa (talvolta, come detto, al Duomo) seguita da un piccolo pranzo en famille negli appartamenti privati dell'Imperatrice e più precisamente nell'ala del cosiddetto "Appartamento di Alessandro" del quale faceva parte un'anticamera e una grossa sala da pranzo, esattamente come avveniva per Natale.



Almeno per buona parte del XIX secolo in Austria non esisteva l'usanza di scambiarsi uova di cioccolato, piuttosto uova vere e decorate a mano che potevano essere utilizzate come decorazione per i vari ambienti della casa. All'uovo era affidato il "compito" di ricordare la risurrezione di Gesù nella domenica di Pasqua. 
Non so se esistesse già l'usanza di realizzare l'albero pasquale, ma credo di no poiché non ne ritrovo alcuna menzione. Di certo la famiglia imperiale si scambiava doni più o meno preziosi, come accadeva in occasione del Natale.
Di certo la famiglia imperiale, soprattutto nella seconda metà dell'Ottocento, aveva l'abitudine di scambiarsi i tradizionali bigliettini d'auguri sui quali, anziché la gallinella pasquale, si trovavano coniglietti e lepri da sempre considerati animali pasquali per eccellenza - almeno in Austria e Germania. Agnelli, galli e galline, arrivarono all'inizio del Novecento ovviamente legati a significati e simboli sacri e profani di Redenzione, Risurrezione e sacrificio.

Mentre l'Imperatore continuò ad assolvere ai suoi doveri istituzionali nel periodo di Pasqua, quando il principe ereditario Rodolfo morì, Sisi smise di partecipare a questi eventi pubblici preferendo vivere quei giorni in modo strettamente privato, pregando per la salvezza e la redenzione dell'anima di suoi figlio. Ciononostante, per quanto ella divenne poi un'imperatrice errante, durante i suoi lunghi periodi di lontananza da Vienna e Monaco (dove viveva Gisella) inviava sempre bigliettini e doni ai figli e ai numerosi nipoti; l'imperatore partecipava invece ai pranzi e alle cene dalle figlie Maria Valeria e Gisella, portando numerosi doni ai nipoti che amavano tanto quel nonnino coi grossi favoriti bianchi. L'immagine qui sotto ci mostra l'Imperatore che porge i doni ai nipoti nel parco del castello di Wallsee, sullo sfondo i genitori dei bambini, Maria Valeria e Francesco Salvatore (circa 1910).


martedì 9 aprile 2019

Gli Asburgo alla Cascata della Marmore - Maria Luigia di Parma e gli altri pt.2



Maria Luigia e i viaggi 

Prima di arrivare a Parma, Maria Luigia non era mai stata in Italia ma era comunque una grande viaggiatrice e nella sua vita aveva visitato moltissimi luoghi d'Europa, principalmente località termali com'era consuetudine dell'epoca, ritrovo di nobili e regnati. Ciononostante ella era una donna molto ripetitiva e metodica, poiché si recò sempre negli stessi alberghi, nelle stesse città, nelle stesse stazioni termali; i viaggi erano sempre standardizzati poiché seguivano sempre gli stessi itinerari e comuni esecuzioni, svolgendosi con ripetute solenni accoglienze, con l'innalzamento delle cosiddette "architetture effimere" (es. gli archi di trionfo di carta, creati la mattina e smantellati la sera, terribilmente kitsch), ricevimenti dei dignitari e dei nobili locali, visita alle zone culturalmente interessanti nei dintorni e così via. Tutto questo si ripeteva ogni volta, ad ogni viaggio. Immaginiamo dunque quanto potessero essere estenuanti e del perché, soprattutto, l'imperatrice Sissi, qualche anno più tardi, preferisse non concedersi come invece facevano altre sovrane e altre nobildonne cui erano riservati simili accoglienze trionfali.
Tutti gli spostamenti di Maria Luigia, esattamente come Sissi, erano programmati per tempo, affinché tutto fosse improntato a regola d'arte, ordinati da documenti cosiddetti "Itinerari di viaggio", gestiti in maniera puntigliosa e precisa, all'austriaca come detto simpaticamente la dott.ssa Francesca Sandrini del Museo Glauco Lombardi durante la conferenza tenutasi al Museo Eroli di Narni il 29 marzo.
Maria Luigia viaggiava sotto lo pseudonimo di contessa di Colorno, un nome adottato già dal 1814, e ogni suo spostamento era diviso in servizi, ovvero in partenze scaglionate nelle quali i guardarobieri erano i primi a mettersi in viaggio, spesso di notte, mentre Maria Luigia era l'ultima del servizio che partiva, di modo tale che quand'ella sarebbe giunta a destinazione, avrebbe trovato tutto ciò di cui aveva bisogno.
Quando la comitiva ducale partiva da Parma, non era mai composta da poche persone, era anzi un vero e proprio corteo di persone tra le quali stavano camerieri, cuochi, parrucchieri personali, dame di compagnia per l'uno e l'altro, e così via.
I viaggi di Maria Luigia toccarono spesso Venezia o Firenze, ma anche Bad Ischl, residenza estiva della famiglia imperiale d'Austria. 


Maria Luigia alla Cascata delle Marmore 

Eccoci dunque a parlare del viaggio della duchessa di Parma a Terni!

Giovanni Battista Callegari - Ritratto di Maria Luigia duchessa di Parma

Il viaggio della duchessa di Parma , che quand'era imperatrice dei francesi si chiamava Maria Luisa prendendo poi il nome italianizzato di Maria Luigia quando divenne duchessa del Ducato di Piacenza, Parma e Guastalla, è da inserirsi in un'ottica certamente più ampia di un viaggio en famille tra Venezia e la Toscana: una riunione di famiglia che vide fra i protagonisti proprio l'imperatore Francesco con la sua quarta moglie e la figlia Maria Carolina.
Si ritrovarono a Firenze, dove Maria Luigia arrivò per la sua terza volta da Parma dopo esser transitata per Bologna. A Firenze ella si dedicò allo shopping recandosi, come sua abitudine fiorentina, presso i negozi di gioielli su Ponte Vecchio, di cui sono testimonianza i numerosi rendiconti conservati a Parma. A Firenze alloggerà presso Palazzo della Crocetta, mentre le altre volte dimorò nel bellissimo Palazzo Pitti.

Palazzo della Crocetta, via della Colonna, Firenze. Sede del Museo Archeologico Nazionale
Palazzo Pitti, la cui copia esatta si trova a Monaco di Baviera,
per l'esattezza l'ala Königsbau, voluta dallo zio di Sissi, re Ludovico I  

Durante questo breve soggiorno ella fu raggiunta dal padre imperatore, che per l'occasione viaggiava sotto il nome di duca di Mantova, dalla matrigna Carolina Carlotta e dalla sorella Maria Carolina, per i quali furono organizzati solenni spettacoli.
Nella città si ha la presenza di numerosi altri parenti di Maria Luigia come Antonio di Sassonia con la moglie Maria Teresa, l'arciduca Giuseppe palatino d'Ungheria fratello dell'imperatore, per una vera e propria réunion.

Antonio di Sassonia
Maria Teresa d'Asburgo Lorena
L'arciduca Giuseppe, palatino d'Ungheria
in una miniatura del 1815 ca.

Durante queste giornate a Firenze, la comitiva imperiale visitò le varie attrattive turistiche e le zone circostanti, muovendosi con estrema organizzazione, con una tale precisione che questa visita ebbe una grande risonanza, un grande rilievo. Si ebbero spettacoli pirotecnici cui la famiglia imperiale assistette con grande piacere, si visitò il centro con i bei palazzi antichi e il ponte di Santa Trita. Ci furono giornate estenuanti con ricevimenti di notabili, politici ed esponenti del clero, nonché l'arrivo di Metternich, primo ministro dell'imperatore Francesco I.
In tutto, fu un viaggio moderatamente "breve" di quasi due mesi, cui Maria Luigia era sicuramente abituata giacché ne fece di più lunghi, considerando ulteriormente che gli spostamenti in carrozza potevano addirittura durare giorni interi ricoprendo solamente pochi chilometri.
Di questo lungo viaggio non esistono però testimonianze, senza considerare ovviamente la scarna cronaca dell'epoca. Esiste un documento ufficiale che però indica esclusivamente le personalità che furono presentate a Maria Luigia; non esiste neppure corrispondenza privata, nonostante la duchessa fosse un'avida grafomane, che possa aiutare un'adeguata ricostruzione di quei giorni.

Da Firenze Maria Luigia si diresse in visita a Siena dove rimase solamente nei giorni del 29 e 30 marzo 1819, ritrovandosi con il padre Francesco che si stava recando a Roma con Antonio di Sassonia e il Metternich, dove si fermeranno solamente per una settimana per poi scendere verso Napoli.
Maria Luigia invece scenderà in Umbria passando per Perugia e Foligno, arrivando a Terni il 2 aprile 1819 insieme all'arciduca Palatino.
Fin da principio il viaggio doveva essere solamente a Venezia e lungo la Toscana, pertanto il viaggio in Umbria non era stato neppure messo in conto. Difatti nelle cronache del tempo si fa menzione solamente del viaggio degli Asburgo come di una breve vacanza a Venezia e in Toscana.
Martin Verstappen - Veduta delle Cascate di Terni
Probabilmente decise di andare a vedere la cascata delle Marmore, che da sempre è considerato il salto d'acqua più alto d'Europa, su suggerimento di qualche suo vicino che era stato in visita alla Caduta del Velino, oppure incuriosita dalle descrizioni poetiche che se ne facevano, così come pure dei numerosi dipinti che la raffiguravano. Del resto era tappa obbligatoria per i viaggiatori del Grand Tour e Maria Luigia era molto sensibile al discorso naturalistico, proprio come gli artisti del tempo. Amava molto la montagna e non si precludeva nulla, volendo vedere e scoprire tutte le beltà delle zone che visitava.
Ella non seguì il padre a Roma per alcuni ovvi motivi: innanzitutto era già incinta di quattro mesi del Neipperg, dunque una maternità illegittima poiché i due non erano ancora sposati, pertanto, oltre allo scandalo in sé, il viaggio verso Roma e Napoli sarebbe stato troppo lungo e faticoso per Maria Luigia; oltretutto Roma non era una città accogliente per la presenza di numerosi francesi.
Ciononostante, con lei viaggiava anche il suo amante, conte Neipperg, ma la sua partecipazione non è testimoniata dalle cronache del tempo che invece riportano solamente la presenza dell'arciduca Palatino d'Ungheria. La figura del Neipperg risultava certamente scandalosa per quel tempo.

La scoperta del viaggio di Maria Luigia d'Asburgo fu praticamente casuale poiché il nome della duchessa si trova nel "Registro dei Consigli - dal 15 dicembre 1817 al 19 dicembre 1826" di Terni, scritto su di un foglio  di carta, di colore diverso dalle altre pagine, aggiunto al grosso volume conservato nell'Archivio di Stato cittadino le cui foto, realizzate da Paolo Austeri Ottaviani, vi condivido qui sotto.
Su di un lato vi è riportato un lungo e dettagliato resoconto di viaggio della duchessa Maria Luigia, mentre sull'altro la venuta dell'imperatore qualche settimana più tardi, nonché la visita del 1825 del re del Regno di Napoli.

Questo è quanto scritto:
"A dì 2 Aprile 1819
Circa le ore 20 di questo giorno giunse in Terni proveniente dalla Toscana S.A.I. Maria Luisa Principessa d'Austria sotto nome di Contessa di Colorno*, in compagnia di S.A.I. l'Arciduca Palatino con il suo nobile seguito, e prese l'alloggio nell'albergo Reale del Moro. Questo arrivo fu preceduto da S.E. il Sig. Marchese Boschi Generale delle Poste Pontificie di Romagna.
S.E.Ill.ima Monsignor Adriano Fieschi Delegato Apostolico di questa provincia dell'Umbria che appostatamente si era da Spoleto trasferito in Temi si portò nel precitato albergo ove complimentò la detta Principessa cd Arciduca Palatino.
Dopo breve riposo li suddetti personaggi si portarono ad osservare la celebre Caduta del Velino nel fiume Nera conosciuta volgarmente sotto il nome di Cascata delle Marmore. Il casotto in detto luogo esistente fu chiuso con arazzi per impedire lo spruzzo delle acque. Fatte tutte le osservazioni sullo spettacolo della Cascata volle S.A.I. passare ad osservarla anche di prospetto nel sito detto Penna Rossa dalla parte di Valle. trapassando il fiume Nera sopra li scogli che formano un ponte formato dalla natura, motivo per cui il suo ritorno in città segui all'ora una mezza di notte 
(1).
La mattina del giorno tre S.A.I. l'Arciduca Palatino prese la via di Roma e S.A.I. Maria Luisa circa le ore 15 in compagnia del Sig. Generale Nieperg se ne parti nuovamente alla volta della Toscana. Tutto ciò è stato qui registrato per ogni buon fine, ed effetto, e perché resti a perpetua memoria, l'arrivo e permanenza fatta in questa città del li suddetti personaggi.
* La lodata Principessa è la consorte di Napoleone Bonaparte già Imperatore de' francesi ora ritenuto nell'isola di S. Elena.
Giacinto Bartoli segretario comunicativo
"
(1) Per essere più precisi, per vedere meglio la cascata da un'altra prospettiva, Maria Luigia e il suo seguito si recò dapprima verso Collestatte e poi alla Specola, al cosiddetto Casotto che dovette essere risistemato poiché danneggiato da un recente terremoto. Un giro particolarmente lungo per l'epoca, difatti la nobile ospite ritornò a Terni a notte fonda!



Il Registro conservato nell'Archivio di Stato di Terni
foto: Paolo Austeri Ottaviani

Anche nel libro "L'Ottocento a Terni" di Dario Ottaviani, si ritrova questo accenno al viaggio di Maria Luigia:
"Il 2 aprile 1819 alle ore 20 giunge dalla Toscana S. A. Maria Luisa principessa d'Austria sotto il nome di contessa di Colorno in compagnia dell'Arciduca palatino e prese alloggio all'Albergo del Moro. Mons. Adriano Fieschi, delegato apostolico dell'Umbria, la condusse alla Caduta del Velino, conosciuta volgarmente come Cascata delle Marmore, poi l'osservo' in notturna da Pennarossa passando per il Ponte del Toro. La principessa e' la consorte di Napoleone ora detenuto nell'isola di S.Elena [...] La sera in onore dell'Ospite cantarono all'Accademia di canto Vittoria Smitt e sua figlia e il basso Bucciarelli di Trevi."

Si immagini dunque una città come Terni, con un tasso di povertà particolarmente elevato, che poteva vantare la presenza di simili personaggi a passeggio per le vie del centro e nei dintorni!
L'Albergo del Moro dove alloggiò Maria Luigia era localizzato in un palazzo che un tempo si trovava vicino all'odierna biblioteca, anticamente il Palazzo del Comune, che apparteneva alla ricchissima confraternita di San Nicandro cui i locatari dell'hotel dovevano pagare delle quote.
Questo era l'albergo più frequentato della città ed era spesso sempre pieno; gli ospiti più importanti erano ospitati talvolta anche dalle nobili famiglie locali - cosa che accadde con la successiva visita dell'Imperatore d'Austria. L'Albergo del Moro oggi non esiste più, sostituito da un modernissimo palazzo dove si trova la Profumeria Sergnese. Prima che fosse abbattuto, l'albergo aveva preso il nome di Hotel de l'Europe.

Il Palazzo del Comune alla fine dell'Ottocento. A destra si vede una porzione del vecchio albergo
L'Hotel de l'Europe al volgere del secolo XIX


Poco distante dal Moro, in via Garibaldi, esisteva anche un'altro albergo chiamato Osteria del Giglio cui Giuseppe Gioachino belli dedicò un sonetto romanesco intitolato "E se magna". Egli aveva sposato una ternana e visse per lungo tempo a Palazzo Fabrizi e al Vescovado.

L'albergo s'affacciava su quella che un tempo era la piazza principale della città e sulla quale si apriva anche l'antica chiesa di San Giovanni decollato costruita sul finire del 1500 su di una precedente basilica romana rinvenuta con i lavori di sbancamento per la realizzazione di un parcheggio sotterraneo sul retro. Il fatto che fosse stata costruita proprio lì, non è certo un caso poiché la piazza era anticamente il luogo d'intersezione tra il Cardo (via Cavour-via Garibaldi) e il Decumano (l'odierno Corso Vecchio), dove sorgeva dunque il foro del municipio romano Interamna.



All'inizio del Novecento venne distrutta poiché pericolante per realizzare l'attuale Palazzo delle Poste e per realizzare la "strada nuova" che collegasse il centro cittadino con la stazione ferroviaria che fino ad allora si trovava in aperta campagna. La caratteristica principale della chiesa era la grande cupola che sormontava l’edificio, ben visibile anche da Piedimonte.
La facciata che vide Maria Luisa non era di certo quella originale, poiché questa fu rimaneggiata verso la fine del ‘700, suddivisa in tre parti delimitate da paraste e cornici. Si accedeva all'edificio di culto attraverso un unico portale affiancato da due nicchie e vicino ad essa stava un'antica fontana monumentale, coeva, pittorescamente decorata con due sfingi in travertino che spruzzavano acqua dalla bocca, e un statua nel mezzo.


Anche questa bella fontana venne demolita per costruire il Palazzo delle Poste e le due sfingi furono portate all'interno del parco pubblico la Passeggiata per essere utilizzate come ornamento (affettuosamente chiamate dai ternani col nome di Zuccone); della chiesa originale non rimane pressoché null'altro, salvo alcuni elementi decorativi della facciata riutilizzati come basamento delle panchine di pietra sempre nei giardini pubblici.


La cosiddetta "Zuccona"
un tempo divenuta fontanella, gravemente vandalizzata e prontamente restaurata
grazie all'intervento dell'Associazione Terni Città Futura di Michele Rossi


Da Terni Maria Luigia si mosse l'indomani, transitando per Perugia e per il lago Trasimeno. Da qui giunse nuovamente a Firenze l'8 aprile e il 12 rientrò a Parma. Cinquantanove giorni di viaggio e d'assenza dal suo ducato!
Se ne ritrova menzione anche nel «Grazer Zeitung» del 26 aprile 1819 che riporta: "Granducato di Toscana - Sua Maestà l'arciduchessa Marie Luise, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla, tornò a Firenze via Arezzo il 6 aprile, dopo aver fatto un viaggio di piacere da Siena a Perugia e Terni."


L'imperatore d'Austria alla Cascata 

Due mesi più tardi, invece, seguendo le tracce della figlia, proveniente da Roma, sopraggiunse a Terni anche l'imperatore Francesco II accompagnato dalla moglie Carolina Carlotta di Baviera e dall'altra figlia, l'arciduchessa Maria Carolina. L'unione dell'imperatore con la principessa bavarese non portò nuovi figli alla Corte viennese, anzi sappiamo che Carolina Carlotta non era neppure particolarmente bella poiché in giovane età aveva contratto il vaiolo; il loro matrimonio avvenne, come da tradizione, esclusivamente per ragioni politiche.
Questi nuovi illustri visitatori imperiali, giunsero a Terni da Roma percorrendo la Via Flaminia. Molto probabilmente si fermarono anche a Narni dove fin dai tempi più antichi esisteva una stazione di posta per l'invio della corrispondenza privata o per il cambio di cavalli. L'albergo prendeva il nome di Albergo della Campana (durante l'Impero francese nell'Umbria meridionale, Hotel de la Cloche) e i registri che si sono conservati dimostrano il passaggio di personaggi illustri che facevano la Flaminia fino ad Ancona. L'albergo non è più in funzione, ma la struttura è ancora esistente, non modificata nel corso dei secoli, e si apre poco dopo la porta d'accesso alla paese.


A Terni la famiglia imperiale fu anticipata dall'arrivo di una parte dell'entourage che sicuramente conduceva da Roma parte del nobile bagaglio, prendendo alloggio presso il convento degli Agostiniani della città, situato vicino Palazzo Manassei e lasciando la città il giorno successivo alla volta della Toscana.
L'indomani, il giorno 7 giugno, giunse il duca Antonio di Sassonia, imperatore settantunenne, che prese anch'esso alloggio a Palazzo Manassei. L'8 arrivò a Terni anche sua moglie, Maria Teresa d'Austria sorella dell'Imperatore Francesco, che trovò alloggio nella stessa abitazione e che col marito si recò a vedere la Cascata delle Marmore, ascoltando poi la Messa nella chiesa di San Pietro di fianco a Palazzo Manassei. Suddetta chiesa è stata visitata nella mattina del 30 marzo durante la passeggiata nel centro cittadino guidata da Loretta Santini: un luogo sacro ricco di storia e di fascino,
il più antico della città poiché la sua fondazione risale addirittura al II secolo, poi ovviamente ampliata con l'arrivo degli Agostiniani del 1200 che lì vicino fondarono un convento; distrutta dai bombardamenti, durante i lavori di restauro (finanziati dai Manassei) vi sono stati scoperti dei bellissimi affreschi che erano stati intonacati e che nel loro stile anticipano di molto l'arte gotica!
Subito dopo la Messa il duca prese la via per il Santuario di Loreto, un'altra tappa dei viaggiatori del Grand Tour; a differenza del marito, Maria Teresa rimase a Terni e proseguì il suo viaggio l'indomani alla volta della Toscana dove avrebbe avuto luogo un'altra réunion.

Ritratto di Maria Carolina
di Johann Peter Krafft (1817)
Nel «Giornale Italiano» di quel periodo, si può leggere quanto segue: "[...] giovedì 10 del corrente [mese], alle ore sei della mattina S. A. I. e R. l’arciduchessa [Maria] Carolina partì alla volta di Terni per ivi attendere il suo augusto genitore.
Nella sera medesima le LL. MM. II. RR. AA. andarono a congedarsi da Sua Santità [il Papa], la quale già nell'antecedente sera erasi trasferita nei loro appartamenti per augurar loro un prospero viaggio. Gli ultimi colloquj fra Sua Santità e le LL. MM., come tutti i precedenti, furono contrassegnati dall'espressione scambievole del più affettuoso attaccamento. Jeri poi, 11 del corr., alle ore cinque della mattina, il fragore del cannone del forte S. Angelo, e quello dell'artiglieria collocata sul Monte Pincio, annunziarono la partenza da questa capitale delle prelodate MM. LL. dirette parimenti alla volta di Terni, donde si recheranno a vedere la cascata del Velino, detta delle Marmore. Proseguendo il loro viaggio passeranno a visitare il santuario di Assisi, progredendo quindi a Firenze per la via di Perugia ed Arezzo.
Le LL. MM. nel lasciare gli appartamenti del Quirinale furono accompagnate alle loro carrozze dall' Em. segretario di Stato, e dalle LL. EE. i monsignori maggiordomo e maestro di camera di Sua Santità. Tre battaglioni di truppa schierati in parata sulle piazze del Quirinale, del Popolo, e del Ponte Milvio , facevano ala nel passaggio degli augusti viaggiatori preceduti da uno scelto distaccamento di carabinieri a cavallo in grande uniforme.
Ritratto dell'Imperatore Francesco I
Circa 1820
Le MM. LL. furono accompagnate dai più prosperi augurj del popolo di Roma e dai sentimenti della più giusta generale ammirazione per la loro singolare pietà, per l'affabilità e clemenza delle loro maniere; per la particolare intelligenza ed interessamento da loro dimostrato nelle belle arti, ed in ogni genere di coltura, e per i tratti della più generosa munificenza con cui hanno segnalato il fausto avvenimento della loro venuta e dimora in Roma, lasciando di se in tutti i cuori ricordanza gratissima ed indelebile.”

Di questo viaggio se ne ha anticipo anche nella cronaca austriaca del tempo poiché nella «Preßburger Zeitung» del 1° giugno 1819 si può leggere quanto segue: "La partenza delle LL. MM. l'Imperatore e l'imperatrice d'Austria, insieme al Sua Altezza Imperiale l'Arciduchessa Caroline [...] è, come riportato in precedenza, fissata per il 31 [...] arrivando il 1° giugno a Roma. Qui si soffermano quattro giorni, e poi muoveranno il 6 a Terni, il 7 a Foligno, l'8 ad Arezzo, arrivando il 9 a Firenze."

Ritratto dell'Imperatrice Carolina Carlotta Augusta
Dunque, stando alla cronaca, la mattina del 10 giugno, festa del Corpus Domini, Maria Carolina, sorella di Maria Luigia, arrivò a Terni da sola prendendo alloggio presso Palazzo Manassei, anticipando l'arrivo dei suoi augusti genitori che invece arrivarono solamente l'indomani ricevendo un caloroso tributo dalla popolazione nonostante la pioggia.
Anch'essi trovarono alloggio presso Palazzo Manassei, sapientemente improntato per la venuta di questi illustri ospiti.
Ma perché tutti sempre in questa struttura e dove si trovava questo palazzo? 
Il Palazzo era di proprietà di una delle famiglie nobili di Terni - che avevano anche la loro cappella gentilizia nella chiesa di San Salvatore - e la sua ubicazione in pieno centro lo rendeva di certo fra i più comodi per questi illustri ospiti, spesso scelto proprio dal Comune poiché disponeva di molti spazi per ospitare folti entourage, nonché magnifiche e pregevoli sale decorate.
Esiste ancora oggi e si è potuto avere più dettagli su di esso grazie alla passeggiata alla scoperta dei luoghi che ospitarono gli Asburgo, condotta sapientemente da Loretta Santini.
Esso è posto dietro l'attuale Piazza Solferino e nell'omonima via; oggi privato fu eretto nel XVII secolo sulle case medievali della nobile famiglia e fu costruito secondo lo schema tipico delle abitazioni signorili con un ampio atrio per le carrozze, una corte interna con fontana in prospettiva dal portone. Al pian terreno c'erano i magazzini e le cucine, mentre le sale del primo e secondo piano erano adibite a piano nobile, particolarmente degne di nota per i bellissimi affreschi attribuiti a Girolamo Troppa. L'ultimo piano era invece destinato alla servitù. 
Come tutti i nobili dell'epoca, anche i Manassei cercavano le proprie origini nell'antichità e pensarono d'averle nei Tacito poiché la tradizione storiografica tramanda che proprio il loro palazzo sia stato costruito sulla casa dei Tacito, comunque un'abitazione d'epoca romana nella quale si ritrovò una statua del I secolo d.C. che la famiglia s'affrettò a modificare ponendogli una nuova testa e un nuovo basamento per ricondurre realmente i propri natali ai Tacito.
Al fine di rendere più confacente la dimora per l'imperatore, in accordo col Comune, si decise di abbattere la parete confinante al vicino convento degli Agostiniani per ampliare la struttura per poter ulteriormente ospitare servitori, segretari personali e dame di compagnia. Per tale scopo, la struttura fu ampliarla ancora di più provvedendo a realizzare un ponte di legno tra il convento e Palazzo Santucci (di proprietà del sindaco della città) dall'altra parte della strada, dove si trovavano pure le stalle e le rimesse per le carrozze della famiglia imperiale. Tutto questo per soli due giorni di permanenza!

Palazzo Manassei durante la passeggiata nel centro di Terni 
Le vecchie scuderie di Palazzo Manassei / Santucci


Il porticato del chiostro di Palazzo Manassei, un tempo Museo Archeologico
Una sala di Palazzo Manassei



Presso Palazzo Manassei, la famiglia imperiale fu accolta da Rosa Eroli, vedova di Francesco Manassei.
Di questo soggiorno si ha menzione in un documento dell'Archivio di Stato di Terni. 
"Dettaglio dell'arrivo e permanenza in Terni di Sua Maestà l'Imperatore di Germania Francesco Primo nel ritorno da Roma per restituirsi alla sua Residenza in Vienna.
Sua Maestà Francesco Primo Imperatore d'Austria in compagnia della Sua Angusta consorte
[Carolina] Carlotta di Baviera, e dell'Arciduchessa [Maria] Carolina di lui figlia, partendo da Roma per restituiti alla Capitale del suo Impero destinò di pernottare a Terni.
A tal oggetto dalla Suprema Segreteria di Stato furono date le opportune disposizioni per allestire in questa città un conveniente alloggio. Fu questo stabilito nel palazzo del Sig. Conte Paolano-Manassei, ma siccome il numeroso seguita di S. M. non poteva essere in esso totalmente alloggiato, si unirono il vicino Convento dè Padri Agostiniani detto di S. Pietro, ed il palazzo del Sig. Luigi Santucci, posto dirimpetto all'indicato convento. 
Nella Cappella domestica di casa Manassei fu aperta la comunicazione col convento, e da questo, mediante un ben'inteso arco di legname lavorato a tutta perfezione si passava a palazzo Santucci. Questi tre locali riuniti furono addobbati nella migliore maniera possibile. L'appartamento nobile del palazzo Manassei destinato per l'alloggio del LL.MM.II.RR.AA. era stato posto nel migliore posto non avendo risparmiata spesa, e fatica per così ridurlo la Nobil Donna Sig.ra Contessa Rosa Eroli Manassei madre del Lodato Sig. Conte Paolano. Le LL.MM.II. dovevano essere in questa città il giorno 7 giugno 1819, ma protratta in Roma la loro dimora, non vi giunsero che il giorno undici del medesimo mese che si dirà in appresso. Intanto il giorno cinque giugno giunse una divisione che faceva parte del convoglio imperiale, quale prese l'alloggio nell'indicato convento di San Pietro, e il giorno seguente partì alla volta della Toscana. Il giorno sette circa alle 23 proveniente da Roma giunse in Terni Sua Altezza il Duca Antonio di Sassonia consorte di sua S.A.I. Arciduchessa di Austria sorella di S.M.I. imperatore, e fu alloggiato nell'indicato palazzo Manassei. Il sullodato principe il giorno seguente di buon mattino portossi a vedere la meravigliosa Cadute delle Marmore e restituitosi in città circa alle ore 10 d'Italia, ascoltata la S. Messa nella chiesa di S. Pietro, proseguì il suo viaggio per andare alla visita del Santuario di Loreto. Lo stesso giorno otto giugno arrivò la prelodata S.A.I. consorte del prelodato Duca Antonio di Sassonia, col suo seguito quale fu alloggiata in detta casa Manassei. Anche questa principessa portossi ad osservare la Caduta delle Marmore e il giorno appresso 9 giugno, continuò il suo viaggio alla volta della Toscana. Il giorno 10 giugno Festa del Corpus Domini, arrivò S.A.I. l'Arciduchessa [Maria] Carolina figlia di sua S.M. l'Imperatore, questa col suo nobile seguito andò a smontare nell'indicato palazzo Manassei. Anticipò questa sua venuta a motivo che veniva travagliata da una febbre quartana." 

Il volume "L'ottocento a Terni" di Dario Ottaviani riporta dettagli maggiori in merito a questo soggiorno imperiale:

Carlo Labruzzi - La Cascata a Terni 
"[...] Alloggio' nel palazzo del signor cavalier conte Paolano Manassei e il seguito nel vicino Convento dei Padri Agostiniani di S. Pietro, e nel palazzo di Luigi Santucci sulla via Nazionale romana proprio di rimpetto all'indicato Convento. Armoniose bande. 14 carrettelle si portarono alla Caduta delle Marmore, alla Specola la banda di Spoleto, cicerone l'ingegnere e idrostatico Giuseppe Riccardi, a Terni cena, e popolo plaudente, che fece dimenticare la grande pioggia caduta il giorno precedente. La N. D. contessa Rosa Eroli-Manassei ebbe in dono da S. M l'Imperatrice un superbo anello contornato di grossi brillanti, il signor Luigi Santucci ebbe in dono dallo Imperatore una tabacchiera d'oro in compenso dell'incomodo avuto."

Non erano rari questi tipi di regali, un'usanza molto comune per i sovrani dell'epoca - come pure per l'imperatrice Sissi - che per omaggiare ospiti o guide si prodigavano in doni davvero preziosi. Ad ogni fine viaggio queste persone ricevevano tal genere di preziosi, gratifiche in denaro, anelli con monogrammi, croci e immancabili tabacchiere d'oro poiché tutti gli uomini del tempo fumavano. La famiglia imperiale, così come la duchessa di Parma, partiva con un carico di doni preziosi che avrebbe poi donato ai loro benefattori. Se qualcosa mancava, si provvedeva in loco con l'acquisto di oggetti preziosi. Maria Luigia, nello specifico, durante i suoi viaggi non voleva ricevere nessun omaggio, men che meno doni preziosi, poiché ogni qual volta ne riceveva era obbligata a ricambiare il gesto. Molti erano dunque quelli che se ne approfittavano!

La famiglia imperiale proseguì il viaggio verso Firenze, toccando Perugia ed Arezzo. A Perugia, dove si dovevano fermare solamente per pochi giorni, furono costretti a rimanere per un intero mese a causa d'una improvvisa malattia della figlia Maria Carolina. Si dice, come scritto in precedenza, che ella soffrisse di febbre quartana, in realtà la sorella di Maria Luigia soffriva di ricorrenti attacchi epilettici. Neppure particolarmente bella, con un volto tristemente caratterizzato dallo spiccato "prognatismo asburgico", per interessi politici venne data in sposa a Federico Augusto di Sassonia. Il loro matrimonio non fu particolarmente felice e la coppia non ebbe figli. Maria Carolina morirà giovanissima a soli 31 anni.
Per dovere di cronaca, dopo la morte della moglie, Federico Augusto si risposò con Maria Anna di Baviera, figlia del re Massimiliano di Baviera, dunque sorella della madre di Sissi e della madre di Francesco Giuseppe.

Il medico comprimario di Narni e accademico di Viterbo, Raffaele Liberali, dedicò all'Imperatore un suo componimento poetico in ottave, ispirato alla Cascata ed intitolato "La Caduta delle Marmore" - recitato con pathos dall'attore Stefano de Majo durante la conferenza al Museo Eroli di Narni.

La trovate intera al seguente link:
https://books.google.it/books?id=0WNdAAAAcAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false



Altri nobili visitatori alle Marmore 

Prima di loro, degna menzione merita anche il passaggio di Michele di Russia, fratello dello zar Alessandro I, che giunse a Terni nel maggio dello stesso anno, 1819. Se ne trova menzione nella "Gazzetta di Milano" e parimenti nel "Giornale Italiano" del 27 maggio 1819.
"STATO PONTIFICIO. Roma 19 maggio. [...] Sebbene tardi veniamo assicurati che la celebre Caduta delle Marmore di Terni fissò il genio di S. A. I. il principe Michele di Russia, recatovisi espressamente. Gli fu di scorta cola I'ingegnere pontificio sig. Giuseppe Riccardi, dal quale S. A. degnossi anche accettare la di lui elegante ed erudita descrizione di codesto raro e per varj titoli interessante spettacolo, non ha guari pubblicata. S. A. onorò il lodato autore sig. Riccardi col pregievole donativo di una tabacchiera d' oro."

Il 13 giugno 1819 giunse a Terni anche il Metternich. Alloggiò anche lui presso Palazzo Manassei e un superbo ballo in suo onore fu indetto presso il palazzo di Luigi Santucci, in carica come maire [sindaco] della città.

In ogni singolo evento viene spesso citato Giuseppe Riccardi quale guida di questi illustri ospiti.
Ma chi era costui?
Come spiegato da Christian Armadori nella conferenza tenutasi alla Biblioteca Comunale di Terni la mattina del 30 marzo scorso, il Riccardi fu una personalità autorevole a Terni, un importante personaggio dimenticato per il quale Armadori sollecita vivamente una riscoperta. Questo perché egli fu un benefattore, il primo a voler riscoprire scientificamente e storicamente la Storia di Terni, ponendo l'accento sul valore dei numerosissimi resti romani presenti nella città per i quali si fece strenuo difensore.
Egli fu il primo a scrivere una guida sulla città di Terni e sulla vicina Cascata delle Marmore che ebbe addirittura ben cinque edizioni, testo fondamentale per i primi viaggiatori che si recavano in visita alle Marmore e ai suoi dintorni ("Alli Signori viaggiatori nella Italia", com'è scritto nell'incipit della prima parte), utile guida consigliata ai viaggiatori dell'inizio dell'Ottocento e suggerita in molti libri dell'epoca, attuando in questo modo un vero e proprio piano di formazione turistica del territorio.
Trovate la guida "Ricerche istoriche e fisiche sulla caduta delle Marmore ed osservazioni sulle adjacenze di Terni" al seguente link so Google Libri:

https://books.google.it/books?id=MWpSAAAAcAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false


Secondo l'usanza del tempo, come scritto nel post precedente, su commissione del cavaliere Paolo Gazzoli, Riccardi disegnò un'arena per spettacoli vari, esibizioni equestri e corride che prenderà il nome di Arena Gazzoli. Ispirata alle antiche arene d'epoca romana - nello specifico a quella innalzata sopra le rovine del mausoleo di Augusto di Roma - quest'ampio spazio aveva addirittura una capienza di quattromila spettatori, dalla forma circolare, con 5 ordini di sedute e due ordini di palchi, con numerosi decori quali colonne in stile dorico. Modificato nel corso dei secoli, di questa arena non rimangono che sbiadite fotografie, poiché in essa fu ricavato l'attuale Cinema Politeama.
Nel 1819, egli riscoprì il cosiddetto Ponte del Toro a Marmore. Durante le sue lunghe ricerche per un nuovo canale d'irrigazione sul fiume Nera per il canale Cervino, Riccardi s'imbatté in un antico manufatto, un’opera idraulica romana datata dagli archeologi all'età di Augusto e collocata ai piedi di Papigno, a pochi passi dalla Cascata delle Marmore. Nel 1825 egli ne fece il primo rilievo e negli anni passati è stato opportunamente restaurato.
Nel 1828, addirittura, egli presentò un progetto di restauro del Ponte d'Augusto di Narni, che tuttavia non venne approvato poiché considerato troppo dispendioso per le casse del Comune.

Il ponte d'Augusto




Si conclude qui questo lungo excursus sulle visite degli Asburgo alla Cascata delle Marmore che spero possa esservi piaciuto e vi abbia stimolato esattamente come è successo con me. Perchè in fin dei conti si vive in luoghi dei quali non si conosce la Storia, ignorando totalmente quelle che sono le nozioni storiche, i personaggio principali, le testimonianze e i resti di epoche passate che, pur non sapendolo, fecero grandi i nostri paesi e le nostre città, talvolta anche le più sconosciute. 
Sì perchè, per quanto anch'io sapessi dei vari artisti del XIX secolo che transitarono per le Marmore, mai avrei creduto che i miei amati Asburgo si fermarono in una città che amo molto e che mi ha visto crescere. Certamente Terni con le sue case-torri medievali, ancora intatte all'epoca, e le sue viuzze strette, le abitazioni addossate le une alle altre, aveva affascinato gli Asburgo! 
Si fanno sempre delle belle scoperte studiando la Storia dei nostri luoghi, scoprendola soprattutto da chi si è fatto promotore del recupero della tracce de passato, della dignità storica di questi luoghi. Un lavoro encomiabile di organizzazione e studio per la quale mi sento di ringraziare pubblicamente tutti coloro che hanno partecipato alla creazione d'una quattro giorni davvero entusiasmante tra Narni, Terni, le Marmore e l'affascinante Valnerina che con la sua immensa Storia è un unicum del tutto particolare. 
Ancora grazie all'associazione culturale "Porto di Narni, approdo d'Europa" che si è occupata di organizzare questi begli eventi. Ad maiora! 



Fonti

- J. W. Goethe, Viaggio in Italia, Mondadori, Milano 2010 
- E. Rossi Passavanti, Storia di Terni, Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni 
- D. Ottaviani, L'Ottocento a Terni, 2 voll.,  Soc. Arti Grafiche Nobili, Terni 1984
- «Gazzetta di Parma», anno 1819, pag. 336, digitalizzata dalla Biblioteca Nazionale austriaca e caricata per intero su Google Libri
«Gazzetta di Milano»
- «Giornale Italiano»
- «Grazer Zeitung» del 26 aprile 1819
- «Preßburger Zeitung» del 1° giugno 1819

Ringrazio l'amico Michele per tutte le accurate spiegazioni storiche che mi ha dato sulla sua città





venerdì 5 aprile 2019

Gli Asburgo alla Cascata della Marmore - Maria Luigia di Parma e gli altri pt.1



Lo scorso weekend ho partecipato ad un'interessantissima quattro giorni dedicata al duecentesimo anniversario del viaggio di Maria Luisa d'Asburgo-Lorena, duchessa di Parma e già moglie di Napoleone Bonaparte, alla Cascata delle Marmore di Terni.
Una lunga serie di eventi e convegni, col patrocinio del Comune di Terni e del Comune di Narni, ha avuto luogo dal 28 al 31 marzo, tra Terni, Narni, Ferentillo, Castel di Lago e Montefranco, organizzati dall'associazione culturale 'Porto di Narni, approdo d’Europa’ del presidente Christian Armadori - nata nel 2005 con lo scopo di valorizzare le gole del Nera e l'antico porto romano ivi presente - che ha tra i suoi scopi la riscoperta e la valorizzazione culturale e turistica del territorio dell'Umbria meridionale. 
Ma veniamo al programma, ricco di eventi ai quali ha partecipato moltissima gente decretandone un meritato successo!
Il 28 marzo presso le belle sale dell'Archivio di Stato di Terni c'è stata la conferenza d'apertura durante la quale si è ampiamente parlato del viaggio degli Asburgo alla Cascata, così come degli altri illustri viaggiatori che ai tempi del Grand Tour visitarono la zona, nonché della storia di Terni dopo la Restaurazione. Hanno partecipato Christian Armadori che ha appunto parlato dei numerosi artisti che visitarono le Marmore, Maria Lucia Tanas che ci ha illuminato sulle varie vicende di Terni nel XIX secolo, la direttrice dell'Archivio di Stato di Terni, l'archivista Luigi di Sano e Maurizio Romanato di Rovigo che ha invece parlato del legame che c'è tra la sua città e gli Asburgo, nello specifico ciò che lega Rovigo all'imperatore Francesco I che transitò per la città nel 1819 fermandosi quattro giorni in concomitanza con i primi moti carbonari nel Polesine.

Il convegno presso l'Archivio di Stato di Terni
foto: Paolo Austeri Ottaviani

Il 29 marzo invece presso il Museo Eroli di Narni c'è stata una bellissima conferenza su Maria Luigia (intitolata "Maria Luigia: vita, viaggi, passioni di una sovrana") a cura di Francesca Sandrini, direttrice del museo Glauco Lombardi di Parma, con interessanti interventi dello storico locale Giuseppe Fortunati ed un toccante intermezzo dell’attore Stefano De Majo che ha recitato una poesia del tempo sulla Cascata delle Marmore scritta per l’imperatore Francesco I dal poeta Raffaele Liberali. Valeria di Loreto ha fatto da moderatrice.

La conferenza al Museo Eroli di Narni
foto: Paolo Austeri Ottaviani
L'attore Stefano De Majo mentre recita la poesia dedicata alla Cascata delle Marmore
foto: Paolo Austeri Ottaviani
La stessa sera si è tenuta una cena, A la table de la Duchesse, presso il ristorante Hora Media nell'abbazia di San Pietro in Valle, con piatti ispirati ai tempi della duchessa di Parma ed una pièce intitolata "Io, Napoleone - il conquistatore conquistato" scritta e recitata in maniera appassionante e coinvolgente da Stefano De Majo che per l'occasione ha di certo lungamente studiato storia e aneddoti dell'Imperatore dei francesi.

La cena nelle antiche sale del Ristorante Hora Media.
Tra una portata e l'altra, la pièce di Stefano De Majo nel ruolo di Napoleone
foto: Paolo Austeri Ottaviani

La mattina del 30 marzo, invece, presso i locali della Biblioteca Comunale di Terni c'è stata un'altra conferenza sui luoghi e le persone che a Terni ospitarono gli Asburgo-Lorena, cui sono intervenuti Christian Armadori, Loretta Santini e Andrea Giuli vicesindaco di Terni.

La conferenza alla Biblioteca di Terni
foto: Paolo Austeri Ottaviani
Al piano terra, invece, si è tenuto un workshop sulle passioni della duchessa di Parma - gli scacchi e il ricamo, passatempi assai in voga per tutto il Settecento e l'Ottocento - tenuti dal maestro Sergio Rocchetti, istruttore F.S.I. della Scuola di scacchi OREY, e dalle ricamatrici  della Scuola di Ricamo e museo del ricamo e del tessile di Valtopina.
Dopo di questo c'è stata una bellissima passeggiata nel centro di Terni guidata da Loretta Santini, con la visita ai luoghi più o meno legati alla visita degli Asburgo, durante la quale sono state riferite notizie storiche sulla città e sulle residenze più antiche ed importanti del centro storico (Palazzo Manassei, Palazzo Carrara, Chiesa ed ex convento di San Pietro, piazza della Repubblica).

Davanti alla Chiesa di San Pietro vicino al convento degli Agostiniani e in fondo Palazzo Manassei
foto: Paolo Austeri Ottaviani

La stessa sera, presso il Circolo del Drago di Terni, ha avuto luogo un concerto di musica classica eseguito dagli studenti del Liceo Angeloni e intitolato "Dedicato a… Maria Luigia" dopo del quale sono stati organizzati un aperitivo a buffet ed una cena a tema ("L'Imperatrice golosa") con le vivande amate da Maria Luigia.
Qui sotto potete ammirare la bellissima sala dove si è svolto quest'ultimo evento:



Il 31 marzo a Montefranco, presso il Ristorante Il Tralcio e l’Uva, c'è stato invece un aperitivo dedicato alla Duchessa di Parma con prelibatezze a tema, mentre al Vivaio Verdisa, sito in località Castel di Lago (Strada Statale Valnerina, 383), per tutta la durata delle celebrazioni è stato allestito un percorso sensoriale tra profumi e fiori, in ricordo dell’essenza alla violetta di Maria Luigia. Purtroppo non sono riuscito ad andare a quest'ultimi eventi.

Un programma lungo, ben articolato e davvero molto interessante, grazie al quale ho scoperto molti aneddoti e molte storie a me sconosciute - visto che principalmente mi interesso di personaggi e tradizioni molto più avanti nel tempo - egualmente affascinanti e che prontamente, dopo aver preso una grossa marea di appunti, vi riporterò qui sotto per dovere di cronaca.

Io mentre prendo appunti... 
foto: Emanuele Ubaldi


La Cascata delle Marmore e il Grand Tour

Giambattista Bassi, La cascata delle Marmore
Tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, si assiste ad un fenomeno culturale che prende il nome di Grand Tour, un lungo viaggio di formazione che tutti i borghesi benestanti, principalmente inglesi, francesi e tedeschi, facevano in Europa ma principalmente in Italia, per scoprire e conoscere le origini della civiltà e le bellezze storico-artistiche del passato. Il viaggio era molto lungo, sfiancante, ma sicuramente avvincente e aveva fra i propri fini l'arricchimento del bagaglio culturale di ciascun borghese; dal nord Italia essi scendevano ovviamente verso Roma e attraverso l'Umbria percorrevano l'antica via Flaminia che in breve tempo conduceva a Terni e Narni. Fra i tanti luoghi noti e amati c'era anche la Cascata delle Marmore di Terni - talvolta menzionata come Caduta del Velino o semplicemente Cascata di Terni - un luogo particolarmente apprezzato da artisti d'ogni sorta, da pittori che ne immortalarono la potenza e il sublime, a poeti che ne decantarono la dirompente forza della natura. I turisti che passavano in zona, talvolta erano solo di passaggio, mentre in altri casi potevano fermarsi anche per più giorni fra Terni e Narni, visitando anche i resti del Ponte d'Augusto e molte altre attrazioni; si pensi che molte volte era anche difficile trovare alloggio in queste città che avevano pochissime strutture ricettive a disposizione, mentre per i nobili era sicuramente più semplice poiché potevano alloggiare nei palazzi signorili dei centri storici. Dunque una zona non del tutto sconosciuta al turismo d'élite come invece potrebbe sembrare ai giorni nostri. 
Fra i nomi più noti risultano Mary e Percy Bysshe Shelley che passarono alla Cascata delle Marmore nel novembre 1818 (una visita ricordata lo scorso anno con il Terni Falls Festival), lasciando suggestive testimonianze nei loro diari durante il viaggio che li condusse a Roma passando per Perugia ed Assisi. Presso la Cascata a Mary parve di vedere la poetessa Saffo svanire a distanza in forma di cigno. 
Acquerello della Cascata di William Turner
Anche il famosissimo pittore William Turner giunse in visita alla Caduta del Velino e rimase nella zona addirittura per una settimana durante la quale s'impiegò nella realizzazione di numerosi acquerelli raffiguranti Terni e i suoi dintorni, realizzati nel proprio sketchbook meravigliosamente ricco di raffigurazioni naturalistiche finite, schizzi per quadri successivi e mole altre note.
Si ricordano anche altri illustri ospiti come Lord Byron che nel 1816, all'età di ventotto anni, travolto da scandali familiari, partì dall'Inghilterra in volontario esilio compiendo un lungo viaggio in Italia; dopo aver toccato Venezia, Padova, Bologna e Firenze, giungendo poi a Foligno e transitando per le Marmore alla volta di Roma. Quando ritornò dalla Città Eterna si fermò nuovamente alle Cascata la quale, come disse, "supera ogni cosa". Ne scriverà in una sua poesia inclusa nell'opera Childe Harold’s Pilgrimage. Fu così che la cascata fu definitivamente consacrata come emblema del Romanticismo. Il piazzale antistante la cascata prende appunto il nome Piazzale G. Byron.
Johann Wolfgang Goethe, per quanto nel suo "Viaggio in Italia" non menzioni la Cascata, potrebbe esserci sicuramente andato come facevano tutti i turisti di passeggio, poiché era un'attrattiva naturalista unica! 
Senza dilungarmi troppo, sappiamo comunque che anche Hans Christian Andersen, come pure Canova che era proprietario di una casa nella vicina San Gemini, passarono alla Caduta del Venino.
Interessante è sicuramente la visita di Franz Grillparzer, drammaturgo austriaco che scrisse anche il discorso funebre a Beethoven (trascritto in italiano da Byron!), giunto a Terni per trovar conforto in seguito alla morte della madre e che dirà di quanto fosse bella la zona e di quanto ne avesse ricevuto rinfranco, pace e serenità. Anche Lady Sydney Morgan, scrittrice d'origine irlandese, ricordata più per la sua personalità che per i suoi libri, giungerà in Italia come tutti i borghesi, accompagnata dal marito, scrivendo un libro sul suo viaggio descritto in maniera critica e talvolta impietosa: di Narni e Terni fece belle descrizioni ma criticò la popolazione che ai suoi occhi appariva particolarmente arretrata - non riuscì però a vedere la Cascata delle Marmore perché non c'erano vetturini disponibili, che comunque avevano il monopolio dei trasporti da e per la Cascata, unici autorizzati dallo Stato Pontificio, e non vi si poté neppure recare a dorso di mulo.
Anche Gioacchino Murat passò per Terni e Narni con la sua amante, ma non alloggiò a Terni per via di questa relazione peccaminosa per la quale i ternani non vollero la sua presenza. 
Forse quale mezzo pubblicitario ante litteram, si diceva che Terni fosse piena di coltivazioni d'arancio che però non sono rintracciabili in alcuna opera artistico-letteraria del tempo. Si pensi che il marchese De Sade dirà apertamente che: “[...] è falso che nella pianura vi siano alberi di arancio [...]”. E' invece accertata la presenza di molti oliveti, osservata per l'appunto da Goethe e da altri artisti di passaggio.  


Terni ai tempi del Grand Tour 

Goethe, durante il suo viaggio in Italia del 1786, scrisse che Terni era: "[...] situata in una regione amena, all'imbocco d'una piana circondata da montagne, anch'esse di natura calcarea. Come Bologna al di là, così Terni al di qua, è posta a piè dei monti.[...] Il venir sempre a contatto con nuova gente, mi permette di [...] avere un'idea chiara e precisa dell'intero paese; è necessario ascoltare i discorsi che fanno tra loro. E' incredibile come nessuno vada d'accordo con l'altro; le rivalità provinciali e cittadine sono accesissime, come pure la reciproca intolleranza; i ceti sociali non fanno che litigare, e tutto questo con una passionalità così acuta e così immediata che, si può dire, da mane a sera recitano la commedia e fanno mostra di sé; nello stesso tempo, però, percepiscono e notano all'istante se i loro modi di fare mettono a disagio lo straniero. [...] Comincia or ora la raccolta delle olive; qui viene fatta a mano, altrove si abbacchiano con le pertiche. Se l'inverno arriva precoce, quelle non raccolte rimangono sugli alberi fino a primavera. Oggi su un terreno sassoso ho visto degli ulivi enormi e vecchissimi. [...] nella fretta di proseguire il viaggio, dormo sempre vestito* e non c'è niente di più gradevole che l'esser svegliato avanti giorno, salire subitamente in carrozza e, viaggiando nel dormiveglia verso l'alba, lasciar via libera alle prime e più belle immagini della fantasia. [...] Da Terni partimmo molto per tempo; prima salimmo a Narni dove non riuscii a vedere il ponte [d'Augusto]. Valli e voragini, vicinanze e lontananze, luoghi stupendi, ovunque rocce calcaree senza traccia d'altro minerale. [...]"

*Goethe alloggiò in "[...] una spelonca danneggiata or è un anno dal terremoto [...]"

Terni dalla strada per le cascate, in un'illustrazione del 1820 circa

Maria Lucia Tanas, durante la conferenza d'apertura della quattro giorni dedicata a Maria Luigia d'Asburgo, ha spiegato magistralmente e nel dettaglio le varie vicende storiche della Terni del XIX secolo. L'amico Michele Rossi, consigliere comunale di Terni Civica, invece, tanto sensibile alle vicende storiche e alla salvaguardia dei beni culturali della sua città, mi ha dato modo di conoscere molti aspetti della Storia di Terni che neppure conoscevo.
A quell'epoca dei fatti che si stanno narrando, Terni era una cittadina di medie dimensioni, murata, con poco più di diecimila abitanti, posta sotto lo Stato Pontificio che qui aveva addirittura una Zecca.
La cinta muraria - per la quale Michele Rossi si sta recentemente battendo per un recupero ed una valorizzazione - era dotata di contrafforti, bastioni e torrioni, si estendeva per circa 3-4 chilometri di lunghezza ricalcando le vecchie mura d'epoca romana, al fine di proteggere la città dagli attacchi da parte di milizie straniere o delle popolazioni dei paesi vicini. Fu via via inglobata nel moderno tessuto urbano nel quale ad oggi è ancora perfettamente inserita.
Alla città si poteva accedere da cinque porte che si aprivano lungo queste antica mura: a sud da Porta Romana, a nord da Porta Spoletina, a est da Porta San Giovanni e da Porta del Sesto e infine ad ovest da porta Sant'Angelo. Di queste porte ne sono rimaste solo due, quella Spoletina e S. Angelo. 
Presso Porta Romana, racconta Michele, era presente anche un piccolo forte, il Cassero, collegato nel 1400 con una robusta muraglia alla cinta muraria. Oggi non più esistente, rimane solamente il nome della via (via del Cassero, per l'appunto) a ricordo del vecchi forte, che sicuramente fu visto dalla famiglia imperiale austriaca in visita a Terni, che appunto entrò in città tramite Porta Romana. 

Antica mappa di Terni del 1647 disegnata da Domizio Gubernari
presente nell'opera di Francesco Angeloni “ Historia di Terni” 

Addossata al Cassero, visibile nell'immagine qui sotto, vi era la chiesa della Madonna del Cassero costruita alla fine del Cinquecento e demolita nel 1851. I preziosi ornamenti del tempo, come raccontato da Michele Rossi, furono portati nel parco pubblico della città, mentre un affresco fu collocata nella piccola corte davanti al Duomo a fianco di Palazzo Bianchini, poco distante da un antico anfiteatro romano (Anfiteatro Fausto) che anticamente sorgeva all'interno della cinta muraria del municipio di Interamna Nahars, perfettamente inserito nel reticolo viario antico. Nel corso dei secoli attorno all'anfiteatro furono costruite varie strutture, fra le quali si ricordano quelle presenti del palazzo vescovile, della Curia e l'ex chiesa della Madonna del Carmine che si apre all'interno del parco cittadino. Il recupero e la riscoperta di questo anfiteatro fu possibile grazie all'ingegner Giuseppe Riccardi, del quale Christian Armadori ha discusso con passione durante l'ultima conferenza del 30 marzo, vissuto nella prima metà dell'Ottocento ma del quale parlerò ampiamente nella parte successiva. 
Un piccola digressione è necessaria, poiché davanti al Duomo si trovava e si trova ancora oggi una fontana monumentale, della quale Michele Rossi mi ha spiegato tutti i dettagli: essa mostra due figure maschili inserite in un contesto naturalistico che sorreggono due otri dai quali fuoriesce dell'acqua; essi raffigurano i due fiumi di Terni, il Nera e il Serra, elementi molto importanti per la difesa della città poiché la circondavano totalmente su ogni lato, come ricorda per l’antico nome di Terni Interamna Nahars (città tra due fiumi), che ovviamente ne rendevano difficile l'assalto.

Il forte del Cassero con la chiesa all'inizio dell'Ottocento

Al Cassero la strada valicava per l'appunto il fiume Nera mediante un antico ponte romano che al tempo di Maria Luigia era ancora intatto, sicuramente crollato e ricostruito almeno un paio di volte nel corso dei secoli. Tutto fu distrutto poi dai pesanti bombardamenti della Seconda guerra mondiale.

All'epoca dei fatti che si stanno narrando, dunque, le mura e le porte erano pressoché intatte, conferendo alla città l'aspetto fortificato d'una località sicura.
Il periodo Napoleonico antecedente aveva portato grandi cambiamenti e varie rivoluzioni anche nella zona che ebbero fine solamente con la Restaurazione del 1814 e il ritorno del potere temporale della chiesa. Tuttavia, l'impero Napoleonico ebbe i suoi effetti positivi, poiché ad esempio, l'ospedale era sempre ben funzionante e adeguatamente sovvenzionato dal governo francese; dovendo accasare i soldati, Napoleone istituì per primo i numeri civici delle abitazioni per poter conoscere l'ubicazione dei suoi soldati; si ebbero pure risultati positivi sul turismo del tempo poiché, essendoci un notevole passaggio di gente, tutte le strade erano sempre ben mantenute rispetto allo Stato Pontificio e ciò diede modo ai viaggiatori del Grand Tour di poter frequentare le zone agevolmente. Anche con la Restaurazione, il flusso di turisti si mantenne sempre buono.
Nello specifico, come buona parte delle cittadine dell'Italia Centrale del XIX secolo, anche a Terni c'era un alto tasso di povertà, laddove pochi erano comunque i nobili che avevano molte ville sia in centro che nei dintorni, senza considerare i vari possedimenti tutt'attorno alla città. Coloro che avevano delle ville al centro spesso davano in gestione gli spazi al piano terra - sovente destinati ai magazzini e alle cantine dei nobili - a gente comune che vi apriva qualche attività, spesso osterie riconvertite (più o meno segretamente) a bordelli, un'usanza particolarmente comune vista l'alta povertà, per il quale si proveddette a redigere un editto che vietava alle donne di entrare in questi posti - che ovviamente ebbe poca efficacia. I birri cercavano di controllare che nessun uomo infrangesse le regole sia che fossero morali o religiose, pena il carcere. In questo senso anche la bestemmia veniva punita col carcere o con ammende.

Terni in un'altra incisione del 1820 circa

Sappiamo che all'inizio del XIX secolo la popolazione non superò mai i diecimila abitanti. Ciò fu in parte dovuto anche alle numerose epidemie e alle varie carestie certamente causate dalla violenta eruzione del Vulcano Tambora del 1815, per la quale il pianeta conobbe un lungo periodo senza estati ed inverni freddissimi che ebbero come conseguenza scarsissimi raccolti e un impoverimento generale ed importante di vaste aree del pianeta. Il 1816, l'anno successivo all'eruzione, viene ancor oggi ricordato come "l'anno senza estate" e probabilmente influì sulla disfatta di Napoleone a Waterloo. Fu durante le lunghe giornate piovose di quei tempi che, vuole la leggenda, Mary Shelley scrisse il suo libro più famoso: "Frankenstein".
A Terni non mancava di certo il brigantaggio per il quale era stato chiamato anche l'esercito da Roma, ma non si ebbero particolari cambiamenti sotto questo aspetto, poiché questa pratica perdurò fino alla fine dell'Ottocento. Ciononostante, sotto lo Stato Pontificio, Terni visse un periodo di relativo benessere cui seguì un ammodernamento della zona e delle sue infrastrutture. In questo senso si consideri che nel 1842 fu ammodernata la ferriera, nel 1846 fu inaugurato un moderno cotonificio, nel 1868 arrivò la ferrovia Pio Centrale che la collegava a Roma e ad Ancona.
L'economia del XIX secolo era prevalentemente basata sul settore primario, ma grazie alla lungimiranza dello Stato Pontificio prima e del Regno d'Italia poi, a Terni furono aperti numerosi opifici nei quali lavoravano però poche persone, per lo più contadini che non avevano occupazione alcuna nel periodo invernale. 
Nel 1860 Terni passò ufficialmente nel Regno d'Italia e in questa fase si ebbe un periodo di fermento culturale e musicale, un rinnovamento della città che vide cambiare notevolmente l'economia cittadina con l'apertura delle famose acciaierie nel 1884. 
Si pensi che all'epoca Terni aveva ben due teatri, uno era il Goldoni e l'altro il Verdi. Il primo, costruito nel 1661 col nome di Teatro dell’Accademia dei Costanti - chiamato nel 1736 Nobile Teatro Ternano e dal 1859 Teatro Goldoni - era divenuto insufficiente per la popolazione che stava crescendo, ma soprattutto si volle chiudere per l'elevato pericolo d'incendi considerando il vetusto impianto d'illuminazione.
Nel 1840 si mise la prima pietra per la costruzione di un nuovo moderno teatro all'italiana sul sito dell'antico Palazzo dei Priori (la cui facciata fu conservata, divenuta ufficialmente ingresso del teatro), inaugurato poi nel 1849 col nome di Teatro Comunale, in seguito Teatro Verdi, col melodramma "Saffo" con musica del Pacini. Fu uno dei primi locali pubblici italiani in cui fu installato un moderno impianto d'illuminazione a corrente elettrica. Qui, in anticipo rispetto ad altre città italiane, passavano numerose nuove rappresentazioni teatrali come le opere liriche di Verdi. Si immagini dunque quanta importanza potesse avere questo piccolo teatro di provincia nel XIX secolo!

Il Verdi ad inizio Novecento
Il Verdi ai nostri giorni
Il teatro intorno agli anni '30 del Novecento 
Il teatro com'è oggi dopo la ricostruzione in seguito ai bombardamenti del guerra.
Chiuso da quasi 10 anni

Tra i vari diletti dei ternani si ricordano il Galoppatoio e l'Arena Gazzoli, ideata dal Riccardi, ov'erano in uso le corride di tori e mastini.

L'ex Arena Gazzoli, all'inizio del Novecento, riconvertita a cinema

Ad ogni modo, la città presentava vari alloggi, ricchi o modesti, adatti per ogni tasca. Il centro storico era sovente visitato per le bellezze storiche presenti, per le antiche chiese e i resti archeologici; la poetessa inglese Anna Miller nel 1771 scriverà a tal proposito che “[...] nel giardino del vescovo [...] c'è un anfiteatro e alcuni sotterranei, nella chiesa di S. Salvatore ci sono alcuni esigui resti di un tempio del sole e parte di un tempio di Ercole nelle celle dei Gesuiti [...]”.
Ovviamente Terni iniziò a diventare una città con tutti i sacri crismi, solo quando nel 1884 venne aperta l'acciaieria che portò lavoro a moltissimi ternani, decretandone un notevole sviluppo commerciale ed economico che si può rintracciare nella poderosa urbanizzazione che fece espandere notevolmente la città.  Nondimeno, Terni risulta essere in effetti la città umbra in cui il fenomeno della modernità e della industrializzazione è più presente che in altri centri della regione, cosicché anziché ritrovare vere e proprie tracce ottocentesche, è più facile trovare (se non tristemente distrutti durante e dopo la Seconda guerra mondiale) bellissimi esempi d'architettura Liberty. 


Maria Luigia d'Asburgo-Lorena 

Ma veniamo alla protagonista di questa serie d'incontri che visitò Terni nel 1819.
Maria Luisa d'Asburgo nacque a Vienna il 12 dicembre 1791, primogenita dell'arciduca Francesco e della sua seconda moglie, la prima cugina Maria Teresa di Borbone-Napoli. Il nonno paterno Leopoldo II e la nonna materna Maria Carolina erano fratelli, entrambi figli dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria.
Il rapporto con la madre, comunque stremata per le dodici gravidanze (!), non fu mai troppo sereno ma visse comunque un'infanzia spensierata tra il palazzo imperiale di Vienna, il famoso castello di Schönbrunn e quello di Laxenburg, legandosi più strettamente al padre che la considerava la figlia prediletta. Fu educata come ogni arciduchessa d'Austria, seguendo i dettami religione cattolica, nell'intenzione di farne una ragazza educata e ubbidiente. Studiò le lingue, in particolare il francese, lingua di tutte le Corti dell'epoca, e l'italiano che era la lingua madre dei suoi genitori, mentre il suo tedesco rimase sempre scorretto. Sin da bambina, Maria Luisa sentì l'eco delle battaglie combattute dall'Austria contro la Francia di Napoleone Bonaparte, che ai suoi occhi apparve sempre come un despota, la reincarnazione dell'anticristo; le guerre ebbero fine col trattato di Schönbrunn stipulato tra Napoleone e Francesco I nel 1809. In quell'anno Napoleone divorziò dalla moglie Giuseppina che non gli aveva dato alcun figlio, un tanto atteso erede al trono per poter continuare la sua dinastia.
Napoleone considerò diciotto possibili pretendenti poi, scartate le candidate francesi, la scelta si restrinse sulla quattordicenne Anna Pavlovna Romanova, sorella dello zar Alessandro I di Russia, la cui moglie Maria Fedorovna negò perentoriamente di acconsentire a questa unione.
Metternich, che temeva un'alleanza tra Francia e Russia, fece sì che la scelta cadesse su Maria Luisa, non senza alcuna polemica. Il matrimonio, ovviamente del tutto politico, ebbe luogo per procura a Vienna l'11 marzo 1810, cui seguì il viaggio verso la Francia con la spogliazione di Maria Luisa a Compiègne da tutti i suoi abiti austriaci - la stessa cosa che accadde alla regina Maria Antonietta, anch'essa d'origine austriaca. Qui sotto una raffigurazione pittorica dell'arrivo in Francia:


Il matrimonio civile fra Napoleone e Maria Luisa ebbe luogo nel castello di Saint-Cloud il 1º aprile 1810. La loro unione fu assai breve, ciononostante il matrimonio con l'imperatore dei francesi fu molto bello e caldo, e la rese protagonista indiscussa della Storia esattamente come accadde a Giuseppina di Beauharnais, prima moglie di Napoleone.



Napoleone iniziò subito ad affezionarsi a Maria Luisa, che da un lato ammirava per la nobiltà dei suoi natali, dall'altro per le virtù domestiche di cui era dotata. In essa riusciva a trovare l'affetto, la devozione, l'ubbidienza e la sicurezza famigliare della quale egli aveva bisogno; dal canto suo Maria Luisa si rivelò una la moglie ideale per Napoleone poiché fin dall'infanzia era stata educata all'ubbidienza e al totale disinteresse delle questioni politiche per le quali in effetti ella non era affatto portata. Come riferito dalla dott.ssa Francesca Sandrini, direttrice del Museo Glauco Lombardi di Parma, durante la conferenza tenutasi al Museo Eroli di Narni, ella amava fare molte cose ed era anzi una donna portata per le materie umanistiche. Come tutte le dame della buona società del suo tempo, ella fu educata fin da bambina alle arti: prima di tutto Maria Luisa amava la musica per la quale aveva una competenza quasi da professionista; fin dall'infanzia era infatti stata istruita in quest'arte ed ella sapeva suonare molto bene, indistintamente, il forte piano (precursore dell'odierno pianoforte), l'arpa e la chitarra e continuò a studiare musica fino alla sua morte.
Amava molto anche dipingere ed ebbe sempre un maestro che la seguiva nei suoi esercizi, addirittura anche durante i suoi viaggi in lungo e in largo per l'Europa. Preferiva dipingere all'acquerello, amava la pittura en plein air, e non si dilettò mai troppo con la pittura ad olio poiché ne odiava l'odore. Qui sotto un acquerello meraviglioso e preciso della duchessa di Parma:

"Veduta di Parma", 1816
acquerello di Maria Luigia
Conosceva la tecnica dell'incisione, di cui a Parma si conserva solamente un'immagine, ed amò molto il passatempo del decoupage. Un'altra sua grande passione era il ricamo, cui s'impiegava con ogni tecnica possibile, sicché ella spaziava dal ricamo con piccolo punto all'uncinetto. In questo senso, grazie ai documenti conservati a Parma, si è potuto risalire anche al nome dei fornitori della duchessa, di cui molti sono ancora attivi in Parma. Le sete più preziose però, quando ella era a Parma, erano ovviamente spedite da Parigi, capitale indiscussa della moda per tutto il XIX secolo, così come i fiori più rari.

Verso la fine dei suoi giorni, sappiamo che ella amò molto i primi rudimentali esempi di fotografie ed era una donna talmente tanto curiosa e moderna, che si fece addirittura immortalare in uno dei primi dagherrotipi nel 1847, poco prima della morte.
A Parma si fece addirittura installare una stanza per la fotografia, senza mai utilizzarla.

Maria Luigia in uno dei primi dagherrotipi della storia
Fotografia del 1847, poco prima della sua morte


L'Aiglon in un'incisione a colori del 1832
Ritornando alla vita di Maria Luisa, nel 1811 nacque il tanto atteso erede al trono, Napoleone Francesco Giuseppe, che per due giorni fu formalmente imperatore dei francesi con il nome di Napoleone II. A lui si riferiscono anche i nomi di duca di Reichstadt o de L'Aiglon
Una breve digressione su questa figura poco nota, giacché alla conferenza non è stata menzionata la seguente vicenda che lo vede protagonista:
L'erede al trono di Francia, noto anche col nome di re di Roma, con la fine dell'impero napoleonico e l'abdicazione del padre che rinunciò alla corona sia per sé che per la sua discendenza, fu mandato a Vienna dove Maria Luisa riparò in seguito ai tragici avvenimenti del 1814. Maria Luisa giunse nella capitale molto provata, ricevendo quindi l'autorizzazione a recarsi in Svizzera per le cure termali per rimettersi in sesto, a patto che il bambino rimanesse a Vienna e che accettasse di essere "accompagnata" dal conte di Neipperg (o Neuberg), cieco all'occhio destro, per scongiurare la possibilità d'un ricongiungimento con il marito all'Isola d'Elba.
Col conte Maria Luisa ebbe una lunga e duratura liaison e in seguito due figli. 
Neipperg in un ritratto del 1810
Napoleone II fu dunque confinato a Vienna, città che non lascerà mai, e quando la madre divenne duchessa di Parma l'imperatore Francesco aveva già deciso che il nipote non avrebbe comunque lasciato la capitale austriaca e che non sarebbe mai succeduto alla madre in qualità di duca. Il suo nome venne cambiato in Franz e fu educato all'austriaca, indirizzandolo vero la carriera militare. Intelligente serio e ben determinato, si rese ben presto conto che la famiglia imperiale austriaca lo stava tenendo il più possibile lontano dalla politica per ostacolare il fatto che egli potesse seguire le orme del padre.
Nel 1832 il giovane Napoleone si ammalò di polmonite e, confinato come un recluso presso il Castello di Schönbrunn, morirà di tisi senza aver contratto matrimonio, senza aver generato figli e senza alcuna persona che gli volesse bene davvero. In questo periodo però, ricevette sovente le visite della giovane arciduchessa Sofia, zia di Sissi e madre del futuro imperatore Francesco Giuseppe, che col marito non aveva buoni rapporti. Col giovane duca di Reichstadt Sofia divenne molto amica e gli portava tutte le cure, l'affetto e il calore dei quali aveva bisogno. In lui trovava un caro amico, avevano molte cose in comune e si scambiavano reciproche confidenze in quella Corte austriaca nella quale si sentivano estranei. Questa intima amicizia fece ben presto circolare il pettegolezzo secondo il quale il terzo figlio di Sofia, Massimiliano, fosse in realtà figlio de l'Aiglon. Ovviamente l'incredibile somiglianza col padre naturale - si veda il tipico prognatismo asburgico - è prova lampante che non fosse figlio illegittimo. 


Ritornando a Maria Luigia, il 1812 segna l'inizio del declino della Francia con la tragica campagna di Russia che causò la perdita di numerosi soldati. Con la guerra del 1813 della Francia contro la Russia, la Prussia e l'Inghilterra, Napoleone fu sconfitto e Maria Luisa si dovette separare dal marito che fu esiliato sull'Isola di Sant'Elena dove morirà qualche tempo dopo.
Il congresso di Vienna del 1815 sancì la redistribuzione dei territori e assegnò a Maria Luisa il Ducato di Piacenza, Parma e Guastalla nel quale giungerà ufficialmente nel 1816 prendendo ufficialmente il nome italiano di Maria Luigia. Il suo ingresso a Parma viene ancora celebrato con grande affetto.
Maria Luigia prese alloggio presso un palazzo che non esiste più, bombardato nel 1944 e poi abbattuto nel 1950. Affinché fosse ben vista dalla popolazione, si dedicò alla cura della città anziché delle sue proprietà, pertanto l'antico palazzo nel quale alloggiò sarà oggetto di restauro solamente nel 1832! Fu grazie a Maria Luigia se a Parma venne costruito il Teatro Regio, così come pure il ponte sul Taro realizzato in muratura in sostituzione di quello ligneo presente.

Vicino Parma ella aveva anche un'altra residenza, il cosiddetto Casino dei boschi, una delle sue residenze preferite, nel quale ella fece portare abeti tirolesi e capre austriache, in un'atmosfera informale che potesse ricordarle la sua terra. Fu una delle sue residenze più importanti poiché vi ebbero luogo anche eventi di particolare rilievo come le nozze, le esequie di Napoleone, la nascita dei due figli (Guglielmo e Albertina) avuti dal Neipperg divenuti principi di Montenuovo (italianizzazione del cognome Neipperg / Neuberg), ecc... La vita di questi due nobili principi fu vissuta sempre nell'ambiguità, messi in disparte dalla famiglia, non potevano chiamarla "mamma", non potevano vivere nelle stesse case durante i viaggi e via dicendo.

Il Casino dei Boschi di Maria Luigia, oggi purtroppo abbandonato

Anche la reggia di Colorno fu una delle sue residenze, per quanto la meno amata.



Il 5 maggio 1821 Napoleone morì. Maria Luigia venne a conoscenza della morte del marito leggendo la "Gazzetta del Piemonte" del 19 luglio, mentre si trovava a Villa Sala con Neipperg e i figli. Ormai vedova, Maria Luigia poteva legalizzare la sua relazione con Neipperg che sposò l'8 agosto 1821 con nozze morganatiche segrete. Il marito morì per problemi cardiaci otto anni dopo le nozze, il 22 febbraio 1829.
Maria Luigia pianse molto la sua morte, ma da Vienna le fu vietato di portare pubblicamente il lutto. Dopo la sua morte, la duchessa si consolò iniziando a circondarsi di numerosi amanti e nel 1834, sei mesi dopo il suo arrivo, Maria Luigia sposò il conte Charles-René de Bombelles per la mera convenienza di avere un marito accanto.
Morirà il 17 dicembre 1847.

Maria Luigia, duchessa di Parma e Piacenza di Giovan Battista Borghesi (1790-1846) 


Maria Luigia e le violette di Parma 

Durante il suo convegno a Narni, Francesca Sandrini ha anche spiegato dettagliatamente il legame che esiste tra Maria Luisa e le violette.
Quando si parla della duchessa di Parma si pensa subito al ben noto profumo alle violette "creato appositamente per lei" dai profumieri del luogo. In realtà la storia racconta un'altra vicenda, poiché in realtà questa essenza fu creata solamente nel 1870 su ricette più antiche, certamente, dei frati francescani del convento dell’Annunziata, ma non riferite alla duchessa poiché sappiamo che ella amasse l'essenza all'arancia - non a caso un sorbetto all'arancia è stato servito durante la cena al Ristorante Hora Media di San Pietro in Valle.
Il colore viola si ritrovava già nella moda dell'impero ed era sempre molto presente; in realtà aveva un significato politico, bonapartistico come ha spiegato la dott.ssa Francesca Sandrini, poiché quando Napoleone fu mandato in esilio all'Isola d'Elba (i cosiddetti Cento giorni) egli disse che sarebbe tornato quando sarebbero rifiorite le violette. Caporal Violet, divenne il soprannome col quale si identificava Napoleone e i bonapartisti. Talvolta illustrazioni di comunissime violette campestri, divenivano immagine sedizione, poiché nascondevano i profili della famiglia imperiali (si osservi bene l'immagine qui a fianco). Mazzetti di violette appuntanti sul petto venivano utilizzati dai bonapartisti come segno distintivo durante gli anni del primo esilio dell'imperatore in decadenza.
Di vero c'è che Maria Luigia amava i fiori ma soprattutto un tipo di violette a fiore doppio con le quale adornava i suoi palazzi e i giardini. Le inviava alla figlia in segno di amore materno e ne assunse il colore per le divise di corte, gli addobbi della sua dimora, i simboli del ducato.
Allo zio Ferdinando ella chiederà addirittura semi di molte varietà di fiori e di piante fra i quali anche quelli delle violette.
La “viola odorata duchessa di Parma”, così denominata per celebrare l’ingresso di Maria Luigia nel ducato nel 1816, è una violetta a fiore doppio che non è presente in natura e si propaga grazie a tecniche colturali perché i suoi petali sono così fitti da non lasciare spazio a stami e pistilli.

continua...


Fonti

- J. W. Goethe, Viaggio in Italia, Mondadori, Milano 2010 
- E. Rossi Passavanti, Storia di Terni, Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni 
- D. Ottaviani, L'Ottocento a Terni, Soc. Arti Grafiche Nobili, Terni 1984
- A. Brilli, S. Neri e G. Tomassini, La Cascata delle Marmore - uno scenario del Grand Tour XVII-XVIII secolo, Edimond, Città di Castello 2010

Ringrazio l'amico Michele per tutte le accurate spiegazioni storiche che mi ha dato sulla sua città