sabato 16 marzo 2019

I viaggi in montagna della regina Maria di Baviera



La regina di Baviera fin da bambina aveva sempre fatto escursioni in montagna coi suoi genitori e i suoi fratelli. Da sempre considerata la prima alpinista (proprio nel senso stretto del termine!!) della storia bavarese, ella amò molto fare scalate e lunghe escursioni sulle montagne bavaresi nelle immediate vicinanza del castello di Hohenschwangau. Questa residenza estiva della famiglia reale era stata comprata dal marito Massimiliano e completamente rinnovata secondo il gusto dell’epoca. Massimiliano era un avido cacciatore e le foreste attorno a Füssen erano piene di selvaggina, dunque il pittoresco castello risultava anche strategico sotto questo punto di vista, oltre che per il clima fresco del luogo. Quando Maria giunse qui nel 1842 rimase estasiata dalla bellezza del paesaggio tanto che preferirà rimanere più spesso a Hohenschwangau che alla Residenz di Monaco. 
Ludwig e suo fratello Otto crebbero soprattutto a Hohenschwangau.


Lorenzo Quaglio Ansicht auf Hohenschwangau 1856

Non lontano dalla residenza estiva, Max aveva costruito un capanno da caccia sul Tegelberg, oggi trasformato in una locanda comodamente raggiungibile da Schwangau mediante la funivia Tegelbergbahn: da lassù, una splendida vista della pianura con il Foggensee e l'Alpsee, dall'altra parte le catene montuose delle Alpi dell'Allgäu che si stagliano nel cielo. 






Anche Ludwig vi andava spesso, ma non per la caccia, quanto per immergersi nei suoi libri, per sognare in mondi poetici e per fare passeggiate nei boschi a cavallo: il suo sentiero di equitazione preferito è oggi un piacevole sentiero escursionistico, l' "Ahornreitweg" che in breve conduce al Berggasthof Bleckenau a 1167 metri, anche questo un antico capanno della famiglia reale. Massimiliano aveva costruito il Bleckenau per sua moglie Maria, realizzandolo come uno chalet svizzero e chiamata per l’appunto Schweizerhaus. Qui l’ambiente era molto informale e spesso la regina stessa serviva dolci e caffè. Di questi intimi momenti in famiglia sono rimaste due fotografie che trovate qui sotto. 






Qui sotto la famiglia reale con il seguito alla Schweizerhaus 





Dalla Schweizerhaus la famiglia con l’entourage andava a passeggio per le fitte abetaie circostanti o s’impiegava nella caccia. Allo stesso modo, nel 1850, Massimiliano aveva realizzato un lungo sentiero per la moglie Maria che da Hohenschwangau conduceva sopra l’Alpsee e poi tutt’attorno al lago Schwansee, ai piedi del castello: il cosiddetto “Alpenrosenweg” era stato adornato con molte piante di rododendri (alpenrose, in tedesco) che però non durarono, ma il nome rimase. Il percorso toccava anche le cascate di Füssen, dove fu realizzato un ponte al di sopra del quale, incastonato nella roccia, venne posto un busto in ricordo di Massimiliano - la dedica "la città riconoscente di Füssen" si riferisce al boom economico iniziato nella regione con la costruzione del castello di Hohenschwangau nel 1833.




Maria amava più d’ogni altra cosa le passeggiate in montagna: era un'entusiasta alpinista, assai audace e libera da vertigini. Ella salì su molte vette delle montagne locali e non solo si trovò più volte sulla cima del Säuling (2.047 m) sopra Hohenschwangau, ma anche sul Grosse Schlicke (2.044 m), sul Gehrenspitze (2367 m) e scalò come prima donna varie montagne della regione come ad esempio il Watzmann. Aveva l'ambizione di essere la prima donna sullo Zugspitze – ma ciò le fu impedito solo dal divieto di suo marito Massimiliano che lo considerava sconveniente. A Füssen, la regina viene ricordata come un’avida montanara.

Ciononostante, proprio per questo modo di fare, Maria era estremamente popolare tra la gente ed era socialmente coinvolta tanto che nel 1844 fondò l'ordine “Alpenrosenorden”, un'onorificenza per coloro che salivano l’Achselkopf (1.184 m) vicino a Musau, sempre nel distretto di Reutte. 
Per essere più comoda durante le sue escursioni, Maria si era fatta realizzare uno speciale abito in loden, con foggia da donna, ma con pantaloni sotto la gonna: quando la strada si faceva più erta, Maria si toglieva la gonna per poter arrivare più comodamente alla cima. Immaginate lo scandalo delle dame di Corte che la seguivano… 
Certo, un modo di fare talmente tanto popolare che non si addiceva a una regina ma Maria crebbe molto liberamente alla corte prussiana e mantenne questa libertà in Baviera. A differenza dell'Imperatrice Sisi, Marie adempiva comunque ai suoi doveri di sovrana!

All'età di 39 anni rimase vedova e ciò le riducesse gli obblighi e i doveri del suo ruolo di rappresentanza presso la Corte, pertanto ciò le diede la libertà di viaggiare più spesso prediligendo il vicino Tirolo, recandosi volentieri nella valle del Lech (Lechtal), nella valle di Tannheim e nella zona dell’Außerfern, distretto di Reutte, praticamente al confine con la Baviera, per intenderci, adiacente alla zona di Garmisch-Partenkirchen e Schwangau. La sua residenza alpina prediletta divenne il paesello di Elbigenalp, dove tornerà numerose volte

Ma perché Marie si ritirò nella Elbigental? 
La ragione è da ricondurre principalmente alla bellezza del luogo e alla vicinanza con Hohenschwangau, ma soprattutto perché la sua permanenza con suo figlio Ludwig a Hohenschwangau le era diventata particolarmente gravosa. I due avevano inclinazioni e preferenze molto diverse, pertanto la convivenza sotto lo stesso tetto era sempre difficile. 
Ad ogni modo, la famiglia reale alloggiò inizialmente presso la Dengelhaus e in paese le fu dato il nomignolo di “die Alpenrosenkönigin”, la regina dei rododendri. 
Qui sotto la prima abitazione della regina Maria, oggi privata, con una lapide che ricorda quei giorni.




In seguito alle due gravidanze, però, la regina era diventata un po’ più formosa e rotonda, pertanto si accontentava di fare belle escursioni nei dintorni, visitando malghe e baite dei contadini della zona. Dunque, in seguito non più alpinista, ma provetta escursionista! 
Marie amava le montagne e il popolo di Elbigenalp, che traeva grande profitto dalla generosità della regina. La chiesa del villaggio ricevette molte donazioni da parte sua. 
In contrasto con la gente del luogo, che vedeva la montagna come un luogo di duro lavoro, ella aveva riconosciuto e riscoperto la bellezza della natura e il suo valore, anche con molte passeggiate intorno a Elbigenalp. Uno dei suoi posti preferiti era il Bernhardstal, noto anche come il Lechtaler Grand Canyon. All'ingresso della gola del Bernhardstal, l’artista locale Johann Anton Falger dipinse un ritratto di Maria, sfortunatamente appena visibile oggi, tra le rocce.
Spesso la regina si recava presso la gola della vicino alla Ölbergkapelle, costruita all'inizio del XIX secolo da un eremita del luogo. Dalla Ölbergkapelle il percorso conduceva alla capanna Kasermandl a 1.400 m, ora uno snack bar, al tempo della regina Maria un modesto rifugio di legno.

Dal 1867 Johann Anton Falger, le mise a disposizione la sua abitazione divenuta in seguito Gasthof Post e tuttora esistente. Maria alloggerà qui fino al 1889, anno della sua morte, apportando numerose migliorie e ampliamenti. Ogni estate passava qui le sue ferie e vi si recò diverse volte con i due figli, Ludwig e Otto. In merito al secondo figlio, Maria sperava che il soggiorno montano potesse curarlo dalle sue allucinazioni, dalle sue manie di persecuzione che poi lo condussero alla schizofrenia più completa: anche nella freschezza estiva, gli attacchi non diminuirono. In preda alla disperazione, Maria cercò aiuto nel parroco del villaggio, Johann Georg Lechleitner, che diventò in breve un caro compagno che aiutava la regina nelle ore più difficili. Certamente fu persuasa che la malattia mentale del figlio fosse una punizione di Dio.

Il Gasthof Post ieri e oggi, e una fotografia della regina Maria ad Elbigenalp con le dame di compagnia, il sacerdote e il proprietario della casa:




La comunità protestante osserva con sospetto l'amicizia tra Marie e il pastore cattolico. La loro sincera speranza che la Regina Madre potesse finalmente portare la tanto attesa libertà di credo al villaggio, morì completamente quando Maria annunciò di volersi convertire alla fede cattolica. Ciò avvenne nel 1874, presso la chiesa di Schwangau-Waltenhofen. 
Maria lasciò alla parrocchia del villaggio il suo mantello dell’incoronazione trasformato poi in un prezioso manto liturgico, e i suoi "Diari della Lechtal" (Lechtaler Tagebücher), ad oggi ancora conservati, 5 volumi che raccontano delle vacanze della regina ad Elbigenalp. Questi cinque piccoli libri contengono numerosi fiori di montagna essiccati con data e aneddoti su quei giorni, e sono un toccante esempio dell'amore della regina Maria per la natura alpina. 
Otto Walch, il curato di Elbigenalp, custodisce questo tesoro e sottolinea che Marie fu probabilmente il primo turista nobile nella valle del Lech.
Nel 1889 Maria morì e lasciò la sua casa alla parrocchia di Elbigenalp. Solo un anno dopo, la casa fu acquistata dal direttore delle poste Johann Moll e trasformata in una locanda, che prese il nome di "Gasthof Post" per via della presenza dell'ufficio postale.

Nell'ex casa della regina Maria c'è ancora la sua camera da letto, nella quale si può pernottare, ma senza il letto originale – sostituito con uno coevo - che è troppo piccolo per gli ospiti di oggi. Nell'ex studio della regina Maria ci sono ancora i mobili originali fatti con legno d’abete brunito.
Nella chiesa di Elbigenalp c’è una vetrata che ricorda i soggiorni della devotissima regina Maria.






mercoledì 13 marzo 2019

Maria di Prussia, regina consorte di Baviera, madre di Ludwig II




Il 15 ottobre 1825 Marie nacque come la più giovane di sette fratelli nel Berliner Schloss di Berlino (in gran parte bombardato durante la II guerra mondiale).
I suoi genitori erano il principe Guglielmo di Prussia (1783-1851) e la moglie Marianne von Hessen-Homburg (1785-1846), entrambi di religione protestante.
Marie trascorse diversi anni con i suoi genitori a Colonia e Mainz. La residenza estiva dei suoi genitori era Schloss Fischbach nella valle di Hirschberg nella Bassa Slesia.
Nel mese di dicembre 1841, il principe ereditario di Baviera Maximilian decise di sposare la sedicenne Marie ma il fidanzamento a Berlino, previsto per il gennaio 1842, dovette essere rinviato poiché la sposa soffrì di morbillo.
Il matrimonio per procura ebbe luogo il 5 ottobre 1842 a Berlino; Maria conservò la sua fede protestante, senza conversione al Cattolicesimo.
Il viaggio della principessa ereditaria da Berlino a Monaco fu trionfante, l'arrivo a Monaco di Baviera davanti alla Residenz - il palazzo reale - fu decisamente toccante. La sposa saltò fuori dalla carrozza, corse dal suo sposo e lo abbracciò contro ogni etichetta di corte. Il matrimonio cattolico ebbe luogo il 12 ottobre, il giorno di San Massimiliano, nella Allerheiligen-Hofkirche. La relazione fu molto calda e felice. 




Nel febbraio 1843 Maria ebbe un aborto, poi rimase nuovamente incinta e il 25 Agosto 1845 mise al mondo il suo primo figlio: Ludwig. Tre anni dopo, il 27 aprile 1848, partorì, due mesi prima, il suo secondo figlio: Otto.


Maria con i figli Ludwig e Otto


La principessa ereditaria, regina di Baviera dal 1848, era un'appassionata amante delle montagne bavaresi. La principessa degli Hohenzollern, che aveva imparato ad amare le escursioni montane durante la sua infanzia sui Riesengebirge, divenne la primo alpinista della Baviera! I figli erano felici di far parte dei tour in montagna della madre. Insieme scalarono il Säuling, per esempio. Ci vollero ben tre ore e mezza per arrivare da Hohenschwangau alla cima della montagna.
Qui sotto Maria e i figli circondati dall'entourage, alla Schweizerhaus di Bleckenau sopra Füssen.



Per dovere di cronaca si menzionano i nomi delle altre persone in foto:

Seduti (da sinistra a destra): la regina madre Maria, re Ludwig II, la dama di compagnia contessa Juliane von der Mühle, ufficiale medico von Wolfsteiner, il principe Otto (fratello di Ludwig), la dama di compagnia Therese von Redwitz In piedi (da sinistra a destra): il conestabile conte Max zu Pappenheim, il maresciallo Ludwig von Malsen, il consigliere privato Franz Xaver von Gietl, il capitano Theodor Sauer (l'aiutante di Ludwig), il barone von Godin e il capitano Anton von Orff (entrambi aiutanti del principe Otto), la dama di compagnia Charlotte Fugger e il famoso principe Paul di Thurn and Taxis del quale Ludwig era innamorato.



La principessa ereditaria e la regina di Baviera furono ugualmente apprezzate sia dalla popolazione protestante sia da quella cattolica - certamente a causa del fatto che lei viaggiò lungamente attraverso il paese senza fare alcuna distinzione sociale o religiosa.
L'espressione del suo grande impegno sociale si ebbe il 18 dicembre 1869 quand'ella riattivò il "Bayerischen Frauenvereins" (l'associazione femminile bavarese), il cui scopo era la cura e il sostegno dei feriti e dei malati di guerra. Così, la Croce Rossa Bavarese fu fondata come un club femminile, il cui protettorato fu assunto a tutti gli effetti dalla regina Maria.




La notte tra il 9 e il 10 marzo 1864, suo marito Massimiliano II morì improvvisamente.
Il 12 ottobre 1874, nella chiesa di Santa Maria e San Floriano a Schwangau, Maria si convertì al Cattolicesimo. Fino alla fine dei suoi giorni, ella visse al castello di Nymphenburg di Monaco di Baviera e usò come residenze estive il castello Hohenschwangau e una casa di montagna ad Elbigenalp nella valle del Lech.
Si interessò per anni alle sorti del figlio figlio più piccolo, Otto, sempre più disturbato dal punto di vista mentale. Nel 1886 dovette affrontare la tragica e misteriosa fine del figlio Ludwig, col quale ebbe sempre un rapporto freddo e distaccato.
Morì a Hohenschwangau nel 1889 e fu sepolta in una cappella laterale della Theatinerkirche di fronte al marito Massimiliano. Come da tradizione il suo cuore fu sepolto separatamente e si trova ancora oggi nella cappella di Altötting.


Alcune fotografie di Maria 









giovedì 7 marzo 2019

Quando Sissi andò a Roma




  • Il viaggio da Vienna a Trieste
Dopo il tradizionale soggiorno autunnale in Ungheria, l'Imperatrice Elisabetta d'Austria, meglio nota col nomignolo di Sissi (benché quello corretto fosse Sisi), ad inizio dicembre intraprese uno dei suoi tanti viaggio per l'Europa. Purtroppo il viaggio in treno dall'Austria, sulla linea ferroviaria Vienna-Trieste (la cosiddetta Ferrovia Meridionale, in tedesco Südbahn), non fu particolarmente tranquillo, poiché forti venti di burrasca obbligarono il convoglio a fermarsi diverse volte. Le due soste menzionate dal "Giornale di Roma" del 1869 avvennero presso Postumia (Adelsberg in tedesco e Postojna in sloveno) e San Pietro del Carso (St. Peter in tedesco e Pivka in sloveno), dove l'imperatrice dovette pernottare nel suo vagone letto "a ragione della forte bora e della quantità di neve".
Molo San Carlo, Trieste. Circa 1870
Nel frattempo l'Imperatore Francesco Giuseppe che ritornava dall'Egitto dopo l'inaugurazione del Canale di Suez, sempre a causa del maltempo, dovette approdare al porto di Pirano e infine al Molo di San Carlo di Trieste il 3 dicembre assolvendo agli obblighi di rappresentanza per tutto il resto della giornata. L'imperatrice giunse invece intorno alle 16 e mezza del pomeriggio e fu accolta alla stazione ferroviaria dal marito Franz, dal ministro del commercio sig. Plener e il conte Andrassy, ministro degli esteri dal 1867, che erano giunti la sera prima a Muggia sul piroscafo "Elisabeth".
L'imperatrice salutò affettuosamente il marito, si rivolse amabilmente alla gente accorsa e si ritirò per qualche giorno con l'imperatore al Castello di Miramar. 
La mattina del 4 dicembre l'imperatrice Elisabetta fece visita alla contessa di Molina, l'Infanta Maria Teresa del Portogallo, il cui marito era il pretendente al trono di Spagna che, dopo essere stato defenestrato, scelse l’esilio a Trieste dove morì nel 1855.
La contessa di Molina
Fece poi visita alle istituzioni della città, così come ai feriti dalla Dalmazia, alla casa dei poveri e concesse all' Elisabethiner-Mädcheninstitut e all'Ospedale Pediatrico la somma di 100 fiorini come supporto. 

La sera stessa la coppia imperiale si mostrò alla città pittorescamente illuminata, così come pure le navi attraccate al porto. Il Teatro Grande fu onorato dalla visita di Sissi e Franz, mentre era in scena "Robert le Diable", e furono omaggiati con l'esecuzione dell'Inno Imperiale. Elisabetta scintillante in un abito di seta bianca ornato da violette, una collana di perle e diamanti, e nella folta acconciatura una rosa dalla simile fattura.
La mattina del 5 dicembre l'imperatrice Elisabetta prese parte alla Messa nella chiesa di Sant'Antonio Nuovo dalla quale l'imperatore era invece ritornato al castello di Miramar per i suoi doveri di Stato; ritornò nel pomeriggio per accomiatarsi con la moglie Sissi che nel frattempo aveva fatto altre visite alle istituzioni della città. 

L'imperatore donò con notevole generosità una somma di 4000 fiorini per tutti coloro che avevano fatto pervenire le proprie istanze durante la permanenza della coppia imperiale a Trieste. 


La chiesa di Sant'Antonio Nuovo sul Canal Grande nel Borgo Teresiano di Trieste

  • Da Trieste ad Ancona
Alle 2 del pomeriggio, presso il Molo San Carlo, l'imperatrice, al fragore dei cannoni, si imbarcò sul "Greif" - lo stesso elegante veicolo che aveva portato l'imperatore in Egitto - tuttavia, la bassa marea impedì alla flotta di partire cosicché si dovette attendere l'aumento del livello dell'acqua; la partenza per Ancona avvenne verso le 20:45. Il giorno precedente dal porto del castello di Miramar, testimone silenzioso di tante partenze e molti tragici ritorni, le fregate "Ferdinand Max" e "Habsburg" avevano già imbarcato parte dell'equipaggio e dei bagagli.  L'imperatore aveva invece lasciato la città in treno intorno alle 18. 
Come riportato dal «Vereinigte Laibacher Zeitung», dal «Corriere delle Marche» si apprende che l'imperatrice Elisabetta raggiunse infine il porto di Ancona la mattina del 6 dicembre, intorno alle 10 e mezza - la fitta nebbia che copriva la costa intorno ad Ancona non avrebbe permesso di arrivare prima di quell'ora;  al seguito del "Greif", l' "Elisabeth" guidato dal vice ammiraglio Tegetthoff, che aveva spesso condotta e scortata l'imperatrice nei viaggi per mare.
Al molo, una moltitudine di persone accolse l'imperatrice Elisabetta visibilmente imbarazzata, che viaggiava nel più stretto incognito sotto il nome di contessa di Hohenembs, com'era sua abitudine, e che aveva proibito ogni ricevimento ufficiale e ogni udienza delle autorità locali a bordo del "Greif".

Qui sotto due fotografie del porto di Ancona eseguite da Giacomo Brogi prima del 1880.




Solo l'ambasciatore austriaco alla corte italiana, barone Kübeck, giunto da Firenze ad Ancona fin dal giorno precedente, fu autorizzato a salire a bordo dello yacht insieme al console austriaco residente ad Ancona che ebbe modo di dare espressione agli omaggi delle autorità locali. 
Poco dopo il loro arrivo, l'imperatrice salì a bordo di una carrozza e fece un giro per la città (in altri giornali risulta che l'imperatrice fosse rimasta a bordo del piroscafo guardando la città da lì), dopodiché ritornò a bordo del "Greif" dove prese il suo déjeuner intorno all'una e mezza, mentre i musicisti della nave eseguivano diversi brani musicali tedeschi.
Un'ora dopo, Sissi scese al molo Lamoricière - che prendeva il nome dal generale dell'esercito pontificio che qui morì difendendo la città dall'assedio dell'esercito piemontese durante la guerra d'indipendenza italiana - dove fu accolta con sonori "Evviva!" da tutta la moltitudine di gente che si era radunata fin dalla mattina per salutare l'imperatrice d'Austria, scoprendosi il capo con reverenza. 
Sua Maestà, insieme al suo seguito di dame di compagnia e cameriere, nonché di bagagli e quant'altro, prese posto nelle carrozze messe a disposizione dal console e raggiunse la stazione ferroviaria di Ancona.

La stazione di Ancona in una cartolina di inizio Novecento
Distrutta durante la Seconda guerra mondiale

Un'altra fotografia della vecchia stazione di Ancona.
La piccola edicola di legno a destra, era un orinatoio pubblico

All'ingresso il vice ammiraglio Tegetthoff la salutò con ossequio, tornò all' "Elisabeth", per poi ripartire alla volta di Trieste quella stessa sera. Il "Greif" sarebbe invece rimasto nel porto di Ancona per attendere il ritorno di Sissi da Roma per ricondurla a Trieste.


  • Il viaggio in treno da Ancona a Roma 
Alla stazione di Ancona l'imperatrice venne salutata calorosamente dai presenti, salì sul treno e partì  intorno alle 15 verso la Città Eterna, percorrendo la linea ferroviaria Ancona-Roma la cui costruzione era stata autorizzata da Papa Pio IX ed iniziata solamente nel 1856, a dieci anni dalla notificazione del Santo Padre.
La realizzazione della ferrovia aveva una notevole importanza per gli scambi commerciali fra il  Tirreno e l'Adriatico, anche perché ad Ancona c'era la possibilità d'un collegamento diretto con Bologna e Modena, dunque con le strade ferrate del Lombardo-Veneto e dunque dell'Impero Austriaco. La cosiddetta "Roma-Bologna" fu data in concessione alla società Casavaldès, a capitale in gran parte francese, che soltanto due mesi prima aveva sottoposto al ministero dei lavori pubblici il proprio progetto. All'articolo 2 del capitolato si legge:
"La strada ferrata muoverà da un punto posto sulla riva destra del Tevere, vicino alla porta Angelica; toccherà Orte, Terni, passerà il colle di Cono; toccherà Fuligno, varcherà l'Appennino al colle di Fossato, si avvicinerà a Fabriano, e si congiungerà seguendo la valle dell'Esino alla linea da Ancona a Bologna".
La linea ferroviaria, denominata Strada Ferrata "Pio Centrale", fu costruita a tratte e la sua realizzazione fu particolarmente lunga soprattutto per la discesa dell'esercito piemontese da nord che mise fine allo Stato Pontificio: il 17 novembre 1861 fu completata la tratta tra Falconara Marittima e Ancona, il 1° aprile 1865 il tratto tra Roma e Orte, il 4 gennaio 1866 quello tra Orte e Foligno, mentre il 29 aprile 1866 si terminò con la conclusione dei lavori tra Foligno e Falconara Marittima - certamente quelli più lunghi e impegnativi.

L'orario dei treni tra Ancona e Roma nel 1866

Durante il suo viaggio tra le Marche, l'Umbria e il Lazio, l'imperatrice Elisabetta rimase certamente incantata dai bellissimi paesaggi che dal mare ascendevano alle alte montagne dell'Appenino e poi digradavano verso le pianure umbre e laziali, nuovamente intricandosi fra le gole montuose tra Spoleto e Terni. Paesaggi che già tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento avevano richiamato artisti e gentiluomini durante il lungo viaggio di formazione del Grand Tour.
In accordo con l'orario dei treni della foto soprastante, si comprende quanto il viaggio fosse lungo e lento: durava infatti più o meno 12 ore durante le quali il treno faceva soste solamente nelle seguenti  stazioni.


Foligno


Dopo un lungo tratto fra montagne, colline marchigiane e umbre, che sicuramente estasiarono l'imperatrice d'Austria, amante delle escursioni nella natura, la ferrovia discendeva verso l'Umbria e la prima fermata era quella di Foligno. Nessuno poteva sapere che all'interno di un normale treno viaggiasse la principessa Sissi.
La stazione di Foligno era ed è ancora oggi la principale stazione ferroviaria umbra. L'importanza di tale impianto era data dalla concomitanza di essere su un importante snodo e di avere un considerevole traffico per numero di treni e di passeggeri. La stazione fu completata nel 1866 con la linea Roma-Ancona e successivamente più volte ampliata e ricostruita a causa delle distruzioni provocate da terremoti e bombardamenti durante gli eventi bellici.

Dall'orario dei treni Ancona-Roma del 1866, non risulta una stazione nella città di Spoleto che invece si ritrova attestata in alcuni testi del 1878 che la menzionano come raccordo importante per gli scambi commerciali per via della presenza d'una miniera di lignite utile per alimentare i forni delle acciaierie di Terni.


Terni



La Cascata delle Marmore in un dipinto di
 Jean Baptiste Camille Corot
Dopo Foligno, il treno faceva sosta nella città di Terni che fin dal Settecento poteva vantare un dinamico via vai di turisti del Grand Tour, attratti dalla bellezza della natura circostante. Tralasciando la ben nota vocazione a città industriale, sia per via delle ben note acciaierie che per la miniera di lignite presente in località Colle dell’Oro; l'attrazione principale del luogo era come oggi la ben nota cascata delle Marmore - tra le più alte d'Europa, potendo contare su un dislivello complessivo di 165 m, suddiviso in tre salti. 
Furono moltissimi gli artisti che rimasero incantati da questo vigoroso getto d'acqua, fra i quali si ricordano Mozart, Corot, William Turner, Gioachino Belli, Lord Byron ma anche Galileo Galilei, Vittorio Alfieri, Ferdinando II delle Due Sicilie, la Regina Madre di Napoli ecc... e moltissimi altri quelli che immortalarono la cascata nelle loro opere durante tutto il XIX secolo.
Illustri personaggi ternani di questo secolo furono: Paolano Manassei, nobile ternano, storico, politico e imprenditore  signore di Collestatte e Torre Orsina; Pietro Antonio Magalotti, dottore in legge e fine letterato; Sante Possenti, nobile ternano e governatore pontificio dal quale nacque San Gabriele dell'Addolorata; il musicista Giulio Briccialdi, grande compositore e miglior virtuoso flautista italiano del suo secolo, ospite fisso delle Corti d'Europa e stretto amico e compagno di lavoro di Giuseppe Verdi; l'imprenditore Virgilio Alterocca (che fu anche insegnante, editore, politico e benefattore) che introdusse sulla scena italiana la cartolina illustrata.




Narni


La stazione di Narni fu attivata nel 1866 nelle immediate vicinanze di una delle attrazioni principali della zona, amatissima dagli artisti del Grand Tour che si fermavano anche diversi giorni contemplando la maestosità dei resti del ponte di Augusto, di epoca romana, lungo quasi 130 m ed alto 30 m (prima che cadesse in rovina nel 1855).  La ferrovia correva proprio vicino a questo antico ponte e sicuramente l'imperatrice ebbe modo di ammirarlo all'imbrunire.


Il Ponte di Augusto in un dipinto di Jean Baptiste Camille Corot

Una particolarità legata a Narni, che probabilmente tutti conosceranno, è che lo scrittore di "Le cronache di Narnia", C.S. Lewis, si ispirò proprio a Narni nello scrivere i suoi romanzi e proprio il nome della terra incantata di Aslan deriva dall'antico nome del borgo umbro (Narnia per l'appunto) rimasto in uso almeno fino all'inizio dell'Ottocento.

Lasciando Narni, il treno di Sissi s'inoltrò nella stretta gola scavata dal fiume Nera, subito dopo aver lasciato il Ponte di Augusto, passando a mezza costa sotto il cosiddetto monte Santa Croce dove fin dall'antichità l'uomo aveva dato vita ad una miniera di ferro col quale erano state costruite anche le cancellate di Città del Vaticano.
Il fiume Nera, insinuandosi fra rocce scoscese e boschi selvaggi, con le sue numerosissime sorgenti che da sempre davano all'acqua un colore irreale, sulla quale ancora si specchia il fiabesco il borgo di Stifone - uno dei miei luoghi del cuore - certamente impressionò favorevolmente anche l'imperatrice.
Il tratto percorso dal treno imperiale nelle Gole del Nera, rimase attivo fino al 1998 e poi dismesso a causa degli elevatissimi costi per mantenere in sicurezza la linea e sostituito da una nuova galleria di quasi 4 km scavata all'interno del monte Santa Croce.
Il vecchio percorso in disuso, percorribile a piedi o in bicicletta, inaugurato nel novembre del 2016 dopo i lavori di adeguamento, costituisce un pregevole esempio di recupero che consente di ammirare le gole del Nera, il borgo di Stifone e le testimonianze di archeologia industriale rappresentante dalle centrali idroelettriche costruite agli inizi del Novecento da Aldo Netti e dalle opere di presa del Recentino per la centrale di Nera Montoro. Vi lascio qualche foto:

Il borgo di Stifone a destra e il vecchio sedime della ferrovia a sinistra.
In mezzo il fiabesco tratto azzurrino del fiume Nera
Ruderi dei fabbricati e delle chiuse delle vecchie centrali idroelettriche




Veduta di Stifone dal borgo di Taizzano - a destra si intravede il sentiero sulla vecchia ferrovia

Certamente se Sissi si fosse fermata nella zona come fecero tanti artisti e viaggiatori del XIX secolo, avrebbe sicuramente apprezzato le bellezze artistiche e naturalistiche del luogo, soffermandosi incantata alla cascata delle Marmore. 


Uscendo con gran fragore, il Nera e la linea ferroviaria, discendevano in pianura sotto il borgo di Montoro raggiungendo il fiume Tevere in prossimità di Orte. Poco prima della sua stazione, la ferrovia attraversava il Tevere mediante un avveniristico ponte di ferro realizzato nel 1865, del quale esiste una bella testimonianza fotografica:



Orte - il mio paese


Bizzarramente, quasi per caso, ho scoperto che l'imperatrice passò anche per il mio paesello, ovviamente sostando brevemente per le dovute fermate del treno. Quasi sicuramente neppure riuscì a vedere l'antico borgo d'origine etrusca posto su di un ampio sperone di tufo a picco sul Tevere, col pittoresco profilo d'un antico acquedotto, poiché quando vi giunse era ormai tardi e tutto si stava perdendo nell'oscurità. 
Chissà come doveva essere il mio paese nell'Ottocento? Poche anime, poche candele accese per rischiare la notte... 


Orte poteva vantare una storia millenaria e dopo secoli di onorato prestigio grazie alla sua posizione strategica sul Tevere e fra le vie Flaminia e Amerina - sul Tevere vi era anche un importante porto fluviale d'epoca romana chiamato Seripola e un bellissimo ponte dello stesso periodo detto di Augusto oggi ridotto a ruderi - vi fu un lungo periodo di profonda decadenza che si riuscì a superare solo con la realizzazione della stazione, inaugurata nel 1865, che portò notevoli vantaggi a tutta la zona.
Il fabbricato viaggiatori originario, distrutto durante la seconda guerra mondiale, venne sostituito da un edificio in stile moderno al termine del conflitto, inaugurato nel 1949.



Una curiosità: In questo mio piccolo borgo ebbe i natali Filoteo Alberini, pioniere del cinema italiano che nel 1894 inventò un apparecchio per la ripresa e la proiezione brevettato nel 1895 (quasi contemporaneamente al cinématographe dei Lumière), sotto il nome di "kinetografo Alberini". Purtroppo il brevetto fu depositato molto tempo dopo rispetto ai Lumière, pertanto questi ultimi sono ad oggi ancora considerati i fondatori assoluti del cinema.


Di Alberini si sono conservati solo pochissimi fotogrammi; uno dei suoi film più importanti fu "La presa di Roma" del 1905. 

Ma proseguiamo il viaggio in compagnia di Sissi! Lasciata la stazione di Orte, proseguendo verso sud, dopo una buona mezz'ora s'incontrava la stazione di Borghetto.


Borghetto
odierna stazione di Civita Castellana-Magliano


Inaugurata nel 1865, la stazione di Borghetto riscosse immediatamente un buon successo sia di passeggeri, sia di traffico merci. Grazie alla presenza dell'antica Via Flaminia, la zona era da sempre stata animata da un dinamico passaggio di turisti - soprattutto all'epoca del Grand Tour - che nella vicina Civita Castellana potevano trovare diverse possibilità d'alloggio e potevano scoprire le bellezze dell'arte antica e moderna. Degno di nota il bellissimo Duomo con pittoresca pavimentazione in marmi policromi dei Cosmati. Qui si fermò anche Mozart col padre durante il suo viaggio in Italia e presso il Duomo suonò anche l'antico organo presente. Chissà se l'imperatrice Sissi era a conoscenza di tutte le beltà della cittadina, arroccata anch'essa su di una vasta roccia di tufo, compreso il Forte Sangallo costruito per volere dei Borgia? Forse sì, grazie alle famose guide turistiche dell'Ottocento del Baedeker.





Nel 1860 i garibaldini si fermarono a Civita Castellana e il 12 settembre del 1870 vi sostò anche re Vittorio Emanuele II, diretto verso Roma con il suo esercito, che liberò la città dal secolare potere della Chiesa, annettendola a quello che poi sarebbe divenuto il Regno d'Italia.


La realizzazione della linea ferroviaria Roma-Orte, che andava ad intersecare la vecchia Via Flaminia, fu assai vantaggiosa per la zona che poteva vantare anche un'antica produzione di ceramica, pertanto la costruzione d'una stazione ferroviaria fu quasi obbligatoria. 
La situazione rimase immutata per diversi anni, anche se vi furono eventi come l'elettrificazione e il raddoppio della linea, fino al 1977 quando venne inaugurata la prima tratta della Direttissima Firenze–Roma e (completata nel 1992), portando una diminuzione del traffico ferroviario presso la stazione, con un conseguente abbassamento del numero di passeggeri. 


Stimigliano



Dopo Borghetto, il viaggio dell'Imperatrice Elisabetta proseguì alla stazione di Stimigliano che venne inaugurata nel 1864 con l'attivazione della linea Roma-Ancona.
Mentre l'antico borgo, conosciuto anche col nome di "Porta della Sabina", sorge sulla sommità di una collina sulle sponde settentrionali del Tevere posta di fronte al Monte Soratte, tanto decantato dal poeta romano Orazio e dagli artisti del Grand Tour, l'abitato attorno alla stazione ferroviaria si compose soprattutto nel secolo scorso con la costruzione della via ferrata.




Montorso
odierna stazione di Poggio Mirteto




La stazione prendeva il nome dal vicino ponte di Montorso nel Comune di Torrita Tiberina, posto ai piedi dell'antico borgo arroccato di Poggio Mirteto a pochi chilometri dal fiume Tevere.
Nell'Ottocento si andò affermando come principale centro economico e culturale della zona ed ebbe parte ai moti per l'Unità d'Italia. Gregorio XVI conferì a Poggio Mirteto il titolo di città nel 1837, anno di nascita di Sissi.
Il 24 febbraio 1861, nel cuore dei tumulti italici per l'unificazione nazionale, mentre Poggio Mirteto era ancora sotto la sovranità dello Stato Pontificio, scoppiò una rivolta popolare originata dalla decapitazione di un suddito del papa-re. I rivoltosi inviarono una delegazione a Rieti, dove il 27 febbraio 1861 il marchese Gioacchino Napoleone Pepoli, Commissario Generale dell'Umbria, decretò l'annessione di Poggio Mirteto al nascituro Regno d'Italia.

"A view of Poggio Mirteto" di Carl Ludwig Hackert , 1777

Passo di Corese 
odierna stazione di Fara Sabina - Montelibretti

Le truppe di Garibaldi alla stazione di Passo Corese (visibile a sinistra) nel 1867, dopo la battaglia di Mentana
La zona del "passo di Corese", riferito al fondovalle sabino e non all'omonimo borgo arroccato sulle dolci colline della Sabina, era fin dall'antichità un nodo di scambio assai importanti sia per i trasporti fluviali sul fiume Tevere che per quelli terrestri grazie alla Via Salaria. Per tale ragione, nel medioevo il "passo di Corese" divenne una stazione di posta e nei pressi del ponte sorse un'osteria, dove i viaggiatori potevano mangiare, riposarsi e cambiare i cavalli. Per molti secoli il "passo di Corese" non fu un vero e proprio centro abitato ma un semplice luogo di transito, costituito dalla sola osteria. Fu solo con la costruzione della ferrovia Roma-Ancona, all'epoca nota come "ferrovia Pio Centrale" in quanto ideata e promossa da papa Pio IX, che vicino all'osteria venne costruita una stazione ferroviaria. La realizzazione della linea fu stabilita sin dal 1846, ma i lavori partirono solo a ridosso dell'Unità d'Italia che qui, nelle immediate vicinanze del confine con lo Stato Pontificio, diede luogo a violente battaglie.
La stazione venne inaugurata ufficialmente il 1º aprile 1865 con l'apertura al traffico del tratto della linea tra Roma e Orte; sorgeva in una zona all'epoca rurale e molto distante dai più vicini centri abitati, pertanto originariamente gli fu dato il nome di Passo di Corese, toponimo che indicava il punto in cui la vecchia Via Salaria passava con un ponte il fosso di Corese; la parola "passo" va quindi intesa nell'accezione di "attraversamento di un corso d'acqua" e non in quella di passo montano. L'attuale abitato di Passo Corese non esisteva ancora e nacque solo successivamente, quale conseguenza all'edificazione della linea ferroviaria.
In seguito (non più avanti del 1898) il nome della stazione fu modificato in Fara Sabina, a ricordare il nome del comune di Fara in Sabina, in cui la stazione ricade (anche se il capoluogo comunale dista ben 13 km). Nel novembre del 1924 il nome venne modificato nell'attuale Fara Sabina-Montelibretti.


Monte Rotondo

La stazione di Monterotondo all'inizio del Novecento
Ultima stazione prima di entrare ufficialmente a Roma.
Anche quest'ultima aprì il 1º aprile 1865 con l'attivazione del tratto Orte-Roma della Ferrovia Firenze-Roma. Fino al 1º aprile 1916 era denominata semplicemente "Monte Rotondo"; in tale data assunse la denominazione attuale di Monterotondo - Mentana.



  • L'imperatrice d'Austria arriva a Roma 


La sera del 6 dicembre 1869 giunse all'antica stazione di Roma (Termini) intorno alle 23:25 la contessa di Hohenembs: “[...] Era lei, naturalmente, l’imperatrice. Di una bellezza abbagliante. La copia sublimata, perfetta di sua sorella Maria Sofia. Più alta, più bruna se possibile, dritta e flessuosa come una spada. Creatura di gran razza. Un bianco superbo narciso sbocciato in un trionfo di velluti, diamanti e tulle….”

“Re Franceschiello” di Giuseppe Campolieti, Ed . Mondadori.


La stazione di Roma Termini nel 1868
prima della costruzione del progetto di Salvatore Bianchi

Nonostante l'ora tarda, all'antica stazione di Termini stavano ad attenderla la sorella Maria Sofia e il marito Francesco di Borbone, ex sovrani del regno delle Due Sicilie rifugiatisi a Roma dopo la capitolazione di Gaeta (1861) e la fine del regno borbonico nell'Italia meridionale. Alla banchina stavano anche il conte Trauttmannsdorff e tutto lo staff dell'ambasciata austriaca in Roma, nonché molti austriaci residenti nella città non intimoriti dal tardo arrivo di Sua Maestà.
I 74 colli imperiali, furono scaricati dal treno senza troppa difficoltà viste le poche persone presenti in stazione, grazie proprio l'arrivo notturno dell'imperatrice.
Nel piazzale antistante la stazione, tutta la comitiva imperiale prese posto nelle carrozze messe a disposizione da  Maria Sofia e Francesco e si diressero verso la propria abitazione. A Roma l'imperatrice prese alloggio a Palazzo Farnese - dal 1936 concesso per 99 anni  al governo francese, che ha qui la sede della propria ambasciata in Italia - dove trovò posto anche il modesto seguito di Sua Maestà composto dal barone von Nopcsa, dalle contesse Hunyady e Festetics, nonché da un piccolo consesso di camerieri e dall'immancabile parrucchiera personale dell'imperatrice. Una parte dell'entourage, certamente principi e baroni che presso la Corte di Sua Maestà ricoprivano ruoli amministrativi - trovò posto anche a Palazzo Venezia.
L'imperatrice portò con sé anche l'ostetrica della Corte, la signora Grub, che era partita da Vienna per Roma qualche giorno prima di Sissi, così come il medico di Corte dottor Braun.



Nel bellissimo Palazzo Farnese - uno dei più bei palazzi rinascimentali di Roma iniziato nel 1514 da Antonio Sangallo, proseguito da Michelangelo e portato a termine da Giacomo della Porta -  era stato realizzato l'appartamento per l'imperatrice Elisabetta, composto da diverse stanze com'era usanza a quel tempo. Tra le tante cose messe a disposizione da Maria Sofia per la sorella, erano state acquistate ben 16 stufe a legna che la cronaca menzionò poiché era un lusso che all'epoca non era comune nei palazzi romani!

Come contessa di Hohenembs, il viaggio di Sua Maestà aveva carattere puramente privato, poiché sua sorella era in stato interessante e Sissi trascorse settimane intere al letto della Regina di Napoli, visitando al contempo tutti i tesori della Città Eterna. Franceschiello, assai di buon cuore, "si fa in quattro a forza di gentilezze" senza essere punto d'impaccio per le due sorelle.
Purtroppo la cronaca dell'epoca - nello specifico "Il giornale di Roma" - si ritrovano pochissimi accenni sul viaggio di Elisabetta a Roma e non si conoscono tutti i giri culturali che ella fece nella Città Eterna; anzi, proprio "Il giornale di Roma" descrisse sommariamente il soggiorno dell'imperatrice d'Austria soltanto il 17 gennaio 1870, quand'ella lasciò la città. Maggiori dettagli si ritrovano invece nella cronaca dell'Impero Austriaco.
Sappiamo ad esempio che il 7 dicembre, Sissi ricevette gli omaggi di Sua Santità da parte di Monsignor Pacca, maggiordomo del Papa, e Monsignor Ricci, maestro di Camera. Nel pomeriggio risulta una visita del Cardinale Antonelli, Segretario di Stato, che oltre ai suoi ossequi, portava tutte le indicazioni e le formalità consuetudinarie da attuarsi per la programmata visita al Papa.
Dalla cronaca del tempo non si hanno ulteriori informazioni, sennonché il tempo di quei giorni non fu particolarmente buono.
Curiosamente, i giornali non mancano mai di chiedersi se l'imperatrice d'Austria sarebbe stata all'altezza dell'imperatrice Eugenia di Francia - con la quale già Sissi era in perenne conflitto a causa della loro rivalità in materia di bellezza - che era una donna estremamente pia e religiosa, quasi al bigottismo, così reverenziale e totalmente asservita al Cattolicesimo. Sissi era esattamente l'opposto e la sua religiosità era sì piena e convinta, ma spesso totalmente innaturale, poiché anche questa ordinata da obblighi e regole di quell'etichetta che l'imperatrice odiava fortemente.

L'8 dicembre si aprì il Concilio Ecumenico, il cui sfarzo delle numerose cerimonie, si articolò per ben due giorni. Il primo, proprio l'8, era riservato agli ecclesiastici e si svolse ovviamente nelle Basilica di San Pietro tra mille festeggiamenti, spari di cannoni e quant'altro.
Il maltempo che stava flagellando la città, non impedì che l'immensa Basilica di San Pietro si mantenesse piena in lungo e in largo per tutta la durata dell'evento e ciò avvenne anche il giorno successivo, 9 dicembre, quando vi fu un'altra cerimonia alla quale intervennero anche le autorità civili e tra queste anche l'imperatrice Sissi. Ella trovò posto insieme a suo cognato Francesco, la regina Olga di Württemberg, il Granduca di Toscana Leopoldo II (che morirà subito dopo, il 28 gennaio, a Roma) con la moglie Maria Antonia, i giovani duchi di Parma Roberto e Maria Pia, i duchi di Modena Francesco V e Adelgonda - insomma una riunione di tutti i principi spodestati sotto l’ala del Papa - in una tribuna riccamente decorata.
Sissi si sedette nella tribuna riservata ai diplomatici, proprio di fianco al conte Trauttmansdorff, vestendo rigorosamente in abito nero, come tutte le donne presenti, come richiesto dal protocollo.
Molti i prelati presenti, "un mare di tiare" come ebbe a dire Sissi, che rimase stupita di fronte a quelle manifestazioni ossequiose verso il Papa; tra baciamano e atti d'obbedienza, l'imperatrice non riuscì a trattenersi più di un'ora a fronte delle 7 ore di cerimonia previste.

Dopo questo evento ovviamente Sissi non poté comunque sottrarsi agli obblighi del suo ruolo, pertanto Sua Maestà l'Imperatrice d'Austria fece visita al Papa. Quest' "abboccamento col Santo Padre" (come ebbe a dire la moglie del giornalista, una trasteverina purosangue - «Neue Freie Presse» del 13 dicembre) ebbe luogo all'una del pomeriggio nel Palazzo Apostolico Vaticano. 
Sissi, accompagnata dall'ambasciatore d'Austria-Ungheria e da tutto il suo seguito, venne ricevuta ai piedi della Scala Regia - opera del Sangallo e del Bernini - da dove Monsignor Pacca la introdusse negli appartamenti Pontifici dove l'imperatrice d'Austria fu annunciata al Santo Padre da Monsignor Ricci, maestro di Camera.
Il Santo Padre l'accolse con ogni riguardo e con la più "squisita benevolenza paterna ".
Racconta la leggenda che il Pontefice fosse stato molto loquace e assai amabile; parlava però solamente italiano e l'imperatrice non riuscì a capire niente.
Ciononostante, dopo l'udienza, Sua Maestà presentò le persone che componevano il suo seguito cui fu consentito di baciare i piedi del Santo Padre. In occasione di questo ricevimento, il cerimoniale in questione era stato osservato in tutti i suoi singoli dettagli. "Tutti quegli inginocchiamenti" le sembrarono - come ella stessa scriverà al marito Francesco Giuseppe - "buffi assai".
I giornali del tempo riportarono la seguente informazione storica: l'imperatrice Elisabetta era la prima regina ungherese che vedeva il Papa! 
Sua Maestà, onorò poi con una sua visita anche il Cardinale Segretario di Stato Antonelli, che il 7 le aveva già portato i propri omaggi.

Tre giorni dopo, Pio IX restituiva la visita all'imperatrice Elisabetta. Egli si recò a Palazzo Farnese accompagnato da Monsignor Pacca, da Monsignor Ricci e da tutto il suo entourage; furono accolti con ogni onore ai piedi della scala principale dall'ex re delle Due Sicilie e da tutti i principi e le principesse di Napoli. Salito al primo piano, nella Sala del trono, il Papa conversò amabilmente con Sissi, sua sorella Maria Sofia, il marito Francesco e tutti i principi e le principesse della famiglia reale. Dopo lunghi convenevoli e ponderate conversazioni, il Papa lasciò Palazzo Farnese.

Scrisse Elisabetta al marito:

"Anche qui, un subisso di cerimonie. Eravamo tutti adunati ad aspettarlo, inginocchiati ai piedi della scala... La conversazione si svolse in italiano, sicché io non ebbi ad occuparmene granché. Alla partenza il medesimo cerimoniale. Presso la scala, il papa tirò sulle orecchie una berretta rossa e indossò un mantello di porpora e d'ermellino, da farmi pensare all'Imperatrice Carolina Augusta."

Due ritratti fotografici di Carolina Augusta e Papa Pio IX



Una curiosità: nel 2012 in occasione della mostra "Lux in arcana. L’Archivio Segreto Vaticano si rivela" allestita presso i Musei Capitolini, fra le tante lettere (compresa una di Maria Antonietta di Francia) e i molti oggetti esposti, c'era anche una lettera di ringraziamento che l'imperatrice Elisabetta inviò al Pontefice nel 1868. Eccola qui sotto: 




Ma torniamo al soggiorno di Sissi a Roma.
Come da sua abitudine, dove aver adempiuto ai così tanto odiati obblighi di rappresentanza, Elisabetta poté godere del suo incognito per dedicarsi alle bellezze di Roma. Sempre completamente vestita di nero, scortata dal colonnello barone von Nopcsa in qualità di Obersthofmeister, dalla sua dama di compagnia contessa Hunyady e dall'anziano barone Visconti "il miglior conoscitore di Roma e allo stesso tempo membro della Commissione per gli studi antichi" ("Wiener Zeitung" del 30 dic. 1869) Sissi visitò tutte le attrazioni principali "[...] con grandissimo interesse [...] i Santuari, i Monumenti d'ogni ispecie, antichi e moderni, ed i principali Istituti della città, come pure molti studi d'artisti, lasciando ovunque di sé la più grata memoria". "Sua Maestà, quando entrava in contatto con il pubblico locale, estranei e indigeni, era oggetto di sincera adorazione, che è silenziosa ma spesso commovente". 


Per molti giorni le cronache del tempo non menzionano gli spostamenti di Sissi a Roma, ma è lecito credere che in più di un mese di soggiorno ella abbia avuto modo di scoprire tutte le bellezze della città come Piazza di Spagna con la Barcaccia del Bernini e la chiesa di Trinità dei Monti, la colonna all'Immacolata Concezione, Piazza del Popolo con il Pincio, il Pantheon, Piazza NavonaCastel Sant'Angelo, Piazza Barberini ecc... ecc... ecc...













Sappiamo per certo che sabato 18 dicembre Elisabetta visitò la Chiesa di San Giovanni in Laterano in concomitanza con la conclusione del rito di ordinazione sacerdotale; ispezionò lungamente la ricca Basilica barocca, la più antica e importante basilica d'Occidente sita sul colle del Celio, scese nella tomba del Corsini [Papa Clemente XII] adornata dal gruppo marmoreo della Pietà (che nella cronaca del tempo viene scambiata con quella del Bernini), visitò poi il Museo Pio Cristiano nell'adiacente Palazzo del Laterano dove Sissi ammirò i resti di molte delle catacombe paleocristiane rimanendo affascinata dai bagni a mosaico delle Terme di Caracalla.




Nello stesso giorno Sissi visitò il più imponente dei monumenti dell'antica Roma, il Colosseo, le cui gigantesche forme ancora stupiscono per la bellezza delle linee e che di certo incantò l'imperatrice d'Austria, così amante dell'arte antica e classica, lietamente sorpresa di vedere intatto il bellissimo Arco di Costantino coi suoi fitti bassorilievi. La cronaca non menziona altre visite, ma sicuramente Elisabetta ebbe modo ammirare tutti i bellissimi reperti storici posti attorno al Colosseo del Foro Romano al Palatino. 










Sissi concluse l'escursione con una preghiera nella vicina Basilica di San Pietro in Vincoli, situata nel rione Monti, sul colle Oppio, detta anche basilica Eudossiana dal nome della fondatrice, l'imperatrice Licinia Eudossia moglie di Valentiniano III, costruita come luogo di riposo per le catene di San Pietro e glorificata da Michelangelo col suo Mosè.





La domenica successiva, 19 dicembre, una vera giornata di primavera, l'elegante Roma si aspettava che l'imperatrice prendesse parte al giro in Corso e alle passeggiate sul Pincio...




... ma come sua abitudine, tremendamente imprevedibile, Sua Maestà usò meglio quella giornata per effettuare un lungo giro culturale che la portò da Porta S. Sebastiano, alle tombe degli Scipioni, al Colombario dei Liberti, alle Catacombe di S. Callisto, e poi più avanti sulla Via Appia - l'antica strada romana fortunatamente riscoperta da Pio IX, il cui ex punto terminale è ancora oggi ricordato dalle due colonne romane a Brindisi - fino alla tomba da Cecilia Metella, da dove poté godere di una deliziosa panoramica della città sui sette colli e della campagna romana coi Colli Albani sullo sfondo.

Porta San Sebastiano



"Viandanti sull'Appia Antica" di Arthur John Strutt (1858)


Lunedì 20 dicembre ebbe luogo la prima visita di Sua Maestà alla Basilica di S. Maria Maggiore - conosciuta anche come Madonna della Neve in ricordo della miracolosa nevicata del 5 agosto sulla quale Papa Liberio tracciò il perimetro della chiesa - al tempo di Sissi una delle chiese più grandi e imponenti della città, particolarmente apprezzata dall'imperatrice per via della sua posizione soprelevata, il punto più alto di Roma.
Qui l'imperatrice s'intrattenne in preghiera davanti alle reliquie della Sacra Culla di Gesù, custodite in un reliquiario di cristallo ad opera del Valadier.





Da qui, Sissi procedette alla Cappella Sistina, poi  alla Chiesa di S. Maria degli Angeli costruita da Michelangelo utilizzando i resti delle Terme di Diocleziano. All'epoca l'antistante Piazza della Repubblica come la conosciamo oggi, non era ancora stata realizzata.
Adiacente alla chiesa, vi era un tempo un monastero di certosini, anch'esso ricavato dalle terme di Diocleziano. La struttura convenutale aveva un'ampia cubatura e poteva vantare, ieri come oggi, la presenza d'un grande chiostro con portici infiniti e un parco era ricco di grandi cipressi. 
Stando alla cronaca del tempo, Sua Maestà espresse il desiderio di entrare nella cella di uno dei monaci certosini, un desiderio che fu prontamente realizzato.
Al tempo della visita di Sissi, Pio IX fece allestire nel chiostro della Certosa un’esposizione d’arte religiosa che lui stesso inaugurò il 17 febbraio 1870, con i Padri conciliari; venne poi a visitarla nel mese di marzo e presiedette alla solenne chiusura con la distribuzione di premi ed attestati. Fu uno dei suoi ultimi atti come sovrano temporale. Con l'Unità d'Italia, con la fuga del Papa in occasione della Breccia di Porta Pia nel settembre 1870, i certosini furono allontanati dalla chiesa e dal relativo convento; in un primo momento la zona conventuale fu lasciata ai militari, indi ai frati di San Francesco da Paola ed infine al clero diocesano. Oggi al posto del convento è stato ricavato il Museo nazionale romano.





Il pomeriggio del 20 dicembre - dopo che molti austriaci, compreso l'intero episcopato austro-ungarico, presenti qui in quel momento nella città, e molti altri membri dell'aristocrazia locale, avevano chiesto udienza con l'imperatrice d'Austria per rendere omaggio a Sua Maestà - Sissi si sentì in dovere di ricevere gli ossequi di queste persone. 
Le grandi stanze di Palazzo Venezia, sede dell'ambasciata, ​​servirono da sala delle udienze.




All'inizio Sua Maestà si degnò di ricevere tutti gli arcivescovi, i vescovi e prelati della monarchia, dopodiché ebbe luogo la presentazione collettiva degli altri gentiluomini che aspettarono a semicerchio per l'entrata dell'Imperatrice; Sissi indossava un abito bianco di moiré con ricami neri - secondo consuetudine dell'Avvento - e sui bei capelli una sfavillante tiara di brillanti.
All'inizio l'imperatrice s'intrattenne con le donne presenti - la contessa Trauttmansdorff-Liechtensteich, la moglie dell'ambasciatore e altre tra le quali si ricordano la contessa Apponyi e la principessa Borghese. A tutte Sissi si rivolse con parole gentili.
A ciò seguì la presentazione di signori presenti da parte dell'ambasciatore, tra cui il principe Odescalchi, il conte Schonborn, il conte Apponyi, il conte Deym, il conte Mitrowsky e il giovane principe Iturbide, che spiccava in particolare nella sua uniforme senza pretese d'un caporale dei dragoni pontifici.
Sua Maestà si rivolse quindi agli artisti austriaci che furono ammessi su richiesta speciale del più alto ordine: i signori Bonzoni, Böheim, Börczedez, Capek, Flatz, Kayser, Passini, Polak, Rüben, Romaco, Schimek, Schulz, Schönbrunner Soldatich e dr. Taussig. L'imperatrice indugiò a lungo con ognuno di loro formulando domande riguardanti le loro opere, giudicandoli in singoli casi e formulando talvolta il proprio apprezzamento.

Il giorno di Natale, si sperò che Sissi partecipasse alla solenne Messa nella Basilica di San Pietro, espressamente officiata dal Papa, ma probabilmente ciò non ebbe luogo poiché non si ritrova rispondenza nelle cronache del tempo.



Sappiamo invece che il 24 dicembre era il compleanno di Sissi e la Vigilia di Natale.
Non si comprende bene se il Papa fosse tornato a trovare l'Imperatrice proprio in quel Santo giorno, ma una curiosa notizia di quel periodo dice che quando il Santo Padre fece una visita alla sovrana, la trovò inginocchiata sulla soglia del palazzo, implorando la benedizione apostolica. Profondamente commosso da questa manifestazione di timore reverenziale e amore paterno dell'imperatrice, il Santo Padre insistette affinché lasciasse la sua umile posizione; ma l'imperatrice la mantenne fintantoché non entrò l'ostensorio e non ne ricevette la benedizione.
Proprio la sera della Vigilia, 24 dicembre, esattamente come Sissi, Maria Sofia mise alla luce una bambina (che però morirà l'anno seguente, il 28 marzo 1870). Sua sorella Elisabetta l'assistette premurosamente giorno e notte e aggirandosi nelle fredde stanze di Palazzo Farnese coi suoi pittoreschi decori di marmo e i pavimenti a mosaico, si buscò una brutta tosse che cercava di curarsi con il latte d’asina.

Il 28 dicembre la piccola neonata fu battezzata nella cappella del palazzo ricevendo il nome di Maria Cristina Luisa (nome della madre del re e della regina). La piccola principessa di Napoli avrebbe dovuto avere come padrini il Papa e l'imperatrice Marianna, che furono rappresentati dal Cardinale Antonelli e dall'imperatrice stessa “seducentissima in abito ornato di garza d’oro e la corona in testa”.
Si dice che al pranzo che seguì in palazzo Farnese, furono preparate moltissime Sachertorte, che leggenda vuole fosse uno dei dolci preferiti dell'imperatrice d'Austria.

All'evento parteciparono numerosi esponenti della nobiltà romana e alti prelati e la cronaca austriaca annuncia pure l'arrivo della contessa di Trani, ovvero Matilde la sorella di Sissi e Maria Sofia, andata in sposa al fratello dell'ex re Francesco di Borbone.

Maria Sofia e la sorella Mathilde intorno al 1865

L'aristocrazia partenopea portò, tra i molti doni, una culla fatta venire da Parigi.
La celebrazione voleva essere un contraltare alle manifestazioni avvenute nella vecchia città di Francesco e Maria Sofia, dove Margherita di Savoia aveva dato alla luce il futuro Vittorio Emanuele III, nato l'11 novembre di quell'anno. La Chiesa di Roma aveva snobbato l'evento a causa dei contrasti con la famiglia regnante, e anche i filoborbonici guardavano alla nascita di Maria Cristina come al vero parto regale dell'anno.
Dopo il sacro evento, ebbe luogo un sontuoso rinfresco che segnò l'ultima cerimonia ufficiale alla quale partecipò l'imperatrice, oltre alla funzione dei Vespri del 31 dicembre che ebbe luogo nella Basilica Vaticana che si prolungò poi nella Chiesa del Gesù dove si cantò l'Inno Ambrosiano di ringraziamento.

L'imperatrice Elisabetta dedicò gli ultimi giorni quasi esclusivamente alle curiosità di Roma. Un giorno, quando si recò al Campidoglio con un abito rosso-carminio dalla foggia ungherese, probabilmente qualcuno la riconobbe e fu vivamente accolta dal popolo romano con fragorosi "Evviva!". Dalla balconata del Campidoglio, l'imperatrice ammirò i resti del Foro Romano.













L'ultimo sabato del suo soggiorno romano, l'imperatrice si recò in visita alla Basilica di San Paolo Fuori le mura, agli scavi sul sito dell'antica Marmorata - il grandioso porto dei marmi della Roma Antica dove fino al secolo scorso ancora si potevano trovare enormi quantitativi di marmo semilavorato mai utilizzati, ma oggi scomparso - il Tempio di Vesta e quelli di Portumo  e Ercole Vincitore col Foro Boario e la Bocca della Verità,  nonché i luoghi più importanti di Trastevere come la Chiesa di Santa Maria, la chiesa di San Crisogno e quella di Sant'Agata. Non mancò certo di ammirare il bellissimo Ponte Sisto che conduceva nel Rione così come pure l'Isola Tiberina coi suoi ponti e magari anche Porta Portese e il Porto di Ripa.

Probabilmente, durante uno dei suoi lunghi giretti per la città, Sissi ebbe modo di vedere anche il porto di Ripetta (oggi scomparso), un antico scalo fluviale posto nell'area antistante alla chiesa di San Girolamo dei Croati, costituito da una grande e pittoresca scalea d'epoca barocca realizzata utilizzando i travertini di un’arcata del Colosseo rovinata a terra a causa del terremoto del 1703. 
Nel tempo il porto subì un rapido degrado e, dopo l'annessione di Roma al Regno d'Italia, fu decretata la sua demolizione per permettere la costruzione dei muraglioni lungo il Tevere. L’area fu interamente ricoperta di terra fino a colmare il muraglione che, nuovo, correva da ponte Milvio fino al Porto di Ripa Grande.
Sissi fu fortunata, perché nel 1869-70 l'antico porto di Ripetta era comunque ancora in buone condizioni.




L'antica Marmorata, circa 1885
Il Tempio di Vesta, circa 1860

Tempio di Portumo
Basilica di Santa Maria in Cosmedin della "Bocca della Verità"

La chiesa di San Crisogno e sullo sfondo quella di Sant'Agata
Ponte Rotto davanti all'Isola Tiberina con la passerella ottocentesca
Il ponte che oggi passa di fianco ai ruderi del Rotto, venne costruito solamente nel 1890 circa e ribattezzato Ponte Palatino.

L'Isola Tiberina coi suoi due ponti Cestio e Fabricio visti dal Ponte Palatino
Porta Portese
Il porto di Ripa col Complesso Monumentale a Ripa sulla sinistra
Il Porto di Ripetta


L'antico porto di Ripetta intorno al 1870



Dice la cronaca che "Sua Maestà sarebbe stata completamente soddisfatta delle impressioni di Roma, se solo il cielo italiano fosse stato più clemente." Evidentemente l'inverno romano di quel mese non fu troppo soleggiato, invero forse piovoso.

Il 15 gennaio si comunicò la notizia dell'imminente partenza di Sua Maestà; pertanto il Santo Padre tenne una Messa Silenziosa in suo onore nelle cappelle del Vaticano e quella stessa sera omaggiò l'imperatrice che prese parte al dejeuner con il papa.

Non riportato dalla cronaca, ma ritrovabile in una delle prime biografie storiche sull'imperatrice d'Austria scritta da Egon Caesar Conte Corti (1934), una caccia nelle campagne romane. Il biografo, che ebbe accesso a documenti per l'epoca inediti e poté parlare con discendenti o leggere memoriali e lettere che talvolta risultano disperse, riporta che il 16 gennaio 1870 Elisabetta fu invitata a una caccia alla volpe. L’aristocrazia romana si diede appuntamento alla Tomba di Cecilia Metella e l’Imperatrice arrivò alle 11 a porta San Sebastiano in carrozza. Il comitato delle cacce aveva preparato una ricca colazione sotto una tenda ornata di fiori. Dopo mangiato, cominciò la caccia, durante la quale furono stanate parecchie volpi, anche se non ne fu presa nemmeno una. I nobili galopparono per tre ore e Sissi, con un magnifico vestito da amazzone, rimase incantata dai colori e dalla dolcezza del paesaggio della campagna romana, per quanto avesse trovato il terreno assai meno propizio rispetto a quello della sua amata Ungheria.
Al fianco dei nobili romani come i Doria e gli Odescalchi, quella giornata la divertì molto e il suo beniamino locale fu il conte Malatesta. 


L'imperatrice Elisabetta a cavallo a Vienna, intorno al 1865

Il giorno seguente Sissi lasciò Roma, promettendo di tornarvi, ma non fu così: la bella Imperatrice concluse i suoi giorni nel 1898 senza aver più messo piede nella Città Eterna.

Come da programma, Sissi si sarebbe nuovamente recata ad Ancona con il treno, avrebbe preso il suo yacht privato ancora attraccato al porto e avrebbe da lì raggiunto Trieste intorno alle ore 10, dove l'imperatore l'avrebbe aspettata, consumando il suo dejeuner  a Stuhlweissenburg durante il viaggio da Trieste a Ofen. 
Elisabetta lasciò dunque Roma il 17 gennaio salendo sul suo treno separato alla stazione di Roma Termini, nel più rigoroso incognito, nuovamente accompagnata dal barone Kübeck. 
A Foligno, approfittando della sosta del treno, l'imperatrice consumò il suo dejeuner
Ritornata ad Ancona, l'imperatrice aveva fatto inviare un annuncio affinché si evitassero celebrazioni di benvenuto, udienze o ricevimenti di sorta. Il tempo purtroppo non era dei migliori, sicché 
Elisabetta e si vide costretta ad attendere ad Ancona un miglioramento delle condizioni climatiche poiché una violenta tempesta marina le impedì di continuare il viaggio di ritorno. Il suo rientro in patria fu quindi ritardato di un giorno e, dato che il clima non migliorò, si pensò di proseguire il viaggio via treno raggiungendo Bologna e infine Gorizia dove era stato preparato il dejeuner per la sovrana. Il viaggio proseguì come da programma verso Ofen, in Ungheria, dove l'imperatore aveva già condotto i loro figli. La cena ebbe luogo infine a Steinbrück e l'arrivo di Sissi a Ofen avvenne il 20 gennaio 1870 alle ore 7 di mattina.



Fonti:

«Giornale di Roma»
«Wiener Zeitung»
«Wiener Abendpost»
«Fremden-Blatt»
«Die Presse»
«Neue Freie Presse»
«Vereinigte Laibacher Zeitung»
«Das Vaterland»