sabato 24 dicembre 2016

Un classico del Natale: il balletto “Lo Schiaccianoci”


Natale non sarebbe Natale senza le classiche celebrazioni alle quali siamo abituati, i pranzi e le cene interminabili circondati dai cibi tradizionali della feste, dalla famiglia, dagli amici, dalle bellissime decorazioni della casa con l’albero e il presepe, dalle scintillanti luci e dallo spirito gaio e lieto delle feste.
Questa festa non sarebbe egualmente la stessa, senza i film e i libri che con essa sono ormai un unicum divenuto inscindibile; ed è così che alla tv vengono nuovamente trasmessi i bellissimi cartoni della Disney, oppure la tanto amata serie di “Fantaghirò”, come pure le trasposizioni de “Il Canto di Natale” di Charles Dickens, “Piccole Donne” del 1993 con Winona Ryder, senza contare la vecchia e bellissima fiction televisiva in due puntate “Heidi” degli anni ’90… Meravigliose storie, da gustarsi durante il periodo natalizio, insieme agli amici dagli animi più sensibili.
Ma fra le tante cose, Natale non sarebbe Natale senza andare a teatro (o anche al cinema, con le dirette teatrali da ogni dove) a vedere il balletto natalizio per eccellenza: “Lo schiaccianoci”. Come non ricordare le bellissime musiche di Tchaikovsky, melodie memorabili frequentemente utilizzate in televisione e al cinema, le deliziose danze eseguite all'interno di una casa la notte di Natale, il passo a due della Fata Confetto e il viaggio di Clara nel mondo dei dolciumi con le danze cinesi, spagnole e russe consacrate dal cartone “Fantasia” della Disney: tutti noi conosciamo le melodie di questo incantevole balletto, molti conoscono bene anche il balletto stesso e amano andarlo a vedere a teatro durante il periodo natalizio, molti altri invece non lo conosco affatto, eppure ormai fa parte delle nostre tradizioni e spesso, se si vuol far un regalo prezioso e magico, ancora si pensa di donare un biglietto per una rappresentazione de “Lo Schiaccianoci”, specialmente alle mamme, alle nonne o alle proprie figlie che iniziano a muovere i primi, inesperti, passi di danza.

Ma qual è la genesi di questo balletto? Com'era la sua storia quando fu ideato? Perché proprio uno schiaccianoci tanto grottesco e brutto, quale regalo di Natale per una bambina? Scopritelo insieme a me, e seguitemi in questa storia tutta ottocentesca.

Clara e Drosselmeyer nel I atto del "Nutcracker" del Royal Ballet

Antefatto

Siamo sul finire dell’Ottocento, in Russia, a San Pietroburgo, patria ufficiale della danza dell’epoca dopo l'indiscusso successo che la Francia aveva avuto per moltissimi anni.
I Teatri Imperiali (ora Mariinsky) dettavano legge in fatto di balletto, e coreografie e musiche erano – più o meno – sempre dei grandi successi, di sovente esportati in tutto il resto d’Europa. Il sodalizio tra il grande compositore russo Pyotr Ilyich Tchaikovsky e il prolifico ed ispirato coreografo Marius Petipa, si era ormai consacrato nel mondo del teatro dopo una collaborazione che aveva già dato vita a balletti come “La bella addormentata nel bosco” (1890) in quella che ancora oggi è definita come la ‘Golden Age of Russian Ballet’: fu proprio in questo clima tanto creativo che si pensò di mettere in scena un nuovo balletto.
L’idea di creare una nuova produzione fu del direttore dei Teatri Imperiali, il principe Ivan Vsevolozhskij, che dopo aver letto il racconto natalizio “Nussknacker und Mausekönig” (Lo schiaccianoci e il re dei topi) di  E. T. A. Hoffmann – un autore molto amato in Russia – decise di proporre tale soggetto a Petipa e Tchaikovsky.
Ivan Vsevolozhsky
Lo stile asciutto dello scrittore tedesco, con le sue storie cupe, gotiche, improntate al fantastico e all'horror tipico della sua epoca, influenzarono notevolmente il Romanticismo europeo ed ispirarono le narrazioni di molti autori suoi contemporanei o successivi, tra i quali Edgar Allan Poe e Fedor Dostoevskij. Anche il giovane scrittore di fiabe Hans Christian Andersen rimase molto coinvolto dai racconti di Hoffmann che ne influenzarono, senza ombra di dubbio, lo stile e la cupezza di talune fiabe: nel caso specifico fu determinante il suo incontro da bambino proprio con la fiaba “Schiaccianoci e il re dei topi”.
Le sue storie fantastiche, caratterizzate da vicende che condizionano la realtà del protagonista in una effettiva confusione generale che non fa mai comprendere quale sia differenza tra la realtà e il sogno, certamente ben si prestavano alle rappresentazioni teatrali del XIX secolo, e non è un caso se, ad esempio, anche il balletto “Coppélia, o la ragazza dagli occhi di smalto” (Coppélia, ou la Fille aux Yeux d'Email) coreografato da  Arthur Saint-Léon su musica composta da Léo Delibes, sia stato ispirato dal primo racconto dei suoi 'Notturni', "Der Sandmann" (L'uomo della sabbia), pubblicato nel 1815.


"Nussknacker und Mausekönig": la trama

Il racconto tedesco comparve per la prima volta nel 1816 nella raccolta di fiabe per ragazzi ‘Kindermärchen” e fu ripubblicato nel 1819-1821 nella raccolta ‘Die Serapionsbrüder’.

Una prima edizione del racconto del 1816

La sera del 24 di dicembre i due figli piccoli del dottor Stahlbaum, Fritz e Maria, sono in attesa dei regali di Natale. Nel frattempo chiacchierano del loro padrino, il dottor Drosselmeyer, e cercano di indovinare cosa porterà in dono questa volta. I bambini ricevono da mamma e papà molti doni: un esercito di ussari per Fritz, una bambola di nome Claire per Maria, dolci, libri e un cavallino di legno. Nel frattempo arriva il dottor Drosselmeyer, orologiaio e abile costruttore di automi,  che dona loro un castello meccanico, con figure che si muovono al suo interno come fossero vive, tutti gai durante un’allegra festa. Tra i doni c'è anche uno schiaccianoci, un pupazzo di legno assai grottesco raffigurante un soldato che rompe le noci tra le mascelle quando si fa leva sul suo mantello, che in tutto e per tutto ricorda Drosselmeyer. Il padrino lo affida a Maria perché ne abbia cura. Durante la notte, in camera di Maria – non si capisce se in un sogno o nella realtà – appare il re dei topi, che ha sette teste e sette corone e che guida un esercito di ratti contro Schiaccianoci per vendicare sua madre Frau Mauserinks (questa faccenda verrà spiegata più avanti). Sull’orologio a pendolo sembra sia appollaiato il dottor Drosselmeyer, al posto del gufo ivi presente, che però non prende le difese dello Schiaccianoci che, divenuto generale dei soldatini, affronta il re dei topi in una turbinosa battaglia. Ai soldatini si aggiungono altri pupazzi, ma l'esercito dei topi è troppo forte; Schiaccianoci ordina perciò la ritirata. Maria si toglie dunque la scarpa sinistra e la lancia contro il re dei topi, poi cade a terra svenuta.
Illustrazione di un'edizione del 1840 del racconto di Hoffmann
Il giorno dopo Maria si risveglia nel suo letto con una ferita al gomito, che si è procurata urtando il vetro dello scaffale dei giocattoli. Il padrino, intanto, ha riparato lo schiaccianoci che Fritz aveva rotto la sera prima e, per farsi perdonare di non aver difeso Schiaccianoci durante la battaglia, Drosselmeyer inizia a raccontare la cosiddetta fiaba della noce dura: la corte dei genitori della principessa Pirlipat era funestata da una regina dei topi, Frau Mauserinks (Dame Sauriçonne in Dumas) che avevano divorato il grasso indispensabile per la cucina della corte. Il re allora incarica un orologiaio di sconfiggere l’esercito dei topi con delle trappole meccaniche efficacissime che sembrano funzionare. Frau Mauserinks, allora si ritira gridando vendetta: i morsi dei suoi denti avrebbero distrutto il viso degli eredi del re e ciò accade con la nascita della principessa Pirlipat ma Drosselmeyer, con un suo amico astronomo, comprendono che il maleficio è reversibile trovando la noce Cratatuc che deve essere aperta da un ragazzo con delle doti speciali. Ciò avviene, ma passano addirittura quattordici anni sia per trovare la noce che per trovare il ragazzo, durante i quali Drosselmeyer perde un occhio e diventa calvo (la sua rappresentazione canonica è di fatti proprio così). Dopo molte peripezie, la noce viene trovata in casa del fratello di Drosselmeyer e il ragazzo è invece il nipote Nathaniel, abile nell’aprire le noci con i denti, modo di fare che per l’appunto gli valse il nome di Schiaccinoci: il nipote dell'orologiaio Drosselmeyer rompe la noce Cratatuc ponendo così fine all'incantesimo; ma involontariamente calpesta e uccide Frau Mauserinks, che prima di morire trasforma Nathaniel in Schiaccianoci, un nuovo maleficio che si potrà rompere solo quando avrà sostenuto una lotta col figlio, il topo dalle sette teste, o quando riceverà l’amore di una giovane che lo amerà anche per il suo brutto aspetto. Dopo aver ascoltato la fiaba, Maria capisce che il padrino Drosselmeyer è l'orologiaio della storia e Schiaccianoci è il nipote trasformato. 
Una notte il re dei topi ritorna nella camera di Maria e la costringe a consegnargli i suoi dolci e i suoi giocattoli. Fritz intanto si procura una nuova spada da un colonnello dei soldatini in pensione e con quella Schiaccianoci uccide il re dei topi. Maria riceve in dono le sette corone. Maria segue Schiaccianoci nel regno delle bambole chiamato Confitürenberg o Confitürenburg – forse proprio il castello portato da Drosselmeyer – un paese fatto di dolci e giocattoli dove visita Castel Confetto e Castel Marzapane, dove conosce le sorelle di Schiaccianoci e la principessa Pirlipat alla quale pare assomigliare moltissimo. Maria racconta del suo viaggio ai famigliari, ma questi non le credono. 
Un giorno il dottor Drosselmeyer presenta agli Stahlbaum suo nipote, un giovanotto abilissimo nel rompere le noci coi denti. Quando il nipote e Maria restano soli, lui le rivela di esser stato un tempo lo Schiaccianoci e chiede a Maria di sposarlo. Maria accetta e diventa la regina del regno delle bambole.

N.B.: Il fatto che a Maria venga donato uno schiaccianoci intagliato, non stupisca il lettore o lo spettatore del balletto... certo, potrà sembrare un oggetto molto grottesco, un regalo forse sciocco, ma risulta essere ancora oggi una tradizione tedesca molto in uso, assai antica e sviluppatasi nelle boscose aree rurali della Germania tra i minatori dei Monti Metalliferi (Erzgebirge), al confine fra la Repubblica Ceca e la Germania: ritratti in maniera assai grottesca, con le fattezze di soldati, re o principi, vengono intagliati almeno dal 15 ° secolo.
Quest'usanza pare derivi da un'antica leggenda che racconta di un contadino duro di cuore e ricco che viveva nell'Erzgebirge. Egli promise una ricompensa a chiunque potesse rompere le sue noci. Un giorno, un intagliatore di Seiffen sorprese il contadino con un pupazzo di legno meraviglioso, verniciato con molti colori e con mascelle abbastanza forti da rompere le noci. Il contadino avaro fu così soddisfatto da premiare l’intero villaggio.
Oggi gli schiaccianoci, con le fattezze di principe, sono usati principalmente come elementi decorativi, soprattutto nel periodo natalizio e sono venduti ancora oggi in tutti i mercatini di Natale della Germania, grazie al fascino e al successo sempre vivo del balletto di Tchaikovsky. Le sculture schiaccianoci più famose provengono da Sonneberg in Turingia, area della Germania Centrale, e dai Monti Metalliferi.



La creazione del balletto

Nel 1890, dunque, il direttore dei Teatri Imperiali Ivan Vsevolozskij, decise di commissionare Petipa e Tchaikovsky la realizzazione di un nuovo balletto ispirato al cupo racconto “Nussknacker und Mausekönig” di Hoffmann – scrittore molto apprezzato in Russia – sull’onda del successo de “La bella addormentata” andata in scena in quell’anno. Inizialmente, il musicista ed il coreografo che già conoscevano il racconto, trovarono l’argomento per nulla spettacolare o entusiasmante, ma soprattutto non consono alla messa in scena in quanto la protagonista era una bambina che certo non sarebbe stata in grado di svolgere coreografie elaborate, che richiedevano ovviamente la preparazione tecnica di un adulto.
Marius Petipa nel 1898
Petipa iniziò a comporre il libretto per questo nuovo balletto, utilizzando come base anche “Il Racconto dello Schiaccianoci” di Alexandre Dumas padre, adattamento più poetico della storia di Hoffmann, dalla stesura più consona alle vedute del coreografo e del pubblico del tempo, scevro di tutti gli elementi più inquietanti del racconto, rendendo il tutto una deliziosa favola. Secondo Petipa, il racconto originale era disseminato di troppi elementi diabolici e misteriosi, troppo confusionario, e mal si prestava ad una rappresentazione teatrale atta all'intrattenimento del pubblico.
Il coreografo interruppe la stesura del libretto al primo atto, nel Regno delle Nevi, e pareva davvero voler rinunciare al lavoro se solo il direttore Vsevolozskij non avesse insistito affinché riuscisse a concludere il tutto entro breve tempo. Dal canto suo, anche Tchaikovsky non era molto entusiasta del soggetto, e aveva iniziato a comporre la musica con tanta fatica e senza troppa ispirazione; ma fu invogliato dalla commissione dei Teatri Imperiali che gli commissionò anche un’opera in un atto, “Iolanta”, da eseguire prima del balletto. La creazione di questo Schiaccianoci fu dunque, almeno inizialmente, più che altro un favore per Vsevolozskij anziché una vera e propria ispirazione del compositore.
Ulteriormente, la genesi di questo balletto fu complicata da altri fattori:
non appena il libretto di Petipa venne concluso, Tchaikovsky non ne fu  per nulla entusiasta perché non offriva una morale, spunti o riflessioni per il pubblico, nessun parallelo con la vita reale e alcun significato supplementare che il compositore, a giudicare dalla “Bella Addormentata” e altre opere, sicuramente considerava necessarie.
Tchaikovsky intorno agli anni '90. 

Nel febbraio del 1891, il musicista iniziò a comporre i primi brani del balletto. Nelle frequenti lettere ai fratelli Modest e Anatolij, è ben documentato l’iter della gestazione. Iniziò a scrivere il valzer dei fiocchi di neve il 9 marzo 1891: “Sto lavorando con tutte le mie forze e comincio adesso ad esser soddisfatto del soggetto. Spero di completare gran parte del primo atto prima della mia partenza per l’estero”. 
Ciò non accadde e la stesura subì un arresto poiché il compositore fece una tournée in Francia e negli Stati Uniti di ben venticinque giorni, per condurre concerti per l'apertura di Carnegie Hall. Il compositore scrisse dunque a Vsevolozhsky chiedendo che le nuove prime dell'opera e del balletto venissero posticipate alla stagione 1892-93.
Nell’aprile 1891, dopo un lungo viaggio in Francia che lo portò a toccare città come Parigi e Rouen (dove le sue lettere ci dicono che comunque abbia continuato a comporre musiche per Schiaccianoci), raggiunse infine la città di Le Havre sulla costa normanna da dove sarebbe infine partito per gli Stati Uniti.
Qui fu raggiunto dalla notizia della morte della sua amata sorella Aleksandra – meglio nota col diminutivo di Sasha – alla quale il compositore era molto legato e con la quale condivideva lo stesso carattere e la stessa tendenza alla depressione e alla malinconia. Ne fu molto toccato e durante il viaggio per mare, attraverso l’oceano, ebbe modo di riflettere sulla vita, con la consapevolezza dell’enorme differenza tra la realtà di ogni giorno e i tormenti dello spirito, ricordando i bei momenti allegri e spensierati dell’infanzia con Sasha, le rilassanti vacanze a Kamenka (in Ucraina, dove Sasha viveva con il marito Lev Davydov) dove fin dal 1865 il compositore aveva trovato il luogo ideale e congeniale nel quale comporre le sue creazioni.  Proprio a Kamenka, Petipa aveva visto Sasha per l’ultima volta, proprio in occasione del Natale e vi era rimasto insieme per un lungo e felice periodo – dal 23 dicembre al 16 gennaio. 
Vsevolozhsky rispettosamente accolse la richiesta di Ciajkovskij di rinviare le prime di schiaccianoci e Iolanta fino alla stagione successiva mentre il compositore era in lutto per la sua cara sorella.

Tchaikovsky con la famiglia Davydov a Kamenka
Aleksandra (Sasha), sorella di Tchaikovsky

È proprio durante questo meditare per mare che, probabilmente, Tchaikovsky si riconciliò con lo Schiaccianoci ed iniziò a comporre nuovamente alcuni brani del II atto, percependo l’intero secondo atto come un tributo alla sorella Sasha dove il Paese dei Dolci, Confiturenburg, rappresentava un’ideale Kamenka e la Fata Confetto non è altro che il parallelo di sua sorella.
Per il personaggio di Drosselmeyer, invece, si ispirò a se stesso: l’affetto che il misterioso dottore prova per Maria, è forte tanto quanto quello di Tchaikovsky per i figli di Sasha; il carattere schivo, timido e quasi triste del primo Drosselmeyer si ritrova anche nel compositore.
Al suo ritorno, Tchaikovsky aveva composto diversi nuovi pezzi e sembrava molto più ispirato di prima e, oltretutto, Petipa pareva aver trovato la giusta formula affinché il racconto di Dumas divenisse uno spettacolo di grande successo e incanto, elaborando un libretto dove la vicenda rimaneva in secondo piano rispetto all'atmosfera magica del Natale e del mondo delle fiabe, in cui i sentimenti di amore e divertimento venivano esaltati. Il coreografo dunque, diede istruzioni estremamente dettagliate per la composizione di ciascun pezzo, immaginandosi già le varie scene, le azioni e la pantomima. La questione della protagonista, venne risolta riducendo il ruolo della bambina e di Drosselmeyer, e creando quello della Fata Confetto alla quale fu affidato un classico e completo Grand Pas de Deux. Tchaikovsky ritenne che questi cambiamenti rendessero la narrazione poco fluida, forse più confusionaria e lontano dall’intento di Hoffmann e Dumas; ma l’idea di sviluppare l’opera su un piano reale ed uno fiabesco del sogno, era certamente affascinante ed in linea con le creazioni dell’epoca che erano solite raccontare storie nel mondo reale nel I atto, con un seguito nel II atto nel mondo del fiabesco o nei sogni, con esseri irreali, spiriti (Giselle, La Sylphide), ninfe o ondine (Ondine), ombre (La Péri, La Bayadere); ritornando poi alla realtà solo a conclusione dello spettacolo.
La cosiddetta fiaba della noce dura, che spiega del perché lo Schiaccianoci sia stato trasformato in quell’oggetto e riacquisti poi le fattezze umane, venne completamente eliminata dalla stesura del libretto di Petipa ma fa comunque assumere al burattino un aspetto umano nel secondo atto, mutandolo in un vero e proprio principe azzurro che ha il compito di condurre Maria nel paese dei dolciumi. Il racconto della festa di Natale e del lotta con l’esercito dei topi, venne completamente condensato al primo atto mentre nel secondo si decise di mostrare il viaggio di Maria nel mondo dei dolciumi.
Nel racconto di Hoffmann compaiono i nomi di Maria e di Clara, rispettivamente per la bambina e la sua bambola, che però saranno usati indifferentemente per la protagonista nella produzioni successive del balletto che andranno poi a mescolare le vicende del principe Schiaccianoci, che in molti casi diventa l’innamorato di Maria, mentre Maria diventa addirittura la Fata Confetto della quale si dirà più avanti. Petipa, per la produzione originaria, decise di chiamare la bambina col nome di Clara.

Purtroppo però, Petipa si ammalò e affidò la conclusione dell’intera opera coreutica al suo decennale collaboratore, Lev Ivanov, che seguirà le indicazioni lasciate dal suo maestro ed è a lui che va attribuita buona parte della coreografia della prèmiere dello Schiaccianoci. 
Il famoso Enrico Cecchetti fu nominato secondo maestro di ballo di Ivanov. Non è noto se Petipa sia riuscito a coreografare tutti i pas e le sequenze del balletto, ma è certo che ebbe un ruolo fondamentale nel libretto e nella regia.
Lev Ivanov intorno al 1890

Tchaikovsky fu dapprima particolarmente insoddisfatto del balletto preferendo addirittura l’opera “Iolanta”, ma poi si ricredette ribaltando la sua opinione sulle due creazioni: ispirato, il compositore diede vita ad una partitura unica, un capolavoro magico con un organico particolarmente ricco, con l’aggiunta di un delizioso coro di voci bianche, l’utilizzo di strumenti musicali non convenzionali per un’orchestra dell’epoca, come le nacchere e i tamburelli, ma soprattutto la celesta: questo strumento musicale, una sorta di Glockenspiel sullo stile del pianoforte, era stato inventato nel 1886  dal costruttore parigino di armonium August Mustel, sulla base di uno strumento ideato da suo padre Victor nel 1860. Fece il suo primo ingresso in un’orchestra sinfonica proprio nel 1892 con Schiaccianoci, nella variazione della Fata Confetto. Per questa danza, ispirata alla sorella di Tchaikovsky, fu ideata una variazione che Petipa voleva suonasse come “gocce d’acqua che zampillano da una fontana” e tanto bene Tchaikovsky trovò lo strumento ideale a Parigi per fare questo lavoro, durante il viaggio verso l’America del 1891, dove scoprì la sopracitata celesta “a metà strada tra un piccolo pianoforte e un Glockenspiel, con un suono divinamente meraviglioso”. Chiese dunque al suo editore Pëtr Jurgenson di acquistarne uno e mantenne l'acquisto segreto: non voleva che ad altri compositori russi giungesse “voce... usando effetti insoliti prima di me" - temeva che i suoi rivali potessero precederlo nell'utilizzo dello strumento.
Celesta da orchestra, in una pubblicità dell'Ottocento 
Nella musica, infine, si possono facilmente riconoscere degli omaggi del compositore al rococò e alla musica del tardo XVIII secolo, in passaggi come l'Ouverture, l’ingresso dei genitori e la Grossvater Tanz una danza popolare tedesca del XVII secolo ripresa da Schumann in due lavori.  Schumann era un autore molto amato da Tchaikovsky.

Nel marzo 1892, la musica del balletto era quasi completata: una Suite musicale composta da 8 brani estratti dallo Schiaccianoci, fu diretta da Tchaikovsky stesso il 19 marzo 1892 presso la Società Imperiale di Musica di San Pietroburgo: quest’esecuzione dell’Ouverture, della marcia del I atto, del noto valzer dei fiori, della danza dei flauti, della Fata Confetto e delle varie danze di carattere (danza russa, araba, cinese) ebbe un grandissimo successo ed ogni brano fu applaudito con trasporto e ripetuto diverse volte.
Nell’aprile 1892 il compositore completò la partitura e in settembre iniziarono le prove delle danze.
Maria Anderson, ballerina del Teatro Mariinsky, ricorda in merito a quei tempi:
“Il mio incontro con Petr Il'ich ebbe luogo durante l'esecuzione del balletto “Lo Schiaccianoci”. Dopo il primo atto, nel quale avevo interpretato una bambola, tutti i ballerini si diressero verso l’uscita del palcoscenico. Anche io mi precipitai al mio camerino, al fine di prepararmi per il II atto, nel quale dovevo comparire nella danza cinese del Tè.
Mentre stavo percorrendo la mia strada attraverso il corridoio che vi conduceva dal palco, sentii delle voci chiamare il mio nome: "Eccola, eccola! Mariia Anderson, hey... " Non capii quello che volevano, ma alcuni ballerini e cantanti mi spinsero nella stanza del direttore d'opera, che come sempre era pieno di gente. Petr Il'ich era seduto su un divano sul lato destro di questa grande sala, circondato dai primi esecutori della “Iolanta”.
Maria Anderson nel 1893
I cantanti stavano guardando ad una fotografia che si stavano passando l’un l’altro. Quando entrai Petr Il'ich si alzò e gettò uno sguardo di ricerca per la stanza. Quando individuò e recuperò la fotografia, me la porse. Allo stesso tempo disse qualcosa che non riuscii a capire, poiché la voce tranquilla del compositore era annegata dal baccano terribile compiuto da coloro che ci circondavano. In un turbinio timidamente mi avvicinai a lui ed è stato solo quando ho sentito la sua dolce voce e visto il suo amichevole sorriso rivolto verso di me e i suoi occhi grigi che mi guardavano con affetto, che mi tranquillizzai un poco. Petr Il'ich mi chiese circa i ruoli stavo ballando e, in particolare, sul ruolo del 'piccolo gatto'*. Durante la conversazione, si rivolgeva ora a me, ora ai cantanti, e solo allora questi finalmente si zittirono. Le persone nella stanza formarono un anello stretto intorno a noi e ascoltavano Petr Il'ich che raccontava loro di come aveva fatto la mia conoscenza, l'impressione che avevo fatto su di lui quando ballavo il ruolo di Cupido, dopo del quale aveva concepito l'idea di affidarmi il ruolo del 'piccolo gatto'. ‘Ma belle', 'charmant', 'la Petite Marie', 'je suis très content' - queste sono state le parole con le quali egli intervallava il suo discorso. Questa lode, la gioia e l'imbarazzo che sentii, l’essere al centro dell'attenzione di tutti - tutto questo mi aveva fatto perder la testa ancora una volta, e mi premevo sempre più strettamente contro il petto il suo dono prezioso: la fotografia di Petr Il'ich Tchaikovsky. Gesticolando espressi come meglio potevo la mia gioia e la straordinaria gratitudine per l'onore che mi era occorso. Aprendo le braccia in un gesto di saluto, soffiando baci per così dire euforici e gai, come fossi trasportata su delle ali, mi precipitai fuori e mi diressi verso il mio camerino. Qui le altre ragazze, i miei compagni ballerini, mi circondarono, strappandomi la fotografia e gareggiando tra loro per decifrare la scritta che Petr Il'ich aveva fatto su di essa. Fu solo dopo che mi ero calmata un po', che riuscii a leggere ciò che Tchaikovsky aveva scritto: ‘Per la più piacevole e talentuosa piccola gatta e bambola, come souvenir. P. Tchaikovsky. 1892’. Ho devotamente fatto tesoro del ricordo di quel giorno come qualcosa di assolutamente eccezionale, rilevante e indimenticabile.” 
* il ruolo del gatto nella produzione della “Bella Addormentata” del 1890

Mentre si provvedeva all’ideazione della coreografia, altri artisti dei Balletti Imperiali furono impiegati per la creazione della scenografia: lo scenario, con tutti suoi componenti, fu affidato a Michail I. Botcharov e Kostantin Ivanov; mentre ai costumi provvedette lo stesso direttore dei Teatri Imperiali Ivan Vsevolozskij, che aveva già creato degli incantevoli abiti per numerosi altri balletti seguendo il gusto dell’epoca. Lo stile fiabesco di costumi, arredi, scene e via dicendo, per quanto oggi possa sembrare kitsch, rispecchia in tutto e per tutto quello che era il gusto dell’epoca; un abbondanza di decorazioni e minuzie in ogni dove, secondo lo stile coevo, in una sorta di idealizzazione e commistione degli stili delle epoche passate e di come le immaginavano i contemporanei di Tchaikovsky.

Bozzetti del set per "Lo Schiaccianoci" del 1892




Bozzetti per i costumi
(cliccare sulle immagini per vederle più grandi)




 


I curiosi personaggi del secondo atto

Divertissement del II atto di Schiaccianoci, nella ricostruzione del balletto originario del 1892
realizzato nel 2013 dallo Staatsballett Berlin e del quale parlerò più avanti.

Per il secondo atto, Petipa si fece ispirare sia dalle fiabe che dalla realtà: Confitürenburg, questo il nome del paese dei dolciumi, doveva essere felice e festoso, ed esser ovviamente ricco di golosità. Nel suo "Schiaccianoci", del resto, Hoffmann rende omaggio alla grande tradizione tedesca del far dolci, in una magnifica landa zuccherosa, sovrastata da un imponente castello di marzapane.
Il coreografo decise dunque di inserire molte danze di dolci e alimenti provenienti da tutto il mondo, in un elaborato divertissement caratteristico delle composizioni di Petipa... perchè, in fondo, che Natale sarebbe senza una carovana di dolci? Indubbiamente è proprio il II atto, con le incantevoli musiche di Tchaikovsky e le danze dei dolci, ad aver reso immortale questo balletto e certamente uno dei più amati (e modificati) dalle compagnie di tutto il mondo.
In Russia, come certo nel resto del mondo nel XIX secolo, il periodo di Natale era uno dei più attesti, perché grandi e piccini avevano modo di poter gustare tante delizie che non potevano assaporare il resto dell’anno. Immaginate Lev Ivanov che brama per il suo caffè del mattino, Piotr Tchaikovsky che si gusta una tazza di tè, e Marius Petipa che scioglie un po' di cioccolato in un pentolino di latte caldo, mentre la prima ballerina si mangia qualche caramella…
Ecco dunque che si compone lo scenario del secondo atto: la cosiddetta danza spagnola è un omaggio al Cioccolato,  segue il Caffè con la cosiddetta danza araba, il Tè con la danza cinese, e la nota danza russa Trepak nella quale danzano dei bastoncini di zucchero dalla Russia. Questi erano lussi che portavano un soffio aromatico di esotismo, magistralmente espresso nella musica di Tchaikovsky.
Segue poi una delle musiche più curiose di Tchaikovsky, una danza suonata da flauti e chiamata “danza dei Mirliton”. Ma chi sono questi Mirliton? Chi è andato a teatro almeno una volta, si sarà certo posto questa domanda. Ebbene, un 'mirliton' è al tempo stesso una piccola torta francese dolce e una sorta di strumento musicale a fiato che produce un suono simile a rozzi flauti traversi, dal suono nasale, chiamato per l’appunto mirliton (o zufolo). 

Per quanto non ne abbia trovato conferma, è lecito credere che Tchaikovsky abbia deciso di inserire una danza suonata da zufoli, proprio durante il suo viaggio a Rouen, in Francia, dove viene prodotto un dolce che per l’appunto si chiama 'Mirliton de Rouen' – qui la ricetta:


Lo stesso compositore identificava il numero col nome di "pasticcini cremosi".

A questo, Petipa decise di aggiungere una danza con Mère Gigogne (chiamata anche in inglese come Mother Ginger) che però non è molto utilizzata nelle odierne rappresentazioni di Schiaccianoci. Ma chi era questa mamma? È un personaggio che ha radici nella commedia dell'arte e che appare di solito con una gonna comicamente oversize, da sotto la quale emergono dei piccoli bambini che ballano. Ma cosa c’entra questo personaggio nel mondo dei dolciumi? Mère Gigogne ha preso ispirazione da una nota scatola di latta contenente delle caramelle, una sorta di matrioska venduta in Russia nel 1890, che aveva appunto la forma di una donna con una grande gonna.
Ecco dunque che i bimbi che sbucano da sotto di essa non sono altro che delle caramelle chiamate Polichinelle.

Bozzetto di Vsevolozskij per il personaggio della Mère Gigogne con i suoi Polichinelle (1892)

Curiosamente il più interessante dei numeri originali dei "dolci danzanti" era il Trepak dei bastoncini di zucchero. La versione originale venne ballata e coreografata da Alexander Shiryaev, anche se egli non ricevette alcun credito per la coreografia, il che non era insolito al tempo: era pratica comune per i ballerini maschi coreografare le proprie variazioni e non ricevere menzione nei programmi di sala. L'originale Trepak venne eseguita da Shiryaev come solista principale e un corpo di ballo di dodici studenti maschi. La caratteristica più interessante è stata l'uso di cerchi per tutti i tredici ballerini.

E la Fata Confetto? In realtà non era un confetto, ed era chiamata Sugar Plum Fairy, ovvero la Fata Prugna Zuccherata… che detto così pare anche abbastanza bruttino (per questo il nome italiano in Fata Confetto!!) ma che in realtà fa riferimento ad un dolce molto utilizzato durante le feste natalizie sia in Russia che nel resto d’Europa (ovviamente meno in Italia): era usanza prepararli anche nell’Inghilterra vittoriana, avvolgendo le prugne disidratate e non, più e più volte con lo zucchero semolato aspettando che questo s'asciugasse prima di ripetere l’operazione. Si aveva l’abitudine di appendere poi queste prugne zuccherate sull’albero di Natale e di mangiarle durante le feste.

E il principe che danza insieme alla Fata?
In origine non era Schiaccianoci come invece succede in molte produzioni odierne, ma era un certo Principe Coqueluche, la cui traduzione si riferisce curiosamente alla pertosse.
Ma cosa c’entra col mondo dei dolci? Il termine 'Coqueluche' ha anche il significato di pastiglia zuccherosa, probabilmente utilizzata proprio per la tosse. 
Egualmente, l’arabeggiante principe della produzione del 1892, ricorda molto il protagonista dell’omonima novella francese di Edouard Ourliac (Le Prince Coqueluche, Son Histoire Intéressante Et Celle De Son Compagnon Moustafa) pubblicato dalla Hetzel di Parigi nel 1846. Chissà se Tchaikovsky non abbia letto proprio questo racconto durante la sua permanenza in Francia? O forse ricordi giovanili dello stesso Petipa…


Oltre a questi personaggi, il regno di Confitürenburg è abitato da figure più semplici – di facile comprensione per lo spettatore attuale – come biscotti, brioches, macarons, caramelle, caramelle d’orzo, nougatine, mentine (le cosiddette peppermint, caramelle a righe bianche e rosse), frutta secca zuccherata (dragées) e pistacchi; tutti abbigliati con abiti fantasiosi, ricchi di stoffe colorate e variopinte, balze, pompose sovrapposizioni e rouches, secondo lo stile e il gusto dell’epoca.


La première del balletto

La première del balletto ebbe infine luogo il 18 dicembre 1892 al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, durante una serata con doppio programma che al balletto abbinava appunto l’opera “Iolanta”, l'ultima opera di Tchaikovsky.

Il teatro Mariinsky al tempo della première di Schiaccianoci 

Lo spettacolo fu diretto da Riccardo Drigo, noto compositore e amato direttore d’orchestra del Mariinsky; a danzarlo furono i più importanti ballerini di quell’epoca: Antonietta Dell'Era nel ruolo della Fata Confetto, l’ultraquarantenne Pavel Gerdt in quello del principe Coqueluche, Sergei Legat come il principe Schiaccianoci, Timofey Stukolkin come Drosselmeyer, Olga Preobrajenskaya nel ruolo di Colombina e Aleksandr Gorskij come Arlecchino ovvero gli automi azionati da Drosselmeyer durante la festa di Natale.
I ruoli dei bambini, a differenza di molte produzioni successive, furono eseguiti da bambini piuttosto che da adulti (con Stanislava Belinskaya come Clara e Vassily Stukolkin come Fritz), studenti della Scuola dei Balletti Imperiali di San Pietroburgo che di sovente partecipavano in gran numero a questo tipo di produzioni sontuose: Clara e lo Schiaccianoci erano dunque interpretati da bambini per tutta l’intera durata del balletto mentre la Fata Confetto e il suo Cavaliere erano interpretati da adulti ed avevano due ruoli separati e ben distinti… Oggi succede che in molto produzioni Clara diventi la Fata Confetto, ma ciò non ha senso.
Il motivo principale per cui gli studenti della Scuola Imperiale andavano precocemente in scena  sul palco del Teatro Imperiale, secondo il critico Sergei Khudekov, era dovuto al fatto che "le danze dei bambini erano particolarmente amate nelle sfere più alte della società del tempo". Tuttavia, la mancanza di elementi tecnici da parte dei bambini significava che Petipa si era astenuto dal coreografare per loro delle danze difficili. Queste ultime erano anzi riservate agli adulti.

Antonietta dell’Era, la prima Fata Confetto della storia, aveva origini italiane ed era un’ospite del Teatro Mariinsky e di molti altri teatri del mondo nei quali mandava in visibilio il pubblico: si era difatti imposta sulle scene del tempo per la sua tecnica sicura e forte, ereditata dai validi insegnamenti del danzatore, coreografo e maestro di danza Carlo Blasis. Alta e slanciata - relativamente ai canoni estetici dell'epoca - dai capelli castani con riflessi chiari e un sorriso gradevole, si impose per una tecnica quasi ‘arrogante’ Dotata di grande salto e di sicuro aplomb, riusciva stando in ginocchio ad alzarsi direttamente sulle punte, senza inclinare il busto, e ad eseguire varie volte di seguito tre giri senza l'aiuto del cavaliere: "Queste erano le meraviglie della coreografia acrobatica... Nessuna ballerina prima della Dell'Era era arrivata a tali numeri di equilibrismo"

Antonietta dell'Era nel ruolo della Fata Confetto
La prima rappresentazione dello Schiaccianoci, però, non ebbe il successo sperato, certamente dovuto al fatto di esser stato preceduto da un’opera della durata di un’ora e mezza!! Oltretutto, “Schiaccianoci” si concluse oltre mezzanotte e mezza, al che molte famiglie se ne erano già andate insoddisfatte per la tarda ora raggiunta. Molti non riuscirono dunque neppure a vedere la conclusione del balletto.
Le reazioni verso lo spettacolo e i suoi interpreti, risultano dunque ambivalenti. "La Gazzetta di San Pietroburgo" scrisse che "questo balletto è la cosa più noiosa mai vista... lontano anni luce da quello che musica e danza dovrebbero essere."
Il libretto venne aspramente criticato per non esser stato del tutto fedele al racconto di Hoffmann; di essere troppo ‘asimmetrico’ a causa della brusca transizione tra il mondo terreno della prima scena e il mondo fantastico del secondo atto. Molte altre critiche furono mosse nei confronti dei bambini, che in questo balletto avevano un ruolo troppo evidente ed avevano più visibilità rispetto a ballerini più maturi, lasciando insoddisfatti gli intenditori per l'esiguo spazio riservato alla prima ballerina.
Alexandre Benois descrisse la coreografia della scena della battaglia del I atto come confusa: "Non si riesce a capire niente. Molto disordinato, si corre da un angolo all'altro, avanti e indietro – piuttosto dilettantesco"
Mentre alcuni critici lodavano la Dell'Era per il pointework (lavoro dei piedi in punta) della sua Fata Confetto, per il quale ricevette ben cinque chiamate alla ribalta, molti altri la stroncavano e attribuirono il limitato successo della serata proprio alla Dell’Era: "la Sugar Plum Fairy della Dell'Era, pesante e non bella, malgrado la perfezione della tecnica, sciupò l'impressione del secondo atto". Così la ballerina italiana si trovò implicata – anche se del tutto accidentalmente – in questo passaggio fondamentale della storia del balletto e dei rapporti tra musica e coreografia.
Lo stesso fratello di Tchaikovsky, Modest, ebbe a dire della Dell’Era che fosse tozza e poco attraente. Non ci si stupisca se nelle successive rappresentazioni fu prontamente sostituita con Varvara Nikitina!
Olga Preobrajenskaya, una delle ballerine più in vista del teatro, che danzava nel ruolo della bambola Colombina del I atto, fu stroncata da un critico come "del tutto insipida" e lodata come "affascinante" da un altro.
La reazione fu meglio per la partitura di Tchaikovsky: alcuni critici dissero che era sorprendentemente ricca di ispirazione e molto dettagliata, bella, melodiosa, originale e caratteristica dall'inizio alla fine. Ma anche questa non fu unanime poiché alcuni critici trovarono pesante la scena della festa nel I atto e insipido il Grand Pas de Deux
Secondo coloro che assistettero alla premiere, il valzer dei fiocchi di neve fu il numero di maggior successo. Il critico di balletto Skalkovsky scrisse la seguente dichiarazione sul valzer nella produzione originale del 1892: "I pompon lanuginosi sugli abiti bianchi, sul copricapo sotto forma di raggi di stelle, e sugli accessori sotto forma di gruppi di bacchette che ondeggiavano nelle mani dei ballerini, rappresentavano con grande successo e in modo pittoresco i movimenti dei fiocchi di neve, mentre l'iniziale il raggruppamento [di ballerini] ha prodotto una buona impressione dell'allegoria artistica di un cumulo di neve [...]".
Molto pittoresco anche il valzer dei fiori nel II atto, un pezzo nel quale danzavano numerosi ballerini insieme. La versione originale fu ballata addirittura da ventiquattro coppie e da otto solisti, tra cui Anna Johansson, Claudia Kulichevskaya, Olga Preobrazhenskaya e Varvara Rhykhlyakova. In questo pezzo in scena era presente un grosso vaso d'oro contenente lunghe catene di fiori dorati che venivano allungate e tenute sollevate dal corpo di ballo. I fiori rappresentati nel valzer sono stati cambiati in innumerevoli produzioni moderne, ma nella produzione originale del 1892 erano tageti e per una ragione molto personale: alla morte di Evgenia Petipa, i tageti crebbero improvvisamente nel giardino di Petipa, quindi i fiori rappresentati nel Valzer erano questi, scelti proprio come omaggio all'amata figlia di Petipa.



Ciononostante, alla sua premiere il Valzer dei Fiori non fu accolto con lo stesso entusiasmo del Valzer dei fiocchi di neve e quando il balletto fu ripreso in seguito nei suoi numerosi revival il valzer subì diverse modifiche: il vaso d'oro fu rimosso per ovvie ragioni di sicurezza e di stabilità, il numero di ballerini fu ridotto la scena era davvero caotica. I ballerini nel corpo di ballo furono ridotti da ventiquattro a sedici e il numero di solisti fu ridotto da otto a sei. In alcune produzioni moderne, i solisti nel Waltz of the Flowers non sono fiori e alcune versioni hanno un solista principale - come nelle produzioni di Balanchine e Sir Peter Wright. Nell'allestimento di Balanchine, il solista principale si chiama Dewdrop (goccia di rugiada) e il solista principale di Sir Peter Wright è una fata delle rose.

Ad ogni modo, lo spettacolo piacque molto allo zar Alessandro III che chiamò Tchaikovsky nel palco reale per congratularsi con lui per la musica.

Lo zar Alessandro III e la sua famiglia, nel palco reale del Teatro Bolschoi di Mosca
circa 1865

Schiaccianoci dopo la sua premiere 

Nonostante la ricezione ricevuta alla première, Schiaccianoci rimase nel repertorio del Balletto Imperiale per almeno un'altra stagione, ma dal 1894-95 circa, non fu più attivo nel repertorio della compagnia. Il balletto rimase assente per almeno cinque anni prima di essere ripreso dopo la sua première, ma esistono alcune polemiche su chi lo riprese e quando venne rimesso in scena.
Petipa sostenne che egli fece un revival del balletto nel 1902, ma secondo Roland John Wiley, fu Ivanov a riprenderlo nel 1900. Dopo la sua "riscoperta", Schiaccianoci rimase per lungo tempo nel repertorio del Balletto Imperiale e fu rappresentato per l'ultima volta in Russia il 25 ottobre 1917.
Per tutto il 20 ° secolo, Schiaccianoci  ebbe innumerevoli revival e messe in scena, affidate alle mani di vari coreografi: il balletto fu introdotto per la prima volta in Europa da Anna Pavlova nel 1911 quando presentò un nuovo balletto per la sua compagnia chiamata Snowflakes, che si basava sulla scena della foresta innevata e coreografata da Ivan Clustine, ricevendo un'accoglienza molto calorosa.

Nel 1919, Alexander Gorsky ha messo in scena il suo revival di Schiaccianoci per l'ex Balletto Imperiale del Bolshoi a Mosca e fu in questa produzione che iniziarono molte delle più famose tradizioni moderne del balletto. Gorsky è stato il primo a fare dei ruoli di Clara e Schiaccianoci dei ruoli per ballerini adulti piuttosto che i bambini ed introdusse una relazione romantica tra i due personaggi. Fu anche il primo ad omettere la Sugar Plum Fairy e il Principe Coqueluche e diede le loro danze a Clara e al Principe Schiaccianoci.
Nella produzione del 1892, l'avventura di Clara con lo Schiaccianoci dalla battaglia con i topi al viaggio verso Confituremburg fu una vera avventura, proprio come nella storia originale di Hoffmann, e il balletto si concludeva con Clara e lo Schiaccianoci che soggiornano nella Terra dei Dolci e Schiaccianoci viene incoronato come i nuovo sovrano. Fu la produzione di Gorsky che fu la prima a rendere un sogno l'avventura di Clara nel mondo magico. La sua produzione si concludeva con Clara che si risvegliava nella sua casa e lo schiaccianoci rimaneva un essere inanimato, una normale bambola. Questi cambiamenti furono mantenuti dai coreografi sovietici, in particolare da Vasily Vainonen per la sua produzione del 1934 per il Kirov / Mariinsky Ballet e da Yuri Grigorovich per la sua produzione del 1966 per il Bolshoi Ballet. Alla fine, i coreografi fuori dalla Russia raccolsero questi tratti per molte produzioni occidentali.

Lo Schiaccianoci del Bolshoi, cor. Grigorovich

La prima produzione integrale di Schiaccianoci che si ebbe in Occidente fu quella di Nikolai Sergeyev, basata sugli appunti della sua notazione della quale scriverò più avanti, per il Sadler's Wells Ballet (poi Royal Ballet) che debuttò il 30 gennaio 1934 con Dame Alicia Markova come Sugar Plum Fairy e Stanley Judson come suo cavaliere. 



Lo Schiaccianoci è stato messo in scena in più revival in occidente e, infine, ha iniziato a godere di popolarità quando George Balanchine ha coreografato la sua versione per il New York City Ballet nel 1954.


Sinossi della produzione originale del 1892

Ma com’era dunque la trama del primo Schiaccianoci?
Diciamo che non era poi così distante da quella a cui siamo abituati oggigiorno. La storia varia da produzione a produzione, ma la maggior parte di queste seguono il profilo di base. In generale, salvo qualche produzione contemporanea, sono modificati solo i nomi dei protagonisti: nell’originale di Hoffmann, la giovane eroina si chiama Marie Stahlbaum e Clara (Klärchen) è il nome della sua bambola; nell'adattamento di Dumas, su cui Petipa basò il libretto, il nome è Marie Silberhaus, ma il coreografo preferì chiamarla Clara.
In altre produzioni occidentali, la protagonista diventa Clara Stahlbaum, piuttosto che Maria Silberhaus. Insomma, un gran caos di nomi!
Qui di seguito riporto una sintesi dell'originale del 1892, su libretto di Marius Petipa dove la protagonista si chiama Clara Silberhaus.

(Inserisco alcune fotografie di studio della produzione del 1892)

atto I
Scena 1: Casa Silberhaus
E' la vigilia di Natale in un paese tedesco degli inizi dell’Ottocento. Il sindaco della località decide di indire una festa per i suoi conoscenti e i loro figli, e la scena si apre sull’arrivo di questi alla casa del borgomastro. Famiglia e amici si riuniscono nel salotto dove capeggia un bellissimo albero di Natale che si sta finendo di addobbare per la festa. Una volta che l'albero è finito, i bambini sono inviati ad entrare e con loro immensa gioia la festa ha inizio e viene eseguita una marcia. I regali vengono dati ai bambini. Improvvisamente, non appena il gufo dell’orologio a cucù della nonna scandisce le otto, una figura misteriosa entra nella stanza: si tratta di Drosselmeyer, un consigliere locale, mago e padrino di Clara, orologiaio e giocattolaio di talento, che ha portato con sé dei doni per i bambini, tra cui quattro bambole realistiche che ballano per la gioia di tutti: Arlecchino e Colombina; una Vivandiera ed un soldato.
Olga Preobrajenskaya nel ruolo di Colombina
Aleksandr Gorskij in quello di Arlecchino

Finite le loro danze, le bambole sono riposte nella loro custodia. Clara e Fritz sono tristi nel vedersi portare via le bambole, ma Drosselmeyer ha ancora un altro giocattolo per loro: un schiaccianoci di legno scolpito a forma di un piccolo uomo, usato per rompere i gusci delle noci. Gli altri bambini lo ignorano, ma Clara prende subito in simpatia quel curioso giocattolo abbandonato da tutti. Fritz, però, dispettoso come pochi, lo rompe “accidentalmente”.

Clara ha il cuore spezzato ma Drosselmeyer sistema il piccolo Schiaccianoci e la festa prosegue fino a tarda notte. Stanca per avere ballato e giocato per tutto il tempo, dopo che gli amici se ne sono andati e i suoi genitori sono andati a letto, Clara torna al salone per controllare il suo amato schiaccianoci. L'orologio batte la mezzanotte e lei guarda in alto per vedere Drosselmeyer arroccato in cima al pendolo che si anima come un gufo. Improvvisamente, i topi cominciano a riempire la stanza e l'albero di Natale comincia a crescere ad altezze vertiginose ed anche lo schiaccianoci cresce a grandezza naturale. Clara si ritrova nel bel mezzo di una battaglia tra un esercito di soldati di pan di zenzero e topi, guidati dal loro re, che cominciano a mangiare i soldati.



Lo schiaccianoci sembra guidare i soldati nella battaglia, aiutati da quelli di latta e da bambole che servono come vivandiere e infermiere per portare via i feriti. Non appena il re dei topi sembra avere la meglio sullo schiaccianoci, ancora ferito, Maria gli lancia violentemente la scarpetta e lo schiaccianoci lo pugnala.
Scena 2: una foresta di abeti
I topi si ritirano vinti e lo Schiaccianoci si trasforma in un bel principe. Nella notte di luna piena, in un fitto bosco d’abeti innevato, egli conduce Clara al Regno dei Dolci mentre i fiocchi di neve danzano vorticosamente intorno a loro.
Tableu vivant dei fiocchi di neve, dal Valzer originale che chiude il primo atto (1892)

atto II
 
Scena 1: La Terra di dolci o Confitürenburg
Clara e il principe viaggiano per la bella terra di dolci, e dopo un tableu vivant secondo consuetudine del tempo, i sovrani del regno, la Fata Confetto (sorella del principe Schiaccianoci) e il principe Coqueluche con il loro seguito, accolgono Clara e il principe Schiaccianoci. I due visitano Confitürenburg, un luogo ricco di decori colorati come caramelle, con fontane che sprizzano aranciata, limonata, sciroppo di ribes e altri dolci sciroppi rinfrescanti. La Fata Confetto indice una festa chiedendo di intrattenere e divertire l’ospite. Clara e Schiaccianoci si imbarcano su di una barca dorata a forma di noce, e ammirano il luogo.
Col sorgere del sole, fontane e strutture scompaiono. La Fata Confetto e il principe Coqueluche salutano Schiaccianoci e Clara, e Schiaccianoci racconta com’è stato salvato dal re dei topi dalla giovane fanciulla e di come si sia trasformato di nuovo in un uomo. In onore dell’eroina continuano le danze fra le quali un grandioso valzer dei fiori. Si ha poi un elaborato divertissement di dolci provenienti da tutto il mondo. Di questo divertissement fa parte anche il Grand Pas de Deux della Fata Confetto e del principe Coqueluche. Momento particolare della danza (ripreso poi da una fotografia dell’epoca qui sotto) è quando il principe trascina la Fata Confetto, in punta, su di un velo per tutta la lunghezza del palcoscenico.Un trucco teatrale soprannominato reika, che in russo  significa fiume. Con questo trucco, la Sugar Plum Fairy, supportata dal principe Coqueluche, saliva en pointe su di una speciale piattaforma  e cominciava a spostarsi da un lato all'altro del palco. Il trucco dava l'illusione che la ballerina scivolasse attraverso il palco per magia. 


Varvara Nikitina e Pavel Gerdt nel Grand Pas del II atto



Olga Preobrajnskaya & Nikolai Legat nel passo a due della Fata Confetto, 1892

Clara guarda tutto questo affascinata.
Il balletto si conclude con un’apoteosi, in questo caso raffigurante un grande alveare con api di guardia alle loro ricchezze.

Il finale del balletto, visto con i nostri occhi, manca effettivamente di conclusività.
Finali alternativi sono stati creati in produzioni successive a quella originale, pertanto Clara spesso si risveglia nella sua casa: tutto era stato davvero un sogno.


Versioni successive

Non starò qui ad elencarvi tutte le versioni che sono state fatte, ma vorrei parlarvi di due produzioni che sono – bene o male – fedeli alla concezione originaria del balletto di Petipa / Ivanov.
Il cosiddetto “after Petipa/Ivanov” che si legge spesso nei libretti a teatro, o nei dvd delle registrazioni, è spesso usata impropriamente perché molte produzioni odierne non hanno pressoché niente in comune con le corografie originali.

La prima versione della quale voglio parlarvi, si tratta di quella de “Lo Schiaccianoci” del New York City Ballet del noto coreografo George Balanchine (russo di nascita e studente della scuola dei Balletti Imperiali di San Pietroburgo), che aderisce strettamente al libretto della versione originale del 1892 poiché egli stesso, da giovane, aveva interpretato il ruolo del principe in vari revivals del balletto in Russia, riuscendo così a ricostruire alcune delle coreografie originali e la pantomima del principe, nonché il Grand Pas de Deux per la Fata Confetto nel secondo atto, restituendo anche le associazioni ai dolci originali per i restanti divertissement
La danza russa originale non era annotata nella Collezione Sergeyev, ma è stata segnalata dal suo coreografo Shiryaev mediante l'uso di figure stilizzate: quando Balanchine ha coreografato il suo Schiaccianoci, ha inscenato la danza russa originale di Shiryaev, che lui stesso aveva ballato sia quand'era bambino che in seguito nel ruolo solista da adulto. Balanchine mantenne la danza di Shiryaev quasi completamente intatta, perché fece un piccolo cambiamento nella sequenza di apertura quando sostituì le due grand écartes di Shiryaev con un salto in cui il ballerino ha entrambe le ginocchia piegate e salta attraverso il suo cerchio.

Alcune modifiche sono state apportate ad alcune danze e alla localizzazione di alcuni brani musicali, come ad esempio l'aggiunta di un Entr'acte originariamente composto per l’atto II de “La bella addormentata”, qui usato come una transizione tra la partenza degli ospiti e la battaglia con i topi del I atto.
Altri cambiamenti riflettono un ritorno al racconto originale di Hoffmann: per esempio, Balanchine utilizza il nome originale utilizzato da Hoffmann per l'eroina, Maria Stahlbaum (piuttosto che Clara Silberhaus, come nella produzione del 1892), e ha introdotto un nipote di Drosselmeyer che appare nella scena della festa e poi come principe Schiaccianoci.Egli cambiò anche il finale facendo lasciare la Terra dei dolci a Marie (Clara) e allo Schiaccianoci  in una slitta trainata da una renna volante. 
Lo Schiaccianoci di Balanchine ha debuttato il 2 febbraio 1954 al New York City Center con Maria Tallchief nei panni della Sugar Plum Fairy, Nicholas Magallanes nei panni del suo principe, Zina Bethune nei panni di Marie e Paul Nickel nei panni dello Schiaccianoci. La produzione è stata un enorme successo e da quel momento in poi, The Nutcracker è diventato sempre più popolare tanto da essere ancor'oggi messa in scena dal New York City Ballet ed eseguita tutti i Natali.
Potete trovarla intera in YouTube:



La versione di Sir Peter Wright per il Royal Ballet di Londra, invece, è un’altra che prende spunto dall’originale Schiaccianoci dei Balletti Imperiali. Per la sua realizzazione, venne assunto il dott. Roland John Wiley che aveva fatto ricerche approfondite sui balletti di Tchaikovsky e pubblicato diversi testi a tal proposito, e che per questo Schiaccianoci lavorò alacremente come consulente di produzione. Molti sono i legami con l’originale balletto di Petipa/Ivanov ed è strettamente basata sull’originale balletto del 1892: per il ‘valzer dei fiori’, ad esempio, Wright utilizzò gli appunti dei passi disegnati da Ivanov per la première e, a differenza di molte altre produzioni, inserì la bambola di una vivandiera nel primo atto, esattamente come nell’originale. Anche qui Wright, come Balanchine, inserisce la figura di un nipote di Drosselmeyer, di nome Hans-Peter, che in realtà è il principe Schiaccianoci – un elemento descritto nella storia originale di Hoffmann.



All’originalità del balletto, Wright aggiunge la particolarità dell’ambientazione e delle tradizioni inglesi di epoca vittoriana: ecco che tra il I e il II atto compaiono gli“orpelli di Norimberga”, angeli tipici della decorazione dell’albero di Natale vittoriano che andavano posizionati come puntale dell’abete, e che si rifanno alla tradizione tedesca del 'Christkind', ovvero l'angelo che porta i doni ai bambini in vece del Bambino Gesù. Un’usanza sì vittoriana, ma dalla radici tedesche… patria di Hoffmann.

Ho parlato delle tradizioni natalizie vittoriane in questo mio vecchio post:
Le scene e i costumi, disegnati da Julia Trevelyan Oman, si ispirano allo stile tedesco della prima metà del XIX secolo, definito Biedermeier, coevo con il periodo storico nel quale visse Hoffmann.

Una curiosità: nel produzione del 1985, nel Grand Pas de Deux del principe e della Sugar Plum Fairy, Sir Peter Wright reintrodusse la reika prevista nella produzione originale del 1892, per far scivolare la fata Confetto da una parte all'altra del palco supportata dal principe. Tuttavia, il trucco è stato rimosso dalla sua produzione, ma si può vedere nella performance filmata del 1985 che è disponibile per l'acquisto su DVD, dove viene eseguita da Lesley Collier e Sir Anthony Dowell.


La ricostruzione dello Staatsballett Berlin

Negli ultimi anni si sta assistendo all’interessante fenomeno della ricostruzione dei balletti nella loro versione coreografica originaria, riscoprendo in tal maniera le corografie realmente ideate da Petipa e Ivanov, passaggi e danze originarie, comprendendo altresì il perché di certe modifiche nel corso del XX secolo.
Pagina originale di Schiaccianoci in Notazione Stepanov
Ciò è ancora possibile grazie alla cosiddetta “Collezione Sergeev” conservata alla Harvard University. In essa, oltre a fotografie di scena, lettere, spartiti e via dicendo, sono conservate anche le annotazioni delle corografie dei balletti del Mariinsky, segnate con punti e frecce direzionali lungo uno spartito proprio come se fosse musica – metodo molto efficace ma molto più complicato di annotare i passi di danza. Tal tipo di ‘prendere appunti’ delle coreografie, porta il nome di ‘notazione Stepanov’ e fu inventata in Russia alla fine dell’Ottocento, accolta dai Teatri Imperiali: fuggendo dalla Russia in seguito alla Rivoluzione, Nikolay Sergeev portò via con sé le partiture con notazione Stepanov delle versioni russe dell'epoca dei Balletti Imperiali. Queste sono state usate per riproporre in occidente quelle versioni relativamente vicine agli originali, soprattutto i classici di Diaghilev e quelli voluti dalla De Valois per Londra, diffusi poi in occidente da Markova.
Per la ricostruzione di Schiaccianoci in Occidente, sia il Royal Ballet, che il New York City Ballet, utilizzarono la notazione Stepanov della Collezione Sergeev.
È questo il caso anche della più recente versione dello Schiaccianoci dello Staatsballett Berlin (Balletto di Stato di Berlino) che nel 2013 ha deciso di riportare in vita il balletto nella sua fiabesca veste originaria e del quale avete già visto qualche foto qui sopra.

Confiturenburg, il Regno dei Dolci del II atto
nella ricostruzione dello Staatsballett Berlin
Il famoso Vladimir Malakhov, direttore della compagnia tedesca, invitò i noti coreografi russi Yuri Burlaka e Vasily Medvedev per realizzare una nuova produzione basata sulla versione originale del 1892, in maniera tale da creare una traccia tangibile, un ricordo, di quello che fu il vero Schiaccianoci di Petipa e della grandeur dei Balletti Imperiali.
Seri storici del balletto, Burlaka e Medvedev avevano già ricostruito antichi balletti nella loro forma originaria (per quanto risulti possibile) come “Esmeralda” per il Balletto Bolshoi nel 2011; Burlaka (direttore del Bolshoi dal 2009-2011) aveva collaborato con l’esperto di notazione Stepanov e coreografo Alexei Ratmansky per la ricostruzione dei balletti “Le Corsaire” e “Paquita Gran Pas” per la stessa compagnia. Lo stesso Ratmansky, recentemente ha ricostruito pure le corografie originali dei balletti "Paquita" per il Bayerisches Staatsballett di Monaco di Baviera (2014), "Bella Addormentata" per l'American Ballet Theatre (2015) e ripreso dal Teatro alla Scala di Milano, e "Il lago dei cigni" per il Balletto dell'Opera di Zurigo (2016) e ripreso egualmente dal Teatro alla Scala. Mentre però le ricostruzioni di Ratmansky sono tali a tutti gli effetti, quelle di Burlaka e Medvedev NON sono ricostruzioni totali e complete (proprio come quelle di Vikharev o di Lacotte): quello che in realtà fanno di solito è utilizzare la notazione e le idee originali di Petipa o Ivanov come fondamento, ripristinando lo scenario e i costumi originali come in questa versione di Schiaccianoci che è in realtà un revival non una ricostruzione perché la coreografia annotata non è stata ricostruita - o almeno non completamente.
Ciononostante, il loro lavoro è assai egregio poiché per questa ricostruzione di Schiaccianoci, Burlaka e Medvedev scavarono a lungo negli archivi, non solo per ricostruire in parte la coreografia, ma anche per ricreare fedelmente le scene e i costumi originali. 
Poiché la notazione di Schiaccianoci nel suo complesso non risulta completa, molto doveva essere inventato di nuovo: sono sì riportati i numeri e le posizioni di ogni figurante, planimetrie delle danze e dei balli più complessi con elevato numero di figuranti, le pose delle braccia e le frecce utilizzate per indicare lo spostamento verso una direzione; ma mancano le sfumature, le varie transizioni e altre specifiche cruciali. I due coreografi dovettero quindi ricreare delle danze, secondo il loro buon gusto, seguendo uno stile tradizionale e vicino alla concezione di Petipa soddisfacendo al tempo stesso le esigenze attuali della tecnica dei danzatori.
Per questo motivo, "Schiaccianoci" dello Staatsballett Berlin – come del resto le odierne ricostruzioni – non è da considerarsi una ricostruzione tout court, ma quanto di più vicino all’originale sia possibile realizzare oggigiorno, con i mezzi a nostra disposizione e considerando pure la tecnica e le fisicità dei ballerini, differenti rispetto a 150 anni fa.
Naturalmente, per chi ama e segue il balletto come me, interessandosi della storia della danza, è possibile vedere dove Burlaka e Medvedev hanno fatto i loro cambiamenti e le loro aggiunte; ma risulta anche facile capire qual è la coreografia e la concezione originaria di Petipa e Ivanov perché alcuni loro schemi sono così ben geometricamente studiati, talmente in musica e talmente tanto armoniosi, che ciò risulta assai evidente (si veda il Valzer dei Fiori, o il Valzer dei Fiocchi di Neve).
Nonostante questo, il lavoro svolto ed il risultato è davvero encomiabile perché sembra davvero di tornare indietro di 120 anni, e per far sì che questa sensazione fosse totalizzante, i coreografi commissionarono Andrei Voytenko per ricreare le scenografie di Konstantin Ivanov e Mikhail Botscharov - ed i risultati sono impressionanti.


Utilizzando i disegni di Ivan Vsevolozhsky, Tatiana Noginova dal Teatro Mariinsky ha ricreato fedelmente i costumi e tutte le più variegate acconciature dei figuranti e dei ballerini, basandosi pure sulle vecchie foto che sono giunte ai nostri giorni.
Ecco quindi comporsi un vero e proprio capolavoro di ricostruzione storica, che io amo molto, e che ci mostra come tutto sommato fu l'originale "Schiaccianoci", laddove sono stati riscoperte tutte le caratteristiche della produzione originale, reinserendo personaggi (le varie bambole di Drosselmeyer, la Mère Gigogne ecc...), elementi decorativi della scenografia e quelli previsti per i vari pas come il grosso vaso di fiori d'oro e le ghirlande dorate del valzer dei fiori, la reika per far trascinare la fata Confetto en pointe da un lato all'altro del palco....

Qui alcune fotografie di scena e alcuni estratti dal dvd:



In questa versione del Valzer dei fiocchi di neve, Burlaka e Medvedev hanno certamente usato la notazione come fondamento perché hanno restaurato molti degli schemi originali di Ivanov, tra cui il "vortice" nella sezione della tormenta oppure il tableau vivant che raggruppa i ballerini in 3 file alla fine della danza. In termini di coreografia, tuttavia, non corrisponde alla descrizione fornita da Roland John Wiley, almeno non completamente: ad esempio, le notazioni riportano che il vero inizio e la fine del valzer non sono ballati - i fiocchi di neve non entrano fino alla battuta 37 e rimangono nel gruppo del tableau vivant fino a quando scende il sipario. La notazione riporta pure che i ballerini entrano alla battuta 37 in cinque gruppi di sei, ciascuno sei divisi in unità di tre.
Inoltre, secondo il programma della produzione del 1892, il valzer dei fiocchi di neve era originariamente danzato da più di 50 ballerini! In tutta onestà, avere questo valzer ballato da un massiccio corpo di ballo renderebbe tutto ancora più efficace come una vera nevicata!





Una fotografia del valzer dei fiori: ancora una volta, proprio come con il precedente valzer dei fiocchi di neve, i due coreografi hanno usato la notazione e le idee originali di Ivanov come fondamento e di certo questo NON è il valzer che annotato nella Collezione Sergeyev. Un'idea originale di Ivanov che hanno restaurato è l'uso di un vaso d'oro con fiori dorati - questo è stato sicuramente usato nel valzer del 1892, ma non c'è alcun riferimento ad esso nella notazione successiva, quindi con molta probabilità il vaso d'oro era già stato rimosso quando il balletto venne annotato. Tuttavia, l'uso delle ghirlande è indicato nella notazione.
Nella versione originale, oltretutto, il valzer fu danzato da 24 elementi (così come nella sua ricostruzione) e da 8 solisti che nella produzione di Burlaka-Medvedev sono stati ridotti a 3.
Quando il balletto venne annotato, il numero di ballerini nel Valzer dei Fiori era già stato ridotto a 6 solisti e 16 membri del corpo di ballo.




 A questo link, troverete numerose altre foto di scena:

http://www.vasilymedvedev.com/en/projects-all/item/37-the-nutcracker-2013


Qui il trailer del dvd che ne è stato tratto:



E qui il link di Amazon dove potrete acquistare il dvd realizzato da BelAir:

https://www.amazon.com/Tchaikovsky-Soloists-Ballet-Staatsballett-Berlin/dp/B015HNXSOO/ref=tmm_dvd_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=&sr=



Conclusione
Poichè, come detto, la prima di "Schiaccianoci" non fu un gran successo, negli anni il balletto è stato spesso modificato: sono state tolte delle musiche, è stato ampliato interpolando personaggi o altre musiche di Tchaikovsky, ne sono state realizzate versioni contemporanee ("Nutcracker!" di Mattew Bourne, "The Hard Nut" di Mark Morris ecc...), altri hanno provato a ricostruirne la versione originale... Rimane il fatto che questo balletto rimarrà per sempre un capolavoro immortale, a prescindere dal tipo di versione e dall'intento che se ne fa sia della storia che dalla musica. La musica stessa del grande Tchaikovsky, è unica e sempre meravigliosa, capace di trasportarti - senza volerlo - davvero all'interno di casa Silberhaus, godendo piacevolmente della festa di Natale, dei doni e dell'incanto magico e magnetico dei doni portati da Drosselmeyer, raggiungendo infine le bizzarre danze di Confiturenburg, divertendosi tra i mille dolciumi danzerini!

E dopo questo lungo excursus sullo Schiaccianoci originale, non mi resta che augurare a tutti voi un felice e sereno Natale! Mi raccomando, guardate il balletto o ascoltate la bellissima musica di Tchaikovsky… altrimenti  che Natale sarebbe senza lo zuccheroso "Schiaccianoci"?



fonti
- “The Life and Ballets of Lev Ivanov” di Di Roland John Wiley
- libretto de "Lo Schiaccianoci", Teatro dell'Opera di Roma, stagione 2011-2012
- http://en.tchaikovsky-research.net/
- http://www.roh.org.uk/
- https://en.wikipedia.org/wiki/The_Nutcracker



Ringraziamenti: un ringraziamento speciale va alla mia amica Susanna Viale, studentessa di storia della danza alla University of Roehampton di Londra.