lunedì 18 novembre 2024

La figlia segreta della regina Maria Sofia del Regno delle Due Sicilie

Una storia senza giudizi alcuni, nota e ben documentata grazie alle ricerche effettuate negli ultimi anni da storici competenti.
Ordunque, iniziamo a raccontare questa vicenda. Dopo la capitolazione del Regno delle Due Sicilie, Maria Sofia dovette lasciare Napoli con tutta la famiglia reale per recarsi in esilio a Roma sotto l'ala protettrice del Papa, prendendo alloggio a Palazzo Farnese. Qui Maria Sofia cercò di ricostruire una Corte napoletana con l'intento, mai riuscito, di ristabilire l'ex Regno delle Due Sicilie.
La sua condotta disinibita la fece diventare soggetto prediletto per numerose illustrazioni e carte de visite che la riproducevano nuda, talvolta addirittura a cavallo di falli.

Poiché il matrimonio col marito, religioso sino al bigottismo e affetto da fimosi, non progrediva serenamente e doveva essere ancora consumato, Maria Sofia intrattenne una relazione extraconiugale con un conte, un ufficiale della guardia pontificia che faceva di cognome de Lavaÿsse (sul nome tornerò più avanti).
Pure sua sorella Matilde, con la quale aveva un rapporto molto stretto, intrattenne una relazione extraconiugale con l'inviato spagnolo Salvador Bermúdez de Castro, che veniva spesso visto in compagnia della coppia reale napoletana. Si dice che Matilde, il 20 gennaio 1864, presso Villa Farnesina mise al mondo una bimba battezzata col nome di Maria Salvadora, ma della storia di questa piccola non si hanno ulteriori informazioni; si sa solamente che Matilde non la rivedrà mai più. Di questa storia esiste un romanzo intitolato “Yo Nací En Villa Farnesina... María Salvadora Bermúdez De Castro. Duquesa De Santa Lucia” scritto da Luis Narváez Y Rojas.
Maria rimase incinta di quest'uomo e, per evitare uno scandalo pubblico, con la scusa di problemi di salute, decise di visitare urgentemente la casa dei suoi genitori a Possenhofen in Baviera. Qui, insieme alla madre Ludovica e alle sorelle Matilde ed Elisabetta, si cercò di trovare una soluzione. Partecipò alla riunione anche Henriette Mendel, moglie morganatica del loro fratello maggiore, Ludovico.
Poiché le donne stavano tutto il giorno a confabulare di nascosto, parlando piano e celando evidentemente qualcosa, il loro padre Massimiliano fece una delle sue proverbiali sfuriate: da quel giorno, si dice, che il duca proibì alle figlie di alloggiare a Possenhofen.
Ad ogni modo, nel consiglio di famiglia, si decise che nel novembre 1862 Maria si ritirasse nel riservato monastero delle Orsoline ad Augusta - come puntualmente riportato anche dai giornali dell'epoca. Il Lavaysse cercò di raggiungerla ma fu informato che se fosse entrato in territorio bavarese sarebbe stato arrestato.
Qui, il 24 novembre 1862, diede alla luce una figlia che, in accordo con i documenti ufficiali, venne battezzata il 22 febbraio 1863 nella parrocchia di San Bonifacio a Monaco, ricevendo i nomi di Mathilde Marie Sophie Henriette Elisabeth Louise, di cognome Lavaÿsse. La madre era senza nome, mentre il padre Charles Félix Emmanuel - dunque non Armand come viene ripetutamente riportato nelle biografie - in quel giorno era assente.
Lorraine Kaltenbach, che ha condotto le sue ricerche negli archivi della famiglia e viaggiato per tre anni attraverso la Francia, la Germania e l'Italia, nel suo libro “Le secret de la Reine Soldat” è riuscita a ricostruire la storia di questa bimba.
Subito dopo la nascita si dice che fosse stata affidata a genitori adottivi, il conte e la contessa di Ginestes.
Dopo il parto, la famiglia di Maria Sofia la convinse a confessare tutto a suo marito. Dopo accese discussioni ed un periodo turbolento, i rapporti della coppia migliorarono e Francesco si sottopose ad un'operazione affinché potesse finalmente consumare il matrimonio. Così Maria diede alla luce un'altra figlia, questa volta da suo marito. Tuttavia, la piccola, che nacque proprio a Palazzo Farnese la viglia di Natale, come sua zia Sisi, del 1869, morì dopo poche settimane. Con la breccia di Porta Pia, Francesco e Maria dovettero lasciare l'Italia e si trasferiscono definitivamente in Francia.
Per quel che riguarda figlia illegittima, sappiamo che venne condotta a Parigi. Le carte ci dicono chiaramente che il padre continuò ad interessarsi della piccola che venne soprannominata "Daisy" e con questo nome presentata alle sue cugine, ragazzine della sua età che non seppero mai (o molto più tardi) quale fosse la sua origine.
Nel maggio 1867, suo padre acquistò espressamente per la figlia una casa lontano da Parigi e dai curiosi, nella graziosa e tranquilla cittadina di Vésinet. Qui la piccola visse insieme alla sua governante, Mechtilde Joséphine Köhl, nata a Monaco di Baviera nel 1839.
La famiglia rientrava a Parigi in autunno, come succedeva regolarmente per le nobili famiglie che trascorrevano l'estate lontane dalla capitale. Sappiamo che, proprio a Parigi, Maria Sofia incontrò in più di un'occasione la figlia Mathilde detta Daisy.


Due fotografie di Mathilde


Suo padre, malato di tubercolosi, morì a Cannes il 18 aprile 1868 all'età di 32 anni e sua figlia fu affidata al cognato (marito di sua sorella), il colonnello Émile Berthaut. La casa a Vésinet venne donata in eredità alla figlia.
Sappiamo che Maria Sofia rimase sempre in contatto con la figlia finché questa non morì prima il 6 gennaio 1886 a Parigi a causa della malattia trasmessale probabilmente da suo padre, la tubercolosi, che la divorò a poco a poco per anni. Venne sepolta nel cimitero di Père Lachaise, nella cappella della famiglia Lavaÿsse, dove una targa intitolata a Mathilde de Lavaÿsse (1863-1886) ne conserva la memoria.
Maria Sofia partecipò persino al suo funerale a Parigi come viene rivelato una pronipote dei Ginestes in un libro pubblicato nel 2021.

L’arrivista contessa Maria Larisch, nipote di Sisi e Maria Sofia, fra le tante storie create per screditare la famiglia imperiale d’Austria dopo che questa era stata ufficialmente cacciata dalla Corte di Vienna da Elisabetta e Francesco Giuseppe per aver avuto un ruolo fondamentale nella relazione del principe ereditario Rodolfo con la duchessa Maria Vetsera, fu la prima a diffondere la storia della figlia illegittima di Maria Sofia con lo zuavo pontificio de Lavaÿsse che lei riporta erroneamente col nome di Armand. Ella, bugiarda patologica, racconta che dal parto nacquero in realtà ben due figlie gemelle chiamate Daisy e Viola e che il padre venne informato di tutto questo da Matilde.
Qualche tempo dopo le piccole furono separate: Daisy fu riconosciuta dal padre che la portò a Bruxelles con lui mentre la seconda venne affidata ad Henriette Mendel e a Ludovico e venne battezzata col nome di Maria Luisa, meglio conosciuta come la contessa Maria Larisch. Sì, avete capito bene!
Vero è che la stessa nacque realmente ad Augusta, tuttavia la data di nascita della stessa avvenne nel 1858 e non nel 1862. Tra l'altro la sua madrina fu la nonna Ludovica il che smentisce assolutamente la storia che Ludovico fosse in rotta coi genitori per quella relazione come invece si vede nei film con Romy Schneider.


Maria Larisch insieme alla cugina Mathilde
 


lunedì 23 settembre 2024

Un ritratto giovanile della futura imperatrice d'Austria

Stamattina voglio sottoporvi un quesito del quale ho scritto anche nel mio ultimo saggio storico sui viaggi di Sisi a Trieste. Abbiamo una lettera dell'arciduchessa Sofia al figlio Ferdinando Massimiliano datata 1° novembre 1853 che riporta quanto segue:

"Da alcuni giorni [l'imperatore] è in possesso di un delizioso dipinto a olio di Sisi molto somigliante eseguito da Türk, nipote di Stieler, donato dal suocero a Monaco, che l'imperatore aveva già visto a Possenhofen durante la lavorazione."

Ad oggi non è chiaro a quale ritratto faccia riferimento. Se è vero che il dipinto venne eseguito da Türk, allora si tratterebbe di Elisa Türk ed il ritratto esiste ancora oggi, conservato al Castello di Miramar a Trieste. La cornice riporta proprio il nome dell'artista.


Tuttavia Elisa Türk non è nipote di Stieler, altro famoso pittore di Corte, come scrive l'arciduchessa. 

Lo era invece Friedrich Dürk il cui ritratto è a tutti gli effetti quasi identico a quello di Elisa Türk. Non sono riuscito a recuperarlo forse perché conservato in qualche collezione privata. Ne vennero comunque eseguite diverse copie in incisione distribuite in tutto l'impero che riportano il nome dell'artista, con la collocazione nel palazzo imperiale di Vienna poiché Francesco Giuseppe apprezzò molto il lavoro di questo artista e gli permise di scrivere la specifica.


Ma abbiamo un altro problema in questo caso poiché queste due esecuzioni sono pressoché identiche al ritratto attribuito al pittore di Corte Franz Schrotzberg. 

Elisabetta regalò questo quadro alla contessa Aglae Kinsky, nata principessa Auersperg, della quale era stata madrina e che fu molto amica dell'arciduchessa Maria Valeria, figlia dell'imperatrice, e questo dipinto rimase per anni in possesso della famiglia. 

Forse l'arciduchessa Sofia era convinta che Elisa Türk fosse nipote di Stieler? O forse aveva proprio sbagliato a scrivere il nome? Difficile stabilirlo.

mercoledì 5 giugno 2024

L'imperatrice Elisabetta d'Austria rammenda il mantello di Santo Stefano

Non viene sempre detto, forse si dà troppo per scontato, ma l’imperatrice Elisabetta sapeva cucire e ricamare. Del resto tutte le fanciulle della buona società, nel loro percorso di studio, crescita e formazione, dovevano imparare più o meno le stesse cose: uno strumento musicale, il canto, il cucito e il ricamo, senza contare le lingue e le materie scientifiche e umanistiche. Anche Sisi aveva avuto questa educazione e dunque sapeva certamente ricamare e cucire, anche se non esistono specifiche testimonianze in tal senso – nondimeno va considerato che Sisi, divenuta imperatrice, non doveva servirsi di questi mestieri in quanto aveva a disposizione una infinita schiera di sarte, cucitrici e ricamatrici. 

La testimonianza "ufficiale" di una Sisi ricamatrice giunge dal periodo riferito all’incoronazione d’Ungheria.Bisogna sapere che nel 1031 re Stefano I d’Ungheria, assieme alla moglie Gisella (nata anch’essa principessa di Baviera), donarono alla Basilica di Nostra Signora di Székesfehérvár un tessuto semicircolare, viola-bluastro, densamente cucito con filo d'oro che anticamente era – secondo l’iscrizione sulla veste – un paramento religioso. Venne in seguito riadattato e trasformato, nel XII secolo, in manto per l’incoronazione dei sovrani ungheresi ed utilizzato addirittura sino al XX secolo con l’incoronazione dell’ultimo imperatore d’Austria, Carlo, del quale esiste appunto una foto con il manto, la corona e le insegne dell’incoronazione a sovrano d’Ungheria. 
Re Stefano e la regina consorte Gisella avevano fondato nel 1003 il monastero cistercense di Veszprémvölgy, in Ungheria, le cui suore avevano il compito di dotare di abiti sacri le chiese in costruzione nel paese. Qui venne realizzata la casula trasformata in manto da incoronazione.
La decorazione, insolitamente ricca, del paramento, dimostra che venne sicuramente realizzato per un'occasione speciale, presumibilmente il 35° anniversario di matrimonio della coppia reale come pure quale ringraziamento in seguito alla fallimentare campagna di Corrado imperatore del Sacro Romano Impero contro gli Ungari. Una dedica latina sull'abito nomina i donatori, l'ora e il luogo della donazione. La serie di figure e scene raffigurate sul manto circolare è strutturata simbolicamente: in alto compaiono gli angeli, Cristo e Maria, seguiti a semicerchio dai profeti dell'Antico Testamento, dagli apostoli e infine dai martiri. La figura di Cristo appare più volte. Accanto alle figure sono riportati i loro nomi e attorno alle figure evidenziate da una cornice è stato ricamato anche un testo interpretativo in latino, in versi.
Secondo la leggenda, anche la regina Gisella partecipò alla preparazione del manto nel convento di Veszprémvölgy.
Francesco II d'Asburgo-Lorena, nipote della grande Maria Teresa d’Austria, indossò questo paramento per la sua incoronazione a re d’Ungheria avvenuta il 6 giugno 1792 – di questo evento esiste un dipinto realizzato da Johann Peter Krafft del 1823 che mostra Francesco II con indosso questo manto.
Durante la Guerra d'Indipendenza nel 1849, la Sacra Corona, la spada, il mantello e le altre insegne furono nascoste sottoterra, sotto un salice sulle rive del Danubio. L'esercito imperiale lo trovò solo nel settembre 1853. Le vesti dell'incoronazione, ad eccezione del mantello, si erano disintegrate a causa dell'umidità.
Ed eccoci a Sisi e Franz. 
Poiché il manto era in pessime condizioni, prima dell'incoronazione di Elisabetta e Francesco Giuseppe nel 1867, si lavorò ad un suo completo restauro rimaneggiandolo con significative modifiche: i ricami rotti vennero cuciti agli strati di tessuto e venne applicata una nuova fodera.
Secondo tradizione l’imperatrice Sisi partecipò al recupero del manto per l’incoronazione che venne utilizzato da suo marito Francesco Giuseppe. Un momento quasi sacro, importantissimo per il popolo magiaro, poiché rievocava il lavoro fatto dall’imperatrice Gisella 800 anni prima! 
Elisabetta si adoperò dunque per risistemare il manto, applicandosi lei stessa nella riparazione dei ricami e nel rammendo delle parti rotte. 


“Elisabetta che ripara il mantello di Santo Stefano” dipinto da Viktor Tardos Krenner e Dezső Kölber intorno al 1910.
Oggi se non sbaglio si trova al Castello di Gödöllő


Ovviamente venne assistita da ricamatrici professioniste: il lavoro venne affidato alla ricamatrice d'oro Lujza Klein di Pest, che con i suoi assistenti, tra cui Sándor Szentey, diede nuova vita al mantello consumato. L'intero venne rinforzato e foderato con un particolare tessuto di seta viola che recentemente è servito come base per autenticare un pezzo di ricamo dorato, andato all’asta, di proprietà dei discendenti di Szentey.
Mantello e insegne dell’incoronazione furono conservati sino alla Seconda guerra mondiale nel palazzo reale di Budapest. Oggi fanno parte della collazione del Museo Nazionale Ungherese Magyar Nemzeti Múzeum.

martedì 28 maggio 2024

28 maggio 1872 - morte dell'arciduchessa Sofia, madre dell'imperatore Francesco Giuseppe

Nella primavera di quell'anno l'imperatrice Elisabetta si trovava in vacanza a Merano. Aveva già fatto la spola tra il Tirolo Meridionale, Vienna e Budapest, per organizzare il fidanzamento di suo fratello minore Massimiliano Emanuele che si era infatuato della principessa Amalia di Sassonia-Coburgo-Kohary, figlia di Augusto di Sassonia-Coburgo-Kohary e di Clementina d'Orléans. Poiché la fanciulla era promessa al principe Leopoldo di Baviera, l'imperatrice prontamente fece annullare il fidanzamento per permettere al fratello di sposare la ragazza; il principe Leopoldo invece si fidanzò con la figlia di Sisi, Gisela.

Durante tutti questi movimenti, a Vienna, l'arciduchessa Sofia si era gravemente ammalata e dal 10 maggio era stata condotta ai suoi appartamenti a Schönbrunn dove poteva godere di un clima più mite, di un'aria più salubre a contatto con la natura del vaso parco circostante.
L'"unico uomo a Corte", questo il soprannome che veniva dato alla donna, era stata sempre molto amata dai viennesi e dalla famiglia; una donna assai conservatrice, legata all'etichetta e al rispetto delle regole, che ebbe lungamente a scontrarsi con la nuora ma alla quale volle sempre teneramente bene.
Dopo aver assistito ad una rappresentazione teatrale presso il teatro di Corte, Sofia volle prendere una boccata d'aria sul balcone del suo appartamento presso l'ala detta "Bellaria" dell' Hofburg . Qui purtroppo ella si addormentò e si prese la polmonite. Sin da subito si temette il peggio per l'aggravarsi della situazione.
L'imperatrice Elisabetta fu immediatamente richiamata a Vienna e non si sottrasse dai suoi doveri di imperatrice, ma soprattutto di nuora e nipote. Per quanto ci fossero stati diversi alterchi fra le due, com'è normale che fosse tra suocera e nuora, Elisabetta ritornò a Vienna, anche perché non voleva che la Corte chiacchierasse. Rimase al capezzale di Sofia sino agli ultimi istanti.
Francesco Giuseppe aveva fatto spargere la paglia sulle strade della città affinché sua madre Sofia non venisse disturbata dal frastuono delle vetture.
Il 26 maggio, dopo aver trascorso tutto il giorno presso la suocera morente, Sisi si ritirò nel suo appartamento all'Hofburg ma venne richiamata lestamente a Schönbrunn poiché si temeva il peggio; l'imperatrice si precipitò al castello temendo che la zia morisse senza di lei. Confesserà alla sua dama di compagnia, Marie Festetics: "Se Sua Altezza muore prima del mio arrivo, si dirà che è stato per colpa mia e che l'ho fatto apposta."
Ma Sofia non morì, per quanto fosse quasi del tutto incosciente.

La mattina successiva vi fu una grande colazione alla quale partecipò tutta la famiglia imperiale presente a palazzo; solo Sisi non vi prese parte preferendo rimanere vicino alla suocera, digiunando addirittura più di 10 ore.
Dopo tredici ore di agonia, alle tre e un quarto, la mattina dopo, l'arciduchessa Sofia spirò. Grande fu il cordoglio generale e la vicinanza dei viennesi all'imperatore che aveva perso per sempre la sua più fidata consigliera, figura sempre presente al suo fianco nel bene e nel male.
Verrà sepolta, come tutti gli Asburgo, nella Cripta dei Cappuccini.

Elisabetta di Thurn und Taxis


Elisabetta fu la seconda figlia di Nené, sorella dell'imperatrice Elisabetta, e di Massimiliano Antonio di Thurn und Taxis. Nacque a Dresda il 28 maggio 1860 e ricevette, come la sorella Louise, un’educazione di primordine e divenne una principessa minuta e delicata, graziosa, elegante e raffinata.



Per un curioso caso del destino, la giovane si fidanzò con il duca Michele di Bragança. Il giovane, non bellissimo, era figlio di tale Miguel del quale in gioventù si era innamorata la nonna Ludovica dopo averlo conosciuto a Vienna nel 1824 in occasione del matrimonio di sua sorella Sofia: Miguel fu così colpito dalla principessa bavarese che chiese la sua mano. Il padre di Ludovica, re Massimiliano I di Baviera, tuttavia, respinse la sua domanda. Questo rifiuto potrebbe essere dovuto al fatto che Miguel aveva ordito due sommosse contro il proprio padre in Portogallo ed era quindi stato esiliato a Vienna con tutta la sua famiglia. Non era dunque un buon partito, considerando poi che le probabilità di salire al trono erano davvero molto modeste. La madre di Ludovica, la regina Carolina, si rammaricò per questo sviluppo poiché era raro trovare “un'inclinazione così naturale come in questo caso”.
Bizzarramente, Miguel divenne invece re del Portogallo nel 1828. Cercando una degna compagna da condurre all’altare, chiese subito di nuovo la mano a Ludovica. Il messaggero con la lettera, indirizzata alla madre ormai vedova di Ludovica, arrivò a Tegernsee nel settembre 1828: cinque giorni prima, Ludovica era andata in sposa al duca Max.
Due figlie di Miguel divennero arciduchesse d’Austria o si imparentarono con Ludovica: Maria Teresa sposerà il fratello di Francesco Giuseppe, Carlo Ludovico; Maria José sposerà il fratello di Sissi, Carlo Teodoro.
Il fidanzamento della figlia di Nené fu salutato con gioia da tutta la famiglia e quell’unione sembrava molto promettente poiché Michele era comunque pretendente al trono del Portogallo e, nonostante l’esilio in cui visse la sua famiglia in Austria e Germania, vi era la possibilità che potesse divenire re.
Il matrimonio si celebrò a Ratisbona il 17 ottobre 1877 quando Elisabetta aveva soli 17 anni.


Una bella foto delle due figlie di Nené: Elisabetta, a destra in piedi, e Luisa seduta



La coppia si trasferì nella Bassa Austria, a Reichenau an der Rax, dove il 22 settembre 1878 nacque il loro primo figlio, Miguel Maximiliano. Dopo la nascita del suo primo figlio, la salute della giovane andò via via peggiorando; già delicata di costituzione, i parti difficoltosi la sfibrarono. Nonostante ciò la coppia ebbe poi altri figli: prima un alto figlio maschio, Francisco José, e infine una bambina che prese il nome di Maria Theresa.
La sua salute sempre più inferma, debilitata dai tre parti in tre anni, la condusse infine alla morte all’età di 20 anni, il 7 febbraio 1881. Dopo la sua scomparsa, la madre Elena si ritirò sempre più dalla vita pubblica.

martedì 9 aprile 2024

Ida Ferenczy, dama di compagnia dell'imperatrice Elisabetta


Nacque in una famiglia di nobili proprietari terrieri ungheresi a Kecskemét, quarta di sei figli nati da Gergely Ferenczy de Vecseszék e sua moglie Krisztina Szeless de Kisjácz. L'educazione che ricevette fu simile a quella della maggior parte delle donne nobili delle campagne ungheresi dell'epoca: imparò a leggere, scrivere, a parlare fluentemente il tedesco e approfondì lo studio da autodidatta. Il suo gusto letterario fu influenzato dalla scrittrice ungherese Ida Miticzky, che si era trasferita a Kecskemét nel 1862, che le insegnò il senso della letteratura e la preparò a diventare lettrice dell'imperatrice d'Austria.
Nel frattempo Sisi si era dimostrata sin da subito particolarmente appassionata circa la storia del popolo magiaro: durante il suo periodo di studi che l’avrebbe condotta a diventare sovrana d’Austria, la giovinetta aveva dovuto imparare tante cose nuove, compresa la storia delle terre che avrebbe governato. Ebbe dunque fra i suoi insegnanti pure il conte ungherese János Mailáth che il padre Massimiliano aveva assunto nell’autunno 1853. Mailáth si recava al palazzo di famiglia, l'Herzog-Max-Palais a Monaco di Baviera, tre volte alla settimana per tenere lezioni di storia: la duchessa Ludovica di Baviera, che assisteva alle lezioni anche con parte della sua Corte, rimase colpita dall'incredibile memoria di Mailáth che teneva le sue lezioni "senza l'ausilio di un libro", come scrive Christian Sepp nel suo libro dedicato alla mamma di Sisi. Si tenga presente che due anni più tardi il Mailáth si suicidò annegandosi nel lago di Starnberg insieme alla figlia: si dice che ciò avvenne per il mancato pagamento delle lezioni tenute alla futura imperatrice d’Austria, anche se Mailáth viveva già in condizioni di estrema indigenza.
Ad ogni modo, ritornando alla passione di Elisabetta per l’Ungheria, sappiamo che fra i suoi futuri insegnanti vi fu anche il giornalista e politico Maximilian Falk che non solo la supportò nel campo della lingua ungherese, ma la istruì pure nella storia, nella letteratura e nella cultura ungherese. Egli scriverà in seguito un memoriale sui suoi giorni presso l’imperatrice Elisabetta, pubblicato nel 1898 dopo la morte della sovrana. Da questa testimonianza sappiamo ulteriormente che fu per intercessione di Sisi che anche lo storico e vescovo Jácint Rónay poté ritornare in patria e in seguito venne eletto precettore del principe ereditario Rodolfo ma anche dell’ultima figlia della coppia imperiale, Maria Valeria. Stessa cosa avvenne per lo storico Mihály Horváth.
Dal 1863 Elisabetta iniziò a prendere assiduamente lezioni di ungherese per lo scandalo di tutta la Corte viennese che non vedeva di buon occhio il popolo magiaro dopo le rivolte del 1848. Per indignare ulteriormente l’aristocrazia viennese, Sisi iniziò dunque scegliersi le proprie dame di compagnia fra la nobiltà ungherese, così le venne presentato un elenco di donne idonee e, secondo Maximilian Falk, il nome di Ida Ferenczy era stato scritto in fondo alla pagina con una grafia diversa. Non è chiaro come e perché una donna della bassa nobiltà sia stata aggiunta alla lista, ma l'imperatrice la scelse come sua lettrice ufficiale. È lecito credere che dietro questa assunzione vi fossero il politico ungherese Ferenc Deák e il conte Andrássy.




Le due donne svilupparono subito una simpatia reciproca fin dal loro primo incontro: Sisi rimase colpita dal comportamento naturale, aperto e sincero della sua nuova dama di compagnia, mentre Ida trovò la sovrana molto affascinante, intelligente e bella. Ben presto divennero amiche e l'imperatrice, che spesso si sentiva sola a Corte, iniziò a confidarsi con lei usando l'ungherese quasi come una lingua segreta. Nei suoi riguardi Elisabetta utilizzava addirittura il tu, cosa che faceva solamente quando parlava con la sua famiglia.
Ida apparteneva a quel ristretto gruppo di dame alle quali era consentito l'accesso in ogni momento della giornata nell’appartamento privato di Elisabetta, tuttavia non le era permesso di accompagnarla nei suoi impegni ufficiali poiché la famiglia Ferenczy apparteneva alla bassa nobiltà. Ogni volta che però non stavano insieme, le due donne si scambiavano lunghe e calorose lettere.
Dopo il suo viaggio in Ungheria nel 1866, l'imperatrice iniziò una corrispondenza personale con i politici ungheresi che, in varia misura, si opponevano al governo e ai metodi di suo marito, Francesco Giuseppe, avvalendosi dell'aiuto e della mediazione di Ida. Dopo lunghe trattative l’intercessione di Elisabetta condusse i sovrani austriaci ad essere incoronati regina e re d’Ungheria.

Ida accompagnò Sisi nei suoi lunghi viaggi, insegnandole l'ungherese e leggendole ad alta voce in lingua.
Qui di fianco Ida in una fotografia scattata nel 1874 in occasione del primo viaggio in Inghilterra di Sisi. Dietro si riconosce il castello di Steephill sull'isola di Wight presso il quale l'imperatrice alloggiò con la Corte.


Qui sotto invece una simpatica fotografia di Ida Ferenczy, la dama sullo sfondo, e Maria Festetics in primo piano, in sella a due asinelli sulle tradizionali selle da amazzone per donne.
La fotografia è proprietà del Museo del Castello Reale di Gödöllő, dono di dono di Maria Tolnay Kiss.
Grazie al diario Maria Festetics sappiamo che questa foto venne scattata nel 1873 a Gödöllő durante la stagione di caccia autunnale. Le due donne divennero molto amiche e il loro carattere brioso e solare rallegrava le giornate dell'imperatrice Elisabetta: La Festetics era molto schietta e sarcastica, mentre Ida, così come scritto da Marius Karafiath nella sua biografia su Ida del 1935, aveva molto umorismo ed era assai gaia e allegra.



Dopo aver dimostrato di essere un'amica assolutamente leale e discreta, le furono affidati diversi incarichi e talvolta anche compiti piuttosto delicati, come organizzare un incontro anonimo tra l'imperatrice e Friedrich List Pacher von Theinburg ad un ballo in maschera, o facendo entrare l'attrice Katharina Schratt, amica intima dell'imperatore del monarca, attraverso le sue stanze nel palazzo imperiale di Vienna. I sobillatori della Corte tentarono in ogni modo di corrompere Ida per la quale non fu di certo facile vivere in quell’ambiente.
Nel 1890, su richiesta dell'imperatrice, Ida venne ammessa all'Ordine della Croce Stellata, un ordine molto rispettato fra le nobili dame cattoliche, venendo così elevata a un rango simile a quello delle più nobili dame aristocratiche dell'Impero.

 Una foto poco nota di Ida , a destra col vestito bianco, dama di compagnia, lettrice e intima amica dell'imperatrice.
A sinistra Maria Festetics, altra dama di compagnia di Elisabetta, e al centro un uomo sconosciuto forse al seguito della sovrana.


Quando l'imperatrice Elisabetta fu assassinata a Ginevra il 10 settembre 1898, Ida fu duramente colpita dalla tragedia avendo trascorso quasi quarant'anni al suo servizio senza mai sposarsi. Insieme alla figlia minore di Sisi si prese cura del suo patrimonio e portò con sé gran parte degli scritti dell'imperatrice quando lasciò la Corte.

Ida Ferenczy in un ritratto ufficiale del 1896 circa.





Si stabilì a Vienna, prima nella Reisnerstraße, non molto distante dal palazzo imperiale, poi in un appartamento nel quartiere di Schönbrunn. Il suo salotto fu luogo d'incontro di molte personalità della vita pubblica austriaca e ungherese che qui ricordavano e commemoravano, fra tanti cimeli, la compianta imperatrice.


Una foto meno nota del seguito dell'imperatrice Elisabetta nell'appartamento di Ida Ferenczy all'Hofburg. Da sinistra a destra: il barone Nopcsa, la contessa Festetics, il vescovo Mayer, Ida Ferenczy e il barone Widerhofer.
L'immagine sembra quasi una fotomontaggio di illustrazioni e quadretti messi per l'occasione; tuttavia va notato che l'appartamento dovrebbe essere lo stesso della foto che immortala la Ferenczy seduta in un salotto insieme ad una dama più anziana seduta allo scrittoio che da anni viene fatta passare per l'imperatrice Elisabetta.


 
Ida fondò a Budapest il Museo commemorativo della Regina Elisabetta, inaugurato nel 1908.
Visse altri trent'anni dopo la morte dell'imperatrice e dovette vedere la morte del fedelissimo gran maggiordomo di Sisi, il conte Franz Nopcsa, nel 1904, della contessa Marie Festetics nel 1923 e dell'arciduchessa Maria Valeria nel 1924, nonché la disgregazione dell'impero austro-ungarico durante la Prima guerra mondiale e l’esilio degli Asburgo.

Ida morì all'età di 89 anni il 28 giugno 1928 a Vienna e fu sepolta nel suo luogo di nascita, Kecskemét, nella cripta di famiglia dei Ferenczy.

domenica 12 dicembre 2021

L'imperatrice Sissi nuda


Il 22 dicembre 1872 l'imperatore Francesco Giuseppe si trovava al suo tavolo di lavoro intento a sistemare le sue carte e a leggere la posta. Fra le numerose lettere che giungevano a Sua Maestà, quel giorno ce n'era una particolarissima: conteneva infatti una fotografia di sua moglie Elisabetta completamente nuda. Accanto alla foto c'era una lettera con la quale uno sconosciuto cercava semplicemente di estorcere il monarca. Sulla busta era scritto "A Sua Maestà l'Imperatore d'Austria, Vienna" e allegata la seguente lettera: "Sire! Ho l'onore di inviarvi una fotografia di vostra moglie che appartiene ad una collezione che verrà distribuita ovunque! Credo che sarebbe spiacevole per Vostra Maestà se questi ritratti dovessero essere venduti, e ho ottenuto l'assicurazione dal fotografo che avrebbe distrutto i negativi e bruciato le fotografie se entro 14 giorni, cioè entro il 6 gennaio, sarebbero stati fatti pervenire 3000 franchi nelle mani del Sig. Cattelli, fermoposta Amsterdam. In caso contrario, e se si tentasse di scoprire l'identità del fotografo, alcune immagini entrerebbero subito in circolazione, anche per le strade di Vienna
I 3000 franchi francesi richiesti nel 1872 avevano l'equivalente di 1.200 fiorini austriaci, che a sua volta, secondo Stailtisk Austria, ammontano a circa 14.000 euro.
La foto allegata alla lettera mostrava una donna nuda che suonava una lira. I tratti del viso erano chiaramente riconoscibili come quelli dell'imperatrice, ma il corpo formoso non poteva in alcun modo corrispondere alla figura di Sissi e questo l'imperatore lo sapeva bene. Certo, rimase senza dubbio scioccato, perché prima d’allora non c'era mai stato un tentativo di ricatto di quel tipo.


Così la Cancelleria di Corte venne incaricata di risolvere la questione ed inviò la foto e la lettera minatoria alla direzione della Polizia imperial-regia di Vienna, affidando all'ispettore capo Albert Stehling "il discreto chiarimento del caso".
Poiché la lettera era stata spedita ad Amsterdam il 19 dicembre 1872, l'ispettore capo Stehling si recò immediatamente in Olanda; con l'aiuto dei suoi colleghi olandesi, scoprì che la foto originale della signora che suonava la lira proveniva "da una scatola di donne nude" dello studio fotografico van Rooswinkel & Co.
Il commerciante di giocattoli olandese, molto indebitato, Josef J. Kievits, poté essere identificato come acquirente delle immagini e successivo ricattatore. Un confronto tra la lettera intimidatoria inviata all'imperatore con una fattura, che il signor Kievits aveva emesso di suo pugno per la sua azienda, risultò chiara prova del suo ruolo da protagonista nell’estorsione.
L'ispettore capo Stehling fu dunque in grado di telegrafare a Vienna al direttore della polizia, Anton von Le Monnier,  il 7 gennaio 1873 facendo sapere di aver risolto il caso; riuscì persino a rivelare l'identità della donna nuda sul cui corpo era stata posta la testa dell'imperatrice. Come riferì Stehling al direttore della polizia viennese il 7 gennaio, la testa dell'imperatrice era stata messa su una foto della signora van der Ley, prostituta di Amsterdam.


Qualche anno fa l'Haus-, Hof- und Staatsarchiv  sulla Minoritenplatz di Vienna hanno fatto conoscere al mondo un atto con il numero "32/1872", scoperto per caso all'inizio degli anni '90 dall'allora direttore dell'Archivio di Stato che lo richiuse in una cassetta di sicurezza ed etichettato come "Non adatto alla pubblicazione". Solo quand'egli si ritirò, il suo successore consegnò i verbali di questo strano caso, composto da due fotografie, una nota di riscatto e il rapporto della polizia che sono tutt'ora conservate presso l'Archivio di Stato fra gli atti della polizia viennese. 

E il ricattatore riuscì a farla franca. Un processo giudiziario venne cancellato.