Tutti noi sappiamo quanto l'Impero di Francesco Giuseppe e Sissi fosse vasto e dunque incredibilmente multietnico e multiculturale: checché se ne dica, ogni peculiarità veniva tutelata e salvaguardata, dalle varie minoranze linguistiche a quelle religiose, ed è forse per questo che si spiega il senso di attaccamento e di nostalgia che si può percepire ancora oggi in molte vecchie Province dell’Impero.
Tutti i sudditi veneravano il buon imperatore e la bella eccentrica moglie, tutti si consideravano fortunati di vivere sotto la sua regola come testimoniato dallo scrittore ebreo-austriaco Stefan Zweig, come pure da Joseph Roth, anch'egli ebreo austriaco.
Durante i suoi 68 anni di regno, a dispetto di molte altre monarchie europee, infatti, il monarca sostenne la libertà religiosa degli ebrei ed era contro l'antisemitismo. Per questo fu sempre particolarmente apprezzato dalla popolazione israelitica, poiché l’osservanza religiosa ebraica, sotto il suo regno, conobbe un'ascesa senza precedenti.
Gli ebrei adoravano il monarca poiché fin dal 1867 egli aveva sostenuto la libertà di culto, tutelando le minoranze nella costituzione, e di fatto aveva reso gli ebrei cittadini uguali agli altri dopo secoli di persecuzioni - una situazione che non era esistita fino ad allora, come riferito dallo storico Marcus Patka, curatore del Museo ebraico di Vienna. C’è da dire che, ovviamente, l'imperatore non lo fece volontariamente e spontaneamente - per quanto fosse di buon cuore - poiché al tempo aveva subito terribili sconfitte militari e si trovava dunque in una posizione scomoda nella quale cercare il favore delle minoranze nell’Impero risultava una manovra quanto più doverosa possibile. Pertanto, dovette rivedere l’assetto del suo Impero con la creazione della Duplice Monarchia, rispondendo sempre di più alle esigenze della società civile e comprendendo il senso del concedere più diritti alle diverse minoranze.
Ciononostante, la maggior parte degli ebrei pensava che Franz fosse una brava persona ed erano a lui grati giacché a loro avviso superava tutti i sovrani europei nella giustizia e tolleranza religiosa. Bastava fare un salto verso est per scoprire come, ad esempio, nel vasto Impero russo gli ebrei venissero perseguitati.
A Vienna ogni Shabbat nelle Sinagoghe erano piene di fervore per l'imperatore Francesco Giuseppe e per l’imperatrice Elisabetta; la preghiera Hanoten Teschua, tradizionalmente dedicata al sovrano del paese, era rivolta alla coppia imperiale. La comunità israelitica in Vienna rendeva sempre omaggio a Sissi e Franz, in qualsiasi occasione importante che fosse l'onomastico dell'imperatore o dell'imperatrice, come pure di altri componenti della famiglia imperiale; per i vari e numerosi compleanni, nozze d'argento, vari matrimoni dei figli dei sovrani, dei figli dei figli... ecc...
Le comunità ebraiche in tutta la monarchia mandavano lettere e doni alla famiglia imperiale, lettere di omaggio solenni, ma non presentate pubblicamente. Karl Vocelka, professore di storia austriaca all'Università di Vienna, ci dice che i servitori archiviavano lettere e doni nella biblioteca dell'Hofburg: opere magnifiche, libri riccamente decorati sia nelle copertine che al loro interno, preziose opere d'arte cui lavoravano gli artisti migliori del tempo per quanto il loro contenuto non fosse particolarmente interessante. Del resto erano montaggi di frasi che enfatizzavano tutta la devozione all'imperatore, che lo considerano il grande sovrano e gli augurano la benedizione di Dio. Opere tutte uguali che provenissero dai tirolesi o dagli sloveni. Tuttavia, le lettere di omaggio si distinguevano da quelle dei non ebrei per l'utilizzo della lingua poiché le comunità ebraiche di solito scrivevano in ebraico.
Gli ebrei nelle terre della corona attribuivano grande importanza all'imperatore per aver riconosciuto la loro miseria e visto a quale odio erano esposti. In segno di gratitudine, espressero sempre la loro lealtà nei suoi confronti. In cambio, Francesco Giuseppe garantì agli ebrei la protezione degli Asburgo. La grande simpatia che risvegliava nell'animo degli israeliti diede presto a Franz il soprannome di Judenkaiser (l'imperatore ebreo). Egli finanziò spontaneamente la costruzione di una sinagoga a Gerusalemme, come affermato dall'ebraista Carsten Wilke, e fece numerose donazioni per altre questioni ebraiche, come anche per le scuole, per gli ospedali ecc...
Onorare il sovrano non ebreo svolge un ruolo importante nella tradizione ebraica, del resto nella Torah sottolinea che lo Stato deve essere rispettato altrimenti la convivenza delle persone affonderebbe nel caos. Dunque per gli ebrei - che in ogni caso non avevano nazionalità come ungheresi, cechi, croati e rumeni ecc... - l'appartenenza alla monarchia divenne una specie di nazionalità. Era come sentirsi austriaci nonostante l'Austria non esistesse ancora. Questo tipo di identità politica ha una lunga storia nel giudaismo: non importa se il sovrano è ebreo o no, l'importante è che protegga gli ebrei.
In ambiente privato era certamente differente e questo lo si evince da alcune lettere della famiglia imperiale. E' ovvio che fin dall'antichità gli ebrei erano sempre stati guardati con pregiudizio, preconcetti che si protrassero anche nel XIX secolo e che solo nel XX, col pangermanismo, sfociarono nell'Olocausto. Ovviamente tutti li avevano in mente nella famiglia imperiale. Nel 1862, ad esempio, in una lettera a sua madre, l'arciduchessa Sofia, in occasione delle annuali vacanze estive a Bad Ischl, Franz scrisse: "Sarebbe ancora più bello qui se ci fossero meno bagnanti ed ebrei!"
E in una lettera a sua moglie Sissi, Francesco Giuseppe scrisse di un ricevimento che fu dato in suo onore durante un viaggio in Terra Santa alle porte di Gerusalemme:
"Sono stati i sentimenti di devozione ed emozione che mi hanno colpito [...] Sfortunatamente, gli ebrei qui sono predominanti, e tra questi ci sono molti di sudditi austriaci, i cui urli patriottici non li hanno resi particolarmente piacevoli”.
Certo, nessuno osava pensare a cosa sarebbe accaduto dopo la morte di quel patrono degli ebrei, ma quando questo accadde nel 1916, alla veneranda età di 86 anni, la comunità israelitica rimase attonita. Lo scrittore ebreo austriaco Manès Sperber scrisse nella sua autobiografia che suo padre scoppiò a piangere e singhiozzò: “Per noi ebrei era un buon imperatore. Ora tutto diventa incerto".
La venerazione di Francesco Giuseppe continuò. Sopravvisse alla prima guerra mondiale e alla seconda guerra mondiale tra gli ebrei - e persino all'Olocausto.
In foto la Judendplatz, la piazza degli Ebrei, di Vienna dove fin dal 1150 si era stabilita una ricca comunità israelitica fino alla sua cacciata e al suo sterminio avvenuti nel 1420/21, eccidio che va sotto il nome di Gesera viennese.
Su questa piazza si trovavano l'ospedale ebraico, la sinagoga (i cui resti medievali sono stati ritrovati sotto le fondamenta dei palazzi), un bagno pubblico, la casa del rabbino e la scuola ebraica.
Vi si trova oggi il il Museo Ebraico e il Monumento all'Olocausto di Rachel Whiteread: sulle piastrelle del pavimento, posate intorno al monumento, sono ricordati i nomi dei luoghi in cui gli ebrei austriaci trovarono la morte durante il dominio nazionalsocialista.
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