Lo scorso weekend ho partecipato ad un'interessantissima quattro giorni dedicata al duecentesimo anniversario del viaggio di Maria Luisa d'Asburgo-Lorena, duchessa di Parma e già moglie di Napoleone Bonaparte, alla Cascata delle Marmore di Terni.
Una lunga serie di eventi e convegni, col patrocinio del Comune di Terni e del Comune di Narni, ha avuto luogo dal 28 al 31 marzo, tra Terni, Narni, Ferentillo, Castel di Lago e Montefranco, organizzati dall'associazione culturale 'Porto di Narni, approdo d’Europa’ del presidente Christian Armadori - nata nel 2005 con lo scopo di valorizzare le gole del Nera e l'antico porto romano ivi presente - che ha tra i suoi scopi la riscoperta e la valorizzazione culturale e turistica del territorio dell'Umbria meridionale.
Ma veniamo al programma, ricco di eventi ai quali ha partecipato moltissima gente decretandone un meritato successo!
Il
28 marzo presso le belle sale dell'
Archivio di Stato di Terni c'è stata la conferenza d'apertura durante la quale si è ampiamente parlato del viaggio degli Asburgo alla Cascata, così come degli altri illustri viaggiatori che ai tempi del Grand Tour visitarono la zona, nonché della storia di Terni dopo la Restaurazione. Hanno partecipato Christian Armadori che ha appunto parlato dei numerosi artisti che visitarono le Marmore, Maria Lucia Tanas che ci ha illuminato sulle varie vicende di Terni nel XIX secolo, la direttrice dell'Archivio di Stato di Terni, l'archivista Luigi di Sano e Maurizio Romanato di Rovigo che ha invece parlato del legame che c'è tra la sua città e gli Asburgo, nello specifico ciò che lega Rovigo all'imperatore Francesco I che transitò per la città nel 1819 fermandosi quattro giorni in concomitanza con i primi moti carbonari nel Polesine.
|
Il convegno presso l'Archivio di Stato di Terni
foto: Paolo Austeri Ottaviani |
Il
29 marzo invece presso il
Museo Eroli di Narni c'è stata una bellissima conferenza su Maria Luigia (intitolata "Maria Luigia: vita, viaggi, passioni di una sovrana") a cura di Francesca Sandrini, direttrice del museo Glauco Lombardi di Parma, con interessanti interventi dello storico locale Giuseppe Fortunati ed un toccante intermezzo dell’attore Stefano De Majo che ha recitato una poesia del tempo sulla Cascata delle Marmore scritta per l’imperatore Francesco I dal poeta Raffaele Liberali. Valeria di Loreto ha fatto da moderatrice.
|
La conferenza al Museo Eroli di Narni
foto: Paolo Austeri Ottaviani |
|
L'attore Stefano De Majo mentre recita la poesia dedicata alla Cascata delle Marmore
foto: Paolo Austeri Ottaviani |
La stessa sera si è tenuta una cena,
A la table de la Duchesse, presso il
ristorante Hora Media nell'abbazia di
San Pietro in Valle, con piatti ispirati ai tempi della duchessa di Parma ed una pièce intitolata "Io, Napoleone - il conquistatore conquistato" scritta e recitata in maniera appassionante e coinvolgente da Stefano De Majo che per l'occasione ha di certo lungamente studiato storia e aneddoti dell'Imperatore dei francesi.
|
La cena nelle antiche sale del Ristorante Hora Media.
Tra una portata e l'altra, la pièce di Stefano De Majo nel ruolo di Napoleone
foto: Paolo Austeri Ottaviani |
La mattina del
30 marzo, invece, presso i locali della
Biblioteca Comunale di Terni c'è stata un'altra conferenza sui luoghi e le persone che a Terni ospitarono gli Asburgo-Lorena, cui sono intervenuti Christian Armadori, Loretta Santini e Andrea Giuli vicesindaco di Terni.
|
La conferenza alla Biblioteca di Terni
foto: Paolo Austeri Ottaviani |
Al piano terra, invece, si è tenuto un workshop sulle passioni della duchessa di Parma - gli scacchi e il ricamo, passatempi assai in voga per tutto il Settecento e l'Ottocento - tenuti dal maestro Sergio Rocchetti, istruttore F.S.I. della Scuola di scacchi OREY, e dalle ricamatrici della Scuola di Ricamo e museo del ricamo e del tessile di Valtopina.
Dopo di questo c'è stata una bellissima
passeggiata nel centro di Terni guidata da Loretta Santini, con la visita ai luoghi più o meno legati alla visita degli Asburgo, durante la quale sono state riferite notizie storiche sulla città e sulle residenze più antiche ed importanti del centro storico (Palazzo Manassei, Palazzo Carrara, Chiesa ed ex convento di San Pietro, piazza della Repubblica).
|
Davanti alla Chiesa di San Pietro vicino al convento degli Agostiniani e in fondo Palazzo Manassei
foto: Paolo Austeri Ottaviani |
La stessa sera, presso il
Circolo del Drago di Terni, ha avuto luogo un concerto di musica classica eseguito dagli studenti del Liceo Angeloni e intitolato "Dedicato a… Maria Luigia" dopo del quale sono stati organizzati un aperitivo a buffet ed una cena a tema ("L'Imperatrice golosa") con le vivande amate da Maria Luigia.
Qui sotto potete ammirare la bellissima sala dove si è svolto quest'ultimo evento:
Il 31 marzo a Montefranco, presso il Ristorante Il Tralcio e l’Uva, c'è stato invece un aperitivo dedicato alla Duchessa di Parma con prelibatezze a tema, mentre al Vivaio Verdisa, sito in località Castel di Lago (Strada Statale Valnerina, 383), per tutta la durata delle celebrazioni è stato allestito un percorso sensoriale tra profumi e fiori, in ricordo dell’essenza alla violetta di Maria Luigia. Purtroppo non sono riuscito ad andare a quest'ultimi eventi.
Un programma lungo, ben articolato e davvero molto interessante, grazie al quale ho scoperto molti aneddoti e molte storie a me sconosciute - visto che principalmente mi interesso di personaggi e tradizioni molto più avanti nel tempo - egualmente affascinanti e che prontamente, dopo aver preso una grossa marea di appunti, vi riporterò qui sotto per dovere di cronaca.
|
Io mentre prendo appunti...
foto: Emanuele Ubaldi |
La Cascata delle Marmore e il Grand Tour
|
Giambattista Bassi, La cascata delle Marmore |
Tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, si assiste ad un fenomeno culturale che prende il nome di Grand Tour, un lungo viaggio di formazione che tutti i borghesi benestanti, principalmente inglesi, francesi e tedeschi, facevano in Europa ma principalmente in Italia, per scoprire e conoscere le origini della civiltà e le bellezze storico-artistiche del passato. Il viaggio era molto lungo, sfiancante, ma sicuramente avvincente e aveva fra i propri fini l'arricchimento del bagaglio culturale di ciascun borghese; dal nord Italia essi scendevano ovviamente verso Roma e attraverso l'Umbria percorrevano l'antica via Flaminia che in breve tempo conduceva a Terni e Narni. Fra i tanti luoghi noti e amati c'era anche la
Cascata delle Marmore di Terni - talvolta menzionata come
Caduta del Velino o semplicemente
Cascata di Terni - un luogo particolarmente apprezzato da artisti d'ogni sorta, da pittori che ne immortalarono la potenza e il
sublime, a poeti che ne decantarono la dirompente forza della natura. I turisti che passavano in zona, talvolta erano solo di passaggio, mentre in altri casi potevano fermarsi anche per più giorni fra Terni e Narni, visitando anche i resti del Ponte d'Augusto e molte altre attrazioni; si pensi che molte volte era anche difficile trovare alloggio in queste città che avevano pochissime strutture ricettive a disposizione, mentre per i nobili era sicuramente più semplice poiché potevano alloggiare nei palazzi signorili dei centri storici. Dunque una zona non del tutto sconosciuta al turismo d'élite come invece potrebbe sembrare ai giorni nostri.
Fra i nomi più noti risultano Mary e Percy Bysshe Shelley che passarono alla Cascata delle Marmore nel novembre 1818 (una visita ricordata lo scorso anno con il Terni Falls Festival), lasciando suggestive testimonianze nei loro diari durante il viaggio che li condusse a Roma passando per Perugia ed Assisi. Presso la Cascata a Mary parve di vedere la poetessa Saffo svanire a distanza in forma di cigno.
|
Acquerello della Cascata di William Turner |
Anche il famosissimo pittore William Turner giunse in visita alla Caduta del Velino e rimase nella zona addirittura per una settimana durante la quale s'impiegò nella realizzazione di numerosi acquerelli raffiguranti Terni e i suoi dintorni, realizzati nel proprio sketchbook meravigliosamente ricco di raffigurazioni naturalistiche finite, schizzi per quadri successivi e mole altre note.
Si ricordano anche altri illustri ospiti come Lord Byron che nel 1816, all'età di ventotto anni, travolto da scandali familiari, partì dall'Inghilterra in volontario esilio compiendo un lungo viaggio in Italia; dopo aver toccato Venezia, Padova, Bologna e Firenze, giungendo poi a Foligno e transitando per le Marmore alla volta di Roma. Quando ritornò dalla Città Eterna si fermò nuovamente alle Cascata la quale, come disse, "supera ogni cosa". Ne scriverà in una sua poesia inclusa nell'opera Childe Harold’s Pilgrimage. Fu così che la cascata fu definitivamente consacrata come emblema del Romanticismo. Il piazzale antistante la cascata prende appunto il nome Piazzale G. Byron.
Johann Wolfgang Goethe, per quanto nel suo "Viaggio in Italia" non menzioni la Cascata, potrebbe esserci sicuramente andato come facevano tutti i turisti di passeggio, poiché era un'attrattiva naturalista unica!
Senza dilungarmi troppo, sappiamo comunque che anche Hans Christian Andersen, come pure Canova che era proprietario di una casa nella vicina San Gemini, passarono alla Caduta del Venino.
Interessante è sicuramente la visita di Franz Grillparzer, drammaturgo austriaco che scrisse anche il discorso funebre a Beethoven (trascritto in italiano da Byron!), giunto a Terni per trovar conforto in seguito alla morte della madre e che dirà di quanto fosse bella la zona e di quanto ne avesse ricevuto rinfranco, pace e serenità. Anche Lady Sydney Morgan, scrittrice d'origine irlandese, ricordata più per la sua personalità che per i suoi libri, giungerà in Italia come tutti i borghesi, accompagnata dal marito, scrivendo un libro sul suo viaggio descritto in maniera critica e talvolta impietosa: di Narni e Terni fece belle descrizioni ma criticò la popolazione che ai suoi occhi appariva particolarmente arretrata - non riuscì però a vedere la Cascata delle Marmore perché non c'erano vetturini disponibili, che comunque avevano il monopolio dei trasporti da e per la Cascata, unici autorizzati dallo Stato Pontificio, e non vi si poté neppure recare a dorso di mulo.
Anche
Gioacchino Murat passò per Terni e Narni con la sua amante, ma non alloggiò a Terni per via di questa relazione peccaminosa per la quale i ternani non vollero la sua presenza.
Forse quale mezzo pubblicitario ante litteram, si diceva che Terni fosse piena di coltivazioni d'arancio che però non sono rintracciabili in alcuna opera artistico-letteraria del tempo. Si pensi che il marchese De Sade dirà apertamente che: “[...] è falso che nella pianura vi siano alberi di arancio [...]”. E' invece accertata la presenza di molti oliveti, osservata per l'appunto da Goethe e da altri artisti di passaggio.
Terni ai tempi del Grand Tour
Goethe, durante il suo viaggio in Italia del 1786, scrisse che Terni era: "[...] situata in una regione amena, all'imbocco d'una piana circondata da montagne, anch'esse di natura calcarea. Come Bologna al di là, così Terni al di qua, è posta a piè dei monti.[...] Il venir sempre a contatto con nuova gente, mi permette di [...] avere un'idea chiara e precisa dell'intero paese; è necessario ascoltare i discorsi che fanno tra loro. E' incredibile come nessuno vada d'accordo con l'altro; le rivalità provinciali e cittadine sono accesissime, come pure la reciproca intolleranza; i ceti sociali non fanno che litigare, e tutto questo con una passionalità così acuta e così immediata che, si può dire, da mane a sera recitano la commedia e fanno mostra di sé; nello stesso tempo, però, percepiscono e notano all'istante se i loro modi di fare mettono a disagio lo straniero. [...] Comincia or ora la raccolta delle olive; qui viene fatta a mano, altrove si abbacchiano con le pertiche. Se l'inverno arriva precoce, quelle non raccolte rimangono sugli alberi fino a primavera. Oggi su un terreno sassoso ho visto degli ulivi enormi e vecchissimi. [...] nella fretta di proseguire il viaggio, dormo sempre vestito* e non c'è niente di più gradevole che l'esser svegliato avanti giorno, salire subitamente in carrozza e, viaggiando nel dormiveglia verso l'alba, lasciar via libera alle prime e più belle immagini della fantasia. [...] Da Terni partimmo molto per tempo; prima salimmo a Narni dove non riuscii a vedere il ponte [d'Augusto]. Valli e voragini, vicinanze e lontananze, luoghi stupendi, ovunque rocce calcaree senza traccia d'altro minerale. [...]"
*Goethe alloggiò in "[...] una spelonca danneggiata or è un anno dal terremoto [...]"
|
Terni dalla strada per le cascate, in un'illustrazione del 1820 circa |
Maria Lucia Tanas, durante la conferenza d'apertura della quattro giorni dedicata a Maria Luigia d'Asburgo, ha spiegato magistralmente e nel dettaglio le varie vicende storiche della Terni del XIX secolo. L'amico Michele Rossi, consigliere comunale di Terni Civica, invece, tanto sensibile alle vicende storiche e alla salvaguardia dei beni culturali della sua città, mi ha dato modo di conoscere molti aspetti della Storia di Terni che neppure conoscevo.
A quell'epoca dei fatti che si stanno narrando, Terni era una cittadina di medie dimensioni, murata, con poco più di diecimila abitanti, posta sotto lo Stato Pontificio che qui aveva addirittura una Zecca.
La cinta muraria - per la quale Michele Rossi si sta recentemente battendo per un recupero ed una valorizzazione - era dotata di contrafforti, bastioni e torrioni, si estendeva per circa 3-4 chilometri di lunghezza ricalcando le vecchie mura d'epoca romana, al fine di proteggere la città dagli attacchi da parte di milizie straniere o delle popolazioni dei paesi vicini. Fu via via inglobata nel moderno tessuto urbano nel quale ad oggi è ancora perfettamente inserita.
Alla città si poteva accedere da cinque porte che si aprivano lungo queste antica mura: a sud da Porta Romana, a nord da Porta Spoletina, a est da Porta San Giovanni e da Porta del Sesto e infine ad ovest da porta Sant'Angelo. Di queste porte ne sono rimaste solo due, quella Spoletina e S. Angelo.
Presso Porta Romana, racconta Michele, era presente anche un piccolo forte, il Cassero, collegato nel 1400 con una robusta muraglia alla cinta muraria. Oggi non più esistente, rimane solamente il nome della via (via del Cassero, per l'appunto) a ricordo del vecchi forte, che sicuramente fu visto dalla famiglia imperiale austriaca in visita a Terni, che appunto entrò in città tramite Porta Romana.
|
Antica mappa di Terni del 1647 disegnata da Domizio Gubernari
presente nell'opera di Francesco Angeloni “ Historia di Terni” |
Addossata al Cassero, visibile nell'immagine qui sotto, vi era la chiesa della Madonna del Cassero costruita alla fine del Cinquecento e demolita nel 1851. I preziosi ornamenti del tempo, come raccontato da Michele Rossi, furono portati nel parco pubblico della città, mentre un affresco fu collocata nella piccola corte davanti al Duomo a fianco di Palazzo Bianchini, poco distante da un antico anfiteatro romano (Anfiteatro Fausto) che anticamente sorgeva all'interno della cinta muraria del municipio di Interamna Nahars, perfettamente inserito nel reticolo viario antico. Nel corso dei secoli attorno all'anfiteatro furono costruite varie strutture, fra le quali si ricordano quelle presenti del palazzo vescovile, della Curia e l'ex chiesa della Madonna del Carmine che si apre all'interno del parco cittadino. Il recupero e la riscoperta di questo anfiteatro fu possibile grazie all'ingegner Giuseppe Riccardi, del quale Christian Armadori ha discusso con passione durante l'ultima conferenza del 30 marzo, vissuto nella prima metà dell'Ottocento ma del quale parlerò ampiamente nella parte successiva.
Un piccola digressione è necessaria, poiché davanti al Duomo si trovava e si trova ancora oggi una fontana monumentale, della quale Michele Rossi mi ha spiegato tutti i dettagli: essa mostra due figure maschili inserite in un contesto naturalistico che sorreggono due otri dai quali fuoriesce dell'acqua; essi raffigurano i due fiumi di Terni, il Nera e il Serra, elementi molto importanti per la difesa della città poiché la circondavano totalmente su ogni lato, come ricorda per l’antico nome di Terni Interamna Nahars (città tra due fiumi), che ovviamente ne rendevano difficile l'assalto.
|
Il forte del Cassero con la chiesa all'inizio dell'Ottocento |
Al Cassero la strada valicava per l'appunto il fiume Nera mediante un antico ponte romano che al tempo di Maria Luigia era ancora intatto, sicuramente crollato e ricostruito almeno un paio di volte nel corso dei secoli. Tutto fu distrutto poi dai pesanti bombardamenti della Seconda guerra mondiale.
All'epoca dei fatti che si stanno narrando, dunque, le mura e le porte erano pressoché intatte, conferendo alla città l'aspetto fortificato d'una località sicura.
Il periodo Napoleonico antecedente aveva portato grandi cambiamenti e varie rivoluzioni anche nella zona che ebbero fine solamente con la Restaurazione del 1814 e il ritorno del potere temporale della chiesa. Tuttavia, l'impero Napoleonico ebbe i suoi effetti positivi, poiché ad esempio, l'ospedale era sempre ben funzionante e adeguatamente sovvenzionato dal governo francese; dovendo accasare i soldati, Napoleone istituì per primo i numeri civici delle abitazioni per poter conoscere l'ubicazione dei suoi soldati; si ebbero pure risultati positivi sul turismo del tempo poiché, essendoci un notevole passaggio di gente, tutte le strade erano sempre ben mantenute rispetto allo Stato Pontificio e ciò diede modo ai viaggiatori del Grand Tour di poter frequentare le zone agevolmente. Anche con la Restaurazione, il flusso di turisti si mantenne sempre buono.
Nello specifico, come buona parte delle cittadine dell'Italia Centrale del XIX secolo, anche a Terni c'era un alto tasso di povertà, laddove pochi erano comunque i nobili che avevano molte ville sia in centro che nei dintorni, senza considerare i vari possedimenti tutt'attorno alla città. Coloro che avevano delle ville al centro spesso davano in gestione gli spazi al piano terra - sovente destinati ai magazzini e alle cantine dei nobili - a gente comune che vi apriva qualche attività, spesso osterie riconvertite (più o meno segretamente) a bordelli, un'usanza particolarmente comune vista l'alta povertà, per il quale si proveddette a redigere un editto che vietava alle donne di entrare in questi posti - che ovviamente ebbe poca efficacia. I
birri cercavano di controllare che nessun uomo infrangesse le regole sia che fossero morali o religiose, pena il carcere. In questo senso anche la bestemmia veniva punita col carcere o con ammende.
|
Terni in un'altra incisione del 1820 circa |
Sappiamo che all'inizio del XIX secolo la popolazione non superò mai i diecimila abitanti. Ciò fu in parte dovuto anche alle numerose epidemie e alle varie carestie certamente causate dalla violenta eruzione del Vulcano Tambora del 1815, per la quale il pianeta conobbe un lungo periodo senza estati ed inverni freddissimi che ebbero come conseguenza scarsissimi raccolti e un impoverimento generale ed importante di vaste aree del pianeta. Il 1816, l'anno successivo all'eruzione, viene ancor oggi ricordato come "l'anno senza estate" e probabilmente influì sulla disfatta di Napoleone a Waterloo. Fu durante le lunghe giornate piovose di quei tempi che, vuole la leggenda, Mary Shelley scrisse il suo libro più famoso: "Frankenstein".
A Terni non mancava di certo il brigantaggio per il quale era stato chiamato anche l'esercito da Roma, ma non si ebbero particolari cambiamenti sotto questo aspetto, poiché questa pratica perdurò fino alla fine dell'Ottocento. Ciononostante, sotto lo Stato Pontificio, Terni visse un periodo di relativo benessere cui seguì un ammodernamento della zona e delle sue infrastrutture. In questo senso si consideri che nel 1842 fu ammodernata la ferriera, nel 1846 fu inaugurato un moderno cotonificio, nel 1868 arrivò la ferrovia Pio Centrale che la collegava a Roma e ad Ancona.
L'economia del XIX secolo era prevalentemente basata sul settore primario, ma grazie alla lungimiranza dello Stato Pontificio prima e del Regno d'Italia poi, a Terni furono aperti numerosi opifici nei quali lavoravano però poche persone, per lo più contadini che non avevano occupazione alcuna nel periodo invernale.
Nel 1860 Terni passò ufficialmente nel Regno d'Italia e in questa fase si ebbe un periodo di fermento culturale e musicale, un rinnovamento della città che vide cambiare notevolmente l'economia cittadina con l'apertura delle famose acciaierie nel 1884.
Si pensi che all'epoca Terni aveva ben due teatri, uno era il
Goldoni e l'altro il
Verdi. Il primo, costruito nel 1661 col nome di Teatro dell’Accademia dei Costanti - chiamato nel 1736 Nobile Teatro Ternano e dal 1859 Teatro Goldoni - era divenuto insufficiente per la popolazione che stava crescendo, ma soprattutto si volle chiudere per l'elevato pericolo d'incendi considerando il vetusto impianto d'illuminazione.
Nel 1840 si mise la prima pietra per la costruzione di un nuovo moderno teatro all'italiana sul sito dell'antico Palazzo dei Priori (la cui facciata fu conservata, divenuta ufficialmente ingresso del teatro), inaugurato poi nel 1849 col nome di
Teatro Comunale, in seguito Teatro Verdi, col melodramma "Saffo" con musica del Pacini. Fu uno dei primi locali pubblici italiani in cui fu installato un moderno impianto d'illuminazione a corrente elettrica. Qui, in anticipo rispetto ad altre città italiane, passavano numerose nuove rappresentazioni teatrali come le opere liriche di Verdi. Si immagini dunque quanta importanza potesse avere questo piccolo teatro di provincia nel XIX secolo!
|
Il Verdi ad inizio Novecento |
|
Il Verdi ai nostri giorni |
|
Il teatro intorno agli anni '30 del Novecento |
|
Il teatro com'è oggi dopo la ricostruzione in seguito ai bombardamenti del guerra.
Chiuso da quasi 10 anni |
Tra i vari diletti dei ternani si ricordano il
Galoppatoio e l'
Arena Gazzoli, ideata dal Riccardi, ov'erano in uso le corride di tori e mastini.
|
L'ex Arena Gazzoli, all'inizio del Novecento, riconvertita a cinema |
Ad ogni modo, la città presentava vari alloggi, ricchi o modesti, adatti per ogni tasca. Il centro storico era sovente visitato per le bellezze storiche presenti, per le antiche chiese e i resti archeologici; la poetessa inglese Anna Miller nel 1771 scriverà a tal proposito che “[...] nel giardino del vescovo [...] c'è un anfiteatro e alcuni sotterranei, nella chiesa di S. Salvatore ci sono alcuni esigui resti di un tempio del sole e parte di un tempio di Ercole nelle celle dei Gesuiti [...]”.
Ovviamente Terni iniziò a diventare una città con tutti i sacri crismi, solo quando nel 1884 venne aperta l'acciaieria che portò lavoro a moltissimi ternani, decretandone un notevole sviluppo commerciale ed economico che si può rintracciare nella poderosa urbanizzazione che fece espandere notevolmente la città. Nondimeno, Terni risulta essere in effetti la città umbra in cui il fenomeno della modernità e della industrializzazione è più presente che in altri centri della regione, cosicché anziché ritrovare vere e proprie tracce ottocentesche, è più facile trovare (se non tristemente distrutti durante e dopo la Seconda guerra mondiale) bellissimi esempi d'architettura Liberty.
Maria Luigia d'Asburgo-Lorena
Ma veniamo alla protagonista di questa serie d'incontri che visitò Terni nel 1819.
Maria Luisa d'Asburgo nacque a Vienna il 12 dicembre 1791, primogenita dell'arciduca Francesco e della sua seconda moglie, la prima cugina Maria Teresa di Borbone-Napoli. Il nonno paterno Leopoldo II e la nonna materna Maria Carolina erano fratelli, entrambi figli dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria.
Il rapporto con la madre, comunque stremata per le dodici gravidanze (!), non fu mai troppo sereno ma visse comunque un'infanzia spensierata tra il palazzo imperiale di Vienna, il famoso castello di Schönbrunn e quello di Laxenburg, legandosi più strettamente al padre che la considerava la figlia prediletta. Fu educata come ogni arciduchessa d'Austria, seguendo i dettami religione cattolica, nell'intenzione di farne una ragazza educata e ubbidiente. Studiò le lingue, in particolare il francese, lingua di tutte le Corti dell'epoca, e l'italiano che era la lingua madre dei suoi genitori, mentre il suo tedesco rimase sempre scorretto. Sin da bambina, Maria Luisa sentì l'eco delle battaglie combattute dall'Austria contro la Francia di Napoleone Bonaparte, che ai suoi occhi apparve sempre come un despota, la reincarnazione dell'anticristo; le guerre ebbero fine col trattato di Schönbrunn stipulato tra Napoleone e Francesco I nel 1809. In quell'anno Napoleone divorziò dalla moglie Giuseppina che non gli aveva dato alcun figlio, un tanto atteso erede al trono per poter continuare la sua dinastia.
Napoleone considerò diciotto possibili pretendenti poi, scartate le candidate francesi, la scelta si restrinse sulla quattordicenne Anna Pavlovna Romanova, sorella dello zar Alessandro I di Russia, la cui moglie Maria Fedorovna negò perentoriamente di acconsentire a questa unione.
Metternich, che temeva un'alleanza tra Francia e Russia, fece sì che la scelta cadesse su Maria Luisa, non senza alcuna polemica. Il matrimonio, ovviamente del tutto politico, ebbe luogo per procura a Vienna l'11 marzo 1810, cui seguì il viaggio verso la Francia con la spogliazione di Maria Luisa a Compiègne da tutti i suoi abiti austriaci - la stessa cosa che accadde alla regina Maria Antonietta, anch'essa d'origine austriaca. Qui sotto una raffigurazione pittorica dell'arrivo in Francia:
Il matrimonio civile fra Napoleone e Maria Luisa ebbe luogo nel castello di Saint-Cloud il 1º aprile 1810. La loro unione fu assai breve, ciononostante il matrimonio con l'imperatore dei francesi fu molto bello e caldo, e la rese protagonista indiscussa della Storia esattamente come accadde a Giuseppina di Beauharnais, prima moglie di Napoleone.
Napoleone iniziò subito ad affezionarsi a Maria Luisa, che da un lato ammirava per la nobiltà dei suoi natali, dall'altro per le virtù domestiche di cui era dotata. In essa riusciva a trovare l'affetto, la devozione, l'ubbidienza e la sicurezza famigliare della quale egli aveva bisogno; dal canto suo Maria Luisa si rivelò una la moglie ideale per Napoleone poiché fin dall'infanzia era stata educata all'ubbidienza e al totale disinteresse delle questioni politiche per le quali in effetti ella non era affatto portata. Come riferito dal
la dott.ssa Francesca Sandrini, direttrice del Museo Glauco Lombardi di Parma, durante la conferenza tenutasi al Museo Eroli di Narni, ella amava fare molte cose ed era anzi una donna portata per le materie umanistiche. Come tutte le dame della buona società del suo tempo, ella fu educata fin da bambina alle arti: prima di tutto Maria Luisa amava la musica per la quale aveva una competenza quasi da professionista; fin dall'infanzia era infatti stata istruita in quest'arte ed ella sapeva suonare molto bene, indistintamente, il forte piano (precursore dell'odierno pianoforte), l'arpa e la chitarra e continuò a studiare musica fino alla sua morte.
Amava molto anche dipingere ed ebbe sempre un maestro che la seguiva nei suoi esercizi, addirittura anche durante i suoi viaggi in lungo e in largo per l'Europa. Preferiva dipingere all'acquerello, amava la pittura
en plein air, e non si dilettò mai troppo con la pittura ad olio poiché ne odiava l'odore. Qui sotto un acquerello meraviglioso e preciso della duchessa di Parma:
|
"Veduta di Parma", 1816
acquerello di Maria Luigia |
Conosceva la tecnica dell'incisione, di cui a Parma si conserva solamente un'immagine, ed amò molto il passatempo del decoupage. Un'altra sua grande passione era il ricamo, cui s'impiegava con ogni tecnica possibile, sicché ella spaziava dal ricamo con piccolo punto all'uncinetto. In questo senso, grazie ai documenti conservati a Parma, si è potuto risalire anche al nome dei fornitori della duchessa, di cui molti sono ancora attivi in Parma. Le sete più preziose però, quando ella era a Parma, erano ovviamente spedite da Parigi, capitale indiscussa della moda per tutto il XIX secolo, così come i fiori più rari.
Verso la fine dei suoi giorni, sappiamo che ella amò molto i primi rudimentali esempi di fotografie ed era una donna talmente tanto curiosa e moderna, che si fece addirittura immortalare in uno dei primi dagherrotipi nel 1847, poco prima della morte.
A Parma si fece addirittura installare una stanza per la fotografia, senza mai utilizzarla.
|
Maria Luigia in uno dei primi dagherrotipi della storia
Fotografia del 1847, poco prima della sua morte |
|
L'Aiglon in un'incisione a colori del 1832 |
Ritornando alla vita di Maria Luisa, nel 1811 nacque il tanto atteso erede al trono, Napoleone Francesco Giuseppe, che per due giorni fu formalmente imperatore dei francesi con il nome di Napoleone II. A lui si riferiscono anche i nomi di duca di Reichstadt o de L'Aiglon.
Una breve digressione su questa figura poco nota, giacché alla conferenza non è stata menzionata la seguente vicenda che lo vede protagonista:
L'erede al trono di Francia, noto anche col nome di re di Roma, con la fine dell'impero napoleonico e l'abdicazione del padre che rinunciò alla corona sia per sé che per la sua discendenza, fu mandato a Vienna dove Maria Luisa riparò in seguito ai tragici avvenimenti del 1814. Maria Luisa giunse nella capitale molto provata, ricevendo quindi l'autorizzazione a recarsi in Svizzera per le cure termali per rimettersi in sesto, a patto che il bambino rimanesse a Vienna e che accettasse di essere "accompagnata" dal conte di Neipperg (o Neuberg), cieco all'occhio destro, per scongiurare la possibilità d'un ricongiungimento con il marito all'Isola d'Elba.
Col conte Maria Luisa ebbe una lunga e duratura liaison e in seguito due figli.
|
Neipperg in un ritratto del 1810 |
Napoleone II fu dunque confinato a Vienna, città che non lascerà mai, e quando la madre divenne duchessa di Parma l'imperatore Francesco aveva già deciso che il nipote non avrebbe comunque lasciato la capitale austriaca e che non sarebbe mai succeduto alla madre in qualità di duca. Il suo nome venne cambiato in Franz e fu educato all'austriaca, indirizzandolo vero la carriera militare. Intelligente serio e ben determinato, si rese ben presto conto che la famiglia imperiale austriaca lo stava tenendo il più possibile lontano dalla politica per ostacolare il fatto che egli potesse seguire le orme del padre.
Nel 1832 il giovane Napoleone si ammalò di polmonite e, confinato come un recluso presso il Castello di Schönbrunn, morirà di tisi senza aver contratto matrimonio, senza aver generato figli e senza alcuna persona che gli volesse bene davvero. In questo periodo però, ricevette sovente le visite della giovane arciduchessa Sofia, zia di Sissi e madre del futuro imperatore Francesco Giuseppe, che col marito non aveva buoni rapporti. Col giovane duca di Reichstadt Sofia divenne molto amica e gli portava tutte le cure, l'affetto e il calore dei quali aveva bisogno. In lui trovava un caro amico, avevano molte cose in comune e si scambiavano reciproche confidenze in quella Corte austriaca nella quale si sentivano estranei. Questa intima amicizia fece ben presto circolare il pettegolezzo secondo il quale il terzo figlio di Sofia, Massimiliano, fosse in realtà figlio de l'Aiglon. Ovviamente l'incredibile somiglianza col padre naturale - si veda il tipico prognatismo asburgico - è prova lampante che non fosse figlio illegittimo.
Ritornando a Maria Luigia, il 1812 segna l'inizio del declino della Francia con la tragica
campagna di Russia che causò la perdita di numerosi soldati. Con la guerra del 1813 della Francia contro la Russia, la Prussia e l'Inghilterra, Napoleone fu sconfitto e Maria Luisa si dovette separare dal marito che fu esiliato sull'Isola di Sant'Elena dove morirà qualche tempo dopo.
Il congresso di Vienna del 1815 sancì la redistribuzione dei territori e assegnò a Maria Luisa il Ducato di Piacenza, Parma e Guastalla nel quale giungerà ufficialmente nel 1816 prendendo ufficialmente il nome italiano di Maria Luigia. Il suo ingresso a Parma viene ancora celebrato con grande affetto.
Maria Luigia prese alloggio presso un palazzo che non esiste più, bombardato nel 1944 e poi abbattuto nel 1950. Affinché fosse ben vista dalla popolazione, si dedicò alla cura della città anziché delle sue proprietà, pertanto l'antico palazzo nel quale alloggiò sarà oggetto di restauro solamente nel 1832! Fu grazie a Maria Luigia se a Parma venne costruito il Teatro Regio, così come pure il ponte sul Taro realizzato in muratura in sostituzione di quello ligneo presente.
Vicino Parma ella aveva anche un'altra residenza, il cosiddetto Casino dei boschi, una delle sue residenze preferite, nel quale ella fece portare abeti tirolesi e capre austriache, in un'atmosfera informale che potesse ricordarle la sua terra. Fu una delle sue residenze più importanti poiché vi ebbero luogo anche eventi di particolare rilievo come le nozze, le esequie di Napoleone, la nascita dei due figli (Guglielmo e Albertina) avuti dal Neipperg divenuti principi di Montenuovo (italianizzazione del cognome Neipperg / Neuberg), ecc... La vita di questi due nobili principi fu vissuta sempre nell'ambiguità, messi in disparte dalla famiglia, non potevano chiamarla "mamma", non potevano vivere nelle stesse case durante i viaggi e via dicendo.
|
Il Casino dei Boschi di Maria Luigia, oggi purtroppo abbandonato |
Anche la
reggia di Colorno fu una delle sue residenze, per quanto la meno amata.
Il 5 maggio 1821 Napoleone morì. Maria Luigia venne a conoscenza della morte del marito leggendo la "Gazzetta del Piemonte" del 19 luglio, mentre si trovava a Villa Sala con Neipperg e i figli. Ormai vedova, Maria Luigia poteva legalizzare la sua relazione con Neipperg che sposò l'8 agosto 1821 con nozze morganatiche segrete. Il marito morì per problemi cardiaci otto anni dopo le nozze, il 22 febbraio 1829.
Maria Luigia pianse molto la sua morte, ma da Vienna le fu vietato di portare pubblicamente il lutto. Dopo la sua morte, la duchessa si consolò iniziando a circondarsi di numerosi amanti e nel 1834, sei mesi dopo il suo arrivo, Maria Luigia sposò il conte Charles-René de Bombelles per la mera convenienza di avere un marito accanto.
Morirà il 17 dicembre 1847.
|
Maria Luigia, duchessa di Parma e Piacenza di Giovan Battista Borghesi (1790-1846)
|
Maria Luigia e le violette di Parma
Durante il suo convegno a Narni, Francesca Sandrini ha anche spiegato dettagliatamente il legame che esiste tra Maria Luisa e le violette.
Quando si parla della duchessa di Parma si pensa subito al ben noto profumo alle violette "creato appositamente per lei" dai profumieri del luogo. In realtà la storia racconta un'altra vicenda, poiché in realtà questa essenza fu creata solamente nel 1870 su ricette più antiche, certamente, dei frati francescani del convento dell’Annunziata, ma non riferite alla duchessa poiché sappiamo che ella amasse l'essenza all'arancia - non a caso un sorbetto all'arancia è stato servito durante la cena al Ristorante Hora Media di San Pietro in Valle.
Il colore viola si ritrovava già nella moda dell'impero ed era sempre molto presente; in realtà aveva un significato politico, bonapartistico come ha spiegato la dott.ssa Francesca Sandrini, poiché quando Napoleone fu mandato in esilio all'Isola d'Elba (i cosiddetti
Cento giorni) egli disse che sarebbe tornato quando sarebbero rifiorite le violette.
Caporal Violet, divenne il soprannome col quale si identificava Napoleone e i bonapartisti. Talvolta illustrazioni di comunissime violette campestri, divenivano immagine sedizione, poiché nascondevano i profili della famiglia imperiali (si osservi bene l'immagine qui a fianco). Mazzetti di violette appuntanti sul petto venivano utilizzati dai bonapartisti come segno distintivo durante gli anni del primo esilio dell'imperatore in decadenza.
Di vero c'è che Maria Luigia amava i fiori ma soprattutto un tipo di violette a fiore doppio con le quale adornava i suoi palazzi e i giardini. Le inviava alla figlia in segno di amore materno e ne assunse il colore per le divise di corte, gli addobbi della sua dimora, i simboli del ducato.
Allo zio Ferdinando ella chiederà addirittura semi di molte varietà di fiori e di piante fra i quali anche quelli delle violette.
La “viola odorata duchessa di Parma”, così denominata per celebrare l’ingresso di Maria Luigia nel ducato nel 1816, è una violetta a fiore doppio che non è presente in natura e si propaga grazie a tecniche colturali perché i suoi petali sono così fitti da non lasciare spazio a stami e pistilli.
continua...
Fonti
- J. W. Goethe, Viaggio in Italia, Mondadori, Milano 2010
- E. Rossi Passavanti, Storia di Terni, Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni
- D. Ottaviani,
L'Ottocento a Terni, Soc. Arti Grafiche Nobili, Terni 1984
- A. Brilli, S. Neri e G. Tomassini, La Cascata delle Marmore - uno scenario del Grand Tour XVII-XVIII secolo, Edimond, Città di Castello 2010
Ringrazio l'amico Michele per tutte le accurate spiegazioni storiche che mi ha dato sulla sua città